matteo salvini - giorgia meloni - antonio tajani

DAGOREPORT - SULLE CANDIDATURE ALLE REGIONALI GIORGIA MELONI HA RAGIONE MA DOVRA’ ABBOZZARE - E’ VERO CHE FRATELLI D’ITALIA HA PIU’ VOTI (E AVREBBE IL DIRITTO DI FARLI PESARE, SCEGLIENDO I CANDIDATI) SOLO CHE LA DUCETTA NON PUO’ SFANCULARE ORA I RIOTTOSI SALVINI E TAJANI, A SEI MESI DALLE ELEZIONI EUROPEE E NELL’ANNO DI GUIDA ITALIANA DEL G7 - SI DOVRA’ CERCARE UN COMPROMESSO, A PARTIRE DAL CASO SARDEGNA, PER VINCERE. ANZI: PER NON BECCARE LA SCOPPOLA - PERCHE’ IN CASO DI SCONFITTA, DI CHI SARA’ LA COLPA?

DAGOREPORT

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju 1

Giorgia Meloni stavolta ha ragione. Per stabilire le candidature del centrodestra alle elezioni regionali, la Sora Giorgia vuole far pesare la leadership conquistata alle politiche del 2022: Fratelli d’Italia ha più voti di Lega e Forza Italia e ha il “diritto” di avere l’ultima parola nella scelta dei candidati.

 

Un ragionamento politico che non fa una piega, vista l’evidente sproporzione del consenso tra i tre partiti della maggioranza.

 

Chi ha più voti, comanda. Questa è la regola che piace a destra eppure la politica è più complessa dell’aritmetica. Ci sono circostanze in cui impegni, doveri e necessità ribaltano lo scenario.

 

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini

Pur avendo le sue evidenti ragioni, Giorgia Meloni deve abbozzare e masticare amaro. Davanti alla riottosità di Salvini e Tajani, vorrebbe reagire de’ core e di coratella: un sonoro “vaffa” agli alleati e ognuno per la sua strada. Ma non puo’, povera stellina: a pochi mesi dalle elezioni europee e nell’anno di guida italiana del G7, far salire le tensioni fino al punto di non ritorno o far saltare il governo sarebbe da stolti. C’è una lotta di potere tra gli alleati e ogni mossa fa ponderata.

CHRISTIAN SOLINAS - MATTEO SALVINI

 

Come scrive Massimo Franco sul “Corriere della Sera”: “Scegliendo la discontinuità, la premier Meloni vuole ufficializzare i nuovi equilibri sanciti dalle Politiche del 2022.

 

Salvini e Tajani rivendicano invece la continuità, perché faticano a accettare come definitivo il primato ottenuto da FdI: tanto più nella prospettiva di un voto europeo che potrebbe ribadirlo”.

 

Per ora, la Ducetta è costretta a incassare. Un passo indietro che le intossica il fegato, ovviamente, visto che il suo candidato per la Sardegna, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, avrebbe i favori del pronostico rispetto al malconcio governatore uscente Christian Solinas, sostenuto a spada tratta da Matteo Salvini.

 

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini a cutro

Senza contare che Giorgia Meloni, prima di essere consacrata leader del centrodestra, fu costretta a ingoiare molti rospi. Come quando Berlusconi e Salvini la obbligarono, per le regionali in Sicilia del 2022, a scaricare il governatore uscente della Sicilia, Nello Musumeci di Fratelli d’Italia, per fare posto al forzista Renato Schifani. In quel caso il metodo “ripresentiamo il governatore uscente”, che oggi viene rivendicato per Solinas, non fu neanche preso in considerazione.

 

MATTEO SALVINI - CHRISTIAN SOLINAS

Un’altra fregatura Giorgia Meloni se la vide rifilare alle regionali in Lombardia di febbraio 2023, quando già aveva portato a casa il 25% dei consensi e già sedeva a palazzo Chigi. La Lega impose la riconferma del governatore leghista, Attilio Fontana, e Fratelli d’Italia, che avrebbe potuto legittimamente ambire a piazzare un suo uomo alla guida della regione più ricca d’Italia, restò con una manciata di polvere.

 

Tra un imperativo categorico e uno stato di necessità, l’inviperita Sora Giorgia non può sfanculare i guastatori Salvini e Tajani e dovrà abbozzare per il bene supremo della Nazione, ma soprattutto suo: e dunque, cosa accadrà?

 

paolo truzzu 3

Si dovrà cucire un compromesso, di quelli tenuti insieme dallo sputo e dal rancore. La prima ipotesi porta al siluramento in Sardegna di Christian Solinas e alla candidatura di Truzzu, come vuole la Ducetta, e Salvini in cambio potrebbe portare a casa l’ok al terzo mandato dei governatori (così da blindare il Veneto alla Lega con l’ennesima riconferma di Luca Zaia). Un’altra strada porterebbe a una soluzione salomonica: via Solinas, via Truzzu, ok a un terzo candidato da decidere insieme. L’importante, e a palazzo Chigi lo sanno bene, è vincere. Anzi: è non perdere. Perché, come scrive sempre Massimo Franco, “la domanda è: a chi verrebbe imputata un’eventuale sconfitta?”.

