“L’AMICIZIA DI BERLUSCONI CON PUTIN? ERA UN RAPPORTO OMOSESSUALE DI TIPO MENTALE” – FABRIZIO CICCHITTO, EX SOCIALISTA E POI CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA, VUOTA IL SACCO: “SILVIO VEDEVA IN PUTIN L'UOMO FORTE, PUTIN VEDEVA NEL CAV L'UOMO DI SUCCESSO. DIVENTAI BERLUSCONIANO COME REAZIONE A MANI PULITE, CHE AVEVA ANNIENTATO IL MIO PARTITO E IN CONTRAPPOSIZIONE ALLA DERIVA GIUSTIZIALISTA DEI RAGAZZI DI BERLINGUER, VELTRONI E D’ALEMA – GIRAVO CON TRE PISTOLE. SPARAVO AL POLIGONO - LA P2? LA PIU’ GRANDE CAVOLATA DELLA MIA VITA. AVEVO DA POCO LITIGATO CON CRAXI E…” - QUANDO SILVIO BERLUSCONI RACCONTAVA LA STORIELLA DEL BUNGA BUNGA, PARLAVA DI CICCHITTO E BONDI COME DEI "DUE PIÙ SFIGATI CHE AVEVO" - VIDEO
fabrizio cicchitto foto di bacco (2)
Concetto Vecchio per la Repubblica - Estratti
Fabrizio Cicchitto, gira ancora con la pistola in tasca?
«No, non più. Ne avevo tre. Sparavo al poligono».
(...)
Lei nasce come un ragazzo di sinistra.
«Sì, ma anticomunista e anticlericale».
E dopo una vita con Berlusconi nessuno ricorda che ha cominciato nella Cgil.
«Mi sono iscritto al Partito socialista nella sezione di via Monte Zebio a Prati a diciott’anni, nel 1959.Poi il leader della corrente socialista della Cgil Ferdinando Santi mi propose di entrare nell’ufficio studi ».
(...) Cosa c’entra lei con la Cgil?
BERLUSCONI PUTIN VILLA CERTOSA
«Non era questa di adesso. È stata una grande scuola, collaborai con Lama, Trentin, Garavini, Foa, Boni, Brodolini. Il meglio della cultura politica di sinistra».
(...)
Cosa ricorda del sequestro Moro?
«Una mattina mi mandò a chiamare Serenella, la segretaria di Craxi: “Bettino ti deve parlare”. Entrai nella sua stanza e mi consegnò la lettera che Moro gli aveva appena mandato dalla prigione del popolo».
Chiedeva di trattare.
«Ci guardammo entrambi sconvolti. Poi Craxi mi abbracciò commosso: “Dobbiamo salvarlo, noi non siamo comunisti”».
Quando è entrato in Parlamento?
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«Nel 1976, a 36 anni».
Come mai un giovane deputato in ascesa si iscrive alla P2?
«È stata la cavolata più grande della mia vita».
Perché l’ha fatto?
«Eh, adesso qui è difficile spiegare il difficile contesto politico e umano in cui mi trovavo in quel momento».
Proviamoci.
«Avevo da poco litigato con Craxi, ed ero sprofondato in una grave depressione. Cominciai a soffrire di manie di persecuzione».
Cosa la mosse? L’ambizione?
«Ma no. Mi feci lusingare dal fatto che loro controllavano il Corriere della Sera , offrivano buona stampa, protezione».
Ne aveva bisogno?
«No, no, è che presi tutto sottogamba. Pensai: è soltanto una loggia massonica. Mi convinsero dicendo che vi erano iscritti anche il generale Dalla Chiesa e Maurizio Costanzo…».
BERLUSCONI PUTIN VILLA CERTOSA
Lei alla Commissione Anselmi confessò che era minacciato.
«Ecco, sì. Avevo ricevuto molte lettere anonime. Di minacce. Mi pedinavano. Sapevano chi vedevo, dove andavo, le donne che incontravo».
E così bussò alla P2?
«Conoscevo Fabrizio Trecca, un medico amico di Costanzo, un tipo molto simpatico».
La reclutò lui?
«Sì, mi disse che avrebbero risolto la cosa delle minacce».
La mise in contatto con Gelli?
«Sì, ci vedemmo un paio di volte all’Hotel Excelsior in via Veneto, dove Gelli riceveva i suoi affiliati».
Che impressione le fece?
FABRIZIO CICCHITTO - UN GIORNO DA PECORA
«Di un tipo opaco».
In che senso?
«Uno che non era brillante neanche nella malvagità».
Le chiedeva notizie riservate?
«Ma no! Erano chiacchierate oziose, aveva solo bisogno di far vedere che 30-40 deputati erano iscritti».
(...)
Non capisco perché non andò dalla polizia a denunciare le lettere anonime.
«Perché erano impalpabili».
Si fidava di più della P2?
«Sbagliai. Le ho già detto che fu un errore totale».
È in quel momento che comincia a girare con la pistola?
«Sì, l’ho fatto anche dopo, per anni ora per fortuna non più».
Le minacce cessarono?
«Sì».
Sappiamo tutto della P2?
BERLUSCONI E PUTIN A VILLA GERNETTO
«Penso di no. Ho sempre sospettato che c’erano altri elenchi fatti sparire in Uruguay».
Quindi lei diventa berlusconiano per rivalsa dopo la P2?
«Non c’entra niente».
E allora perché?
«Come reazione a Mani Pulite, che aveva annientato il mio partito».
fabrizio cicchitto foto di bacco
Il Psi non si annientò da solo sotto il peso delle tangenti?
«Guardi che le tangenti c’erano per tutti, anche per il Pci, che invece venne risparmiato dalla morsa poteri forti-magistratura».
Ma il suo approdo a Berlusconi non è uno schiaffo a tutta la sua storia di sinistra?
«Io vado con Berlusconi in contrapposizione alla deriva giustizialista dei ragazzi di Berlinguer, Veltroni e D’Alema, e per riacquisire una dialettica di alternanza».
Ancora nel 1994 si schiera con Occhetto e contro Berlusconi.
«La seconda cavolata della mia vita. Ma in quel momento prevalse ancora la logica patriottica socialista perché quel che rimaneva del Psi rimase in alleanza col Pds».
E poi?
«Quando Veltroni pose il veto alla candidatura di Enrico Manca, il presidente della Rai che era stato il più vicino al Pci, capii che noi socialisti saremmo stati del tutto subalterni.Proposi di mantenere il Psi nella parte proporzionale della lista: proposta bocciata».
Quindi sceglie il Cavaliere in odio?
«Per rivalsa politica. Ci avevano massacrati. E come diceva Pertini: a bandito, bandito e mezzo».
Chi la porta da Berlusconi?
«Cossiga. Aveva fatto l’Udeur e ci portò ai primi incontri col Cavaliere. Berlusconi aveva capito che i dirigenti Mediaset non gli bastavano, che serviva gente più qualificata».
E lei gli si fece avanti?
«Gli mandavo dei biglietti, dei consigli. Scattò un meccanismo».
FABRIZIO CICCHITTO SILVIO BERLUSCONI
Come spiega l’amicizia con Vladimir Putin?
«Per dirla con un paradosso: era un rapporto omosessuale di tipo mentale».
Cioè?
«Di reciproca ammirazione. Silvio ammirava in Putin l’uomo forte, Putin vedeva in Silvio l’uomo di successo. Però era paritario. Berlusconi credeva di poter portare Putin nell’Occidente».
Ha poi scoperto chi le mandava quelle lettere anonime?
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«No, non l’ho mai saputo».
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