A DAVOS SI FA GARA A CHI CE L’HA PIÙ LUNGO (LO SPEECH) - VINCONO TRUMP E MACRON, COL MASSIMO TEMPO ALLOCATO (45 MIN), MENTRE LA POVERA MERKEL È STATA RETROCESSA A 40. SOLO 30 PER GENTILONI, UMILIATA THERESA MAY: 20 MINUTI CAUSA BREXIT - TRUMP È APPENA ATTERRATO. IL SUO MINISTRO AL COMMERCIO SPIEGA: ‘A LUI PIACCIONO LE INTESE BILATERALI. SONO PIÙ VELOCI’. STASERA SARÀ A CENA CON VARI TOP MANAGER
1. DAVOS: ROSS, TRUMP PREFERISCE INTESE BILATERALI, PIÙ VELOCI
(ANSA) - Il presidente Trump "è più interessato ai negoziati bilaterali che a quelli multilaterali, vanno più veloci". Lo ha detto il segretario al commercio americano Wilbur Ross rispondendo ad una domanda sui trattati di libero scambio a margine del World Economic Forum, che oggi riceverà il presidente americano, appena atterrato in Svizzera. L'agenda di Trump a Davos sarà orientata alle opportunità di business e di investimento negli Stati Uniti, ha spiegato Ross, aggiungendo che, in serata, il presidente americano sarà a cena con vari top manager.
2. MACRON, IL DISCORSO PIÙ LUNGO POI VOLA VIA (CON MERKEL) PRIMA DELL' ARRIVO DI TRUMP
Federico Fubini per il Corriere della Sera
La dura legge di Davos fa sì che nessun dettaglio sia lasciato al caso e su tutto regni una gerarchia non scritta che regola la visibilità di ciascuno.
Nessuno è uguale al suo prossimo al World Economic Forum. Ciascuno è sempre un gradino più su o più giù. Se dunque volete farvi un' idea del soft power - il potere di sedurre - di ognuno leader invitati, guardate il loro minutaggio: solo le maggiori personalità possono rivolgere uno «special address», un discorso d' onore nella grande sala del Centro Congressi, ma il tempo di parola allocato a ciascuno dei grandi nomi non è mai lo stesso. Come ai tempi del Politburo sovietico, i minuti offerti davanti al microfono rivelano se un leader sia considerato in ascesa o in declino; se sia merce preziosa da esporre a lungo, merce un po' meno pregiata, oppure lievemente imbarazzante.
Questo è il primo confronto sul quale Emmanuel Macron ieri ha battuto Angela Merkel.
Al presidente francese sono stati concessi 45 minuti, esattamente tanti quanti ne avrà Donald Trump domani. Macron se li è presi tutti e poi ha sforato liberamente di altri venti abbondanti, mentre l' ottuagenario padrone di casa Klaus Schwab iniziava a dare minuscoli segni di nervosismo dopo aver accolto l' ospite pomposamente.
Alla cancelliera tedesca il programma di Schwab invece aveva curiosamente offerto giusto qualcosa di meno: 40 minuti. Sempre di più della mezz' ora data al collega italiano Paolo Gentiloni (e alla star emergente, l' argentino Mauricio Macri); più anche dei venti minuti precisi allocati a Theresa May (sulla premier di Londra grava l' ombra dell' irrilevanza da Brexit) o al canadese Justin Trudeau, che non viene certo da un enorme Paese. Molto più che a una terza fila come il premier iracheno Haider Al Abadi, un quarto d' ora appena.
Eppure dopo dieci anni di presenze, Davos per Merkel non ha ritagliato lo stesso tempo concesso alle primissime star del Forum. Persino l' indiano Narendra Modi, unico con Macron e Trump, ha avuto più spazio di lei. La folla di manager e banchieri ha fame di novità che le permettano di guardare avanti, perché gli investimenti hanno orizzonti pluriennali e il soft power si rivela nei dettagli.
L' indiano Modi per esempio ha riempito la grande sala da migliaia di posti del Centro Congressi più di Merkel, benché molti se ne siano poi andati via anzitempo, annoiati.
Gentiloni l' ha riempita per appena un terzo, perché qui molto sono rassegnati a vedere l' Italia in eterna transizione, ma con la cancelliera ha avuto un dettaglio in comune: quasi solo il premier e la cancelliera si sono presentati vestiti semplicemente con i loro corretti abiti da lavoro di tutti i giorni.
trump prende l elicottero per davos
Il canadese Trudeau era lezioso fin nel gioco di blu e azzurri della cravatta e dei calzini. Macron era in un perfetto, ben stirato, scurissimo vestito blu con cravatta in tono e ha avuto per sé una sala stracolma fino all' ultimo, disposta solo per lui a concedere applausi ripetuti a scena aperta. Bastava riconoscere i volti nelle prime file del pubblico per percepire come, a torto o a ragione, molti a Davos abbiano iniziato ad archiviare l' era di Merkel e guardino a Macron per leggere il futuro.
Ad ascoltare la cancelliera c' era la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, certo. Ma per il presidente francese c' era di nuovo lei, il suo numero due americano David Lipton, il capo dell' Ocse Angel Gurria, il re Felipe di Spagna, il governatore della Bank of England Marc Carney, il fondatore del colosso della pubblicità Maurice Lévy.
È stata un' occasione semi mondana, l' ennesima di Davos, con un fondo di sostanza.
Tutti e tre i leader europei sono arrivati e ripartiti in tempi utili per non rischiare di incrociare Donald Trump, dato che il presidente degli Stati Uniti arriverà solo questa sera.
Tutti e tre hanno