 

zaia salvini

IL VERO TEMA È IL PRIMATO NELLA DESTRA NON LE REGIONALI

Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

Che l’accordo sui candidati alle Regionali ancora non ci sia è evidente. Ma la domanda è come la maggioranza di governo giustificherà le polemiche roventi di queste settimane, se e quando raggiungerà un compromesso. […] le tensioni rimangono latenti.

 

La rigidità dimostrata finora dice che ognuno ritiene di potere piegare l’altro, alla fine. Ma si tratta di un gioco arrischiato. Di certo, una destra divisa per non avere trovato un’intesa sulla Sardegna, sarebbe sorprendente. Lo scontro, in realtà non riguarda la conferma di Christian Solinas, sostenuto dalla Lega, o la sua sostituzione con Paolo Truzzu, candidato di FdI. E nemmeno il tetto dei due mandati, con il partito di Salvini che preme per un terzo. In discussione è la riscrittura dei rapporti di forza nella maggioranza.

 

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

Scegliendo la discontinuità, la premier Meloni vuole ufficializzare i nuovi equilibri sanciti dalle Politiche del 2022. Salvini e Tajani rivendicano invece la continuità, perché faticano a accettare come definitivo il primato ottenuto da FdI: tanto più nella prospettiva di un voto europeo che potrebbe ribadirlo. Le parole di ottimismo che i due vicepremier ripetono sembrano ragionevoli. Una divisione delle forze di governo potrebbe regalare una vittoria imprevista a opposizioni pure in tensione in una delle cinque regioni in cui si vota: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria.

 

silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

La domanda è a chi verrebbe imputata un’eventuale sconfitta. E se avrebbe riflessi sull’esecutivo. Gli inviti che arrivano a Meloni a essere «generosa» sembrano fatti per ottenere qualche concessione: sebbene almeno finora siano caduti nel vuoto. Questo suggerisce un’ulteriore riflessione sul livello dei rapporti di fiducia tra alleati: in particolare tra la premier e Salvini. La minaccia di Meloni di correre col suo solo partito è il riflesso di un’impazienza, se non di un’irritazione, che sono silenziosamente montate per mesi. È un altro ultimatum che la maggioranza di governo dà a se stessa. […]

Ultimi Dagoreport

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO IL CINISMO POLITICO: TRA DUE MESI SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – FERMI TUTTI: LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

elly schlein luigi zanda romano prodi - stefano bonaccini goffredo bettini dario franceschini

DAGOREPORT: ELLY IN BILICO DOPO LA VERGOGNOSA SPACCATURA DEL PD ALL’EUROPARLAMENTO (UNICA VOCE DISSONANTE NEL PSE) SUL PIANO "REARM" DELLA VON DER LEYEN – SENZA LE TELEFONATE STRAPPACUORE DI ELLY AI 21 EUROPARLAMENTARI, E LA SUCCESSIVA MEDIAZIONE DI ZINGARETTI, CI SAREBBERO STATI 16 SÌ, 2 NO E TRE ASTENUTI. E LA SEGRETARIA CON 3 PASSAPORTI E UNA FIDANZATA SI SAREBBE DOVUTA DIMETTERE – NEL PD, CON FRANCESCHINI CHE CAMBIA CASACCA COME GIRA IL VENTO E COL PRESIDENTE BONACCINI CHE VOTA CONTRO LA SEGRETARIA, E’ INIZIATA LA RESA DEI CONTI: PER SALVARE LA POLTRONA DEL NAZARENO, SCHLEIN SPINGE PER UN CONGRESSO “TEMATICO” SULLA QUESTIONE ARMI - ZANDA E PRODI CONTRARI: LA VOGLIONO MANDARE A CASA CON UN VERO CONGRESSO DOVE VOTANO GLI ISCRITTI (NON QUELLI DEI GAZEBO) – A PROPOSITO DI "REARM": IL PD DI ELLY NON PUÒ NON SAPERE CHE, VENENDO A MANCARE L'OMBRELLO PROTETTIVO DEGLI STATI UNITI TRUMPIANI, CON QUEL CRIMINALE DI PUTIN ALLE PORTE, IL RIARMO DEI PAESI MEMBRI E' UN "MALE NECESSARIO", PRIMO PASSO PER DAR VITA A UNA FUTURA DIFESA COMUNE EUROPEA (PER METTERE D'ACCORDO I 27 PAESI DELLA UE LA BACCHETTA MAGICA NON FUNZIONA, CI VUOLE TEMPO E TANTO DENARO...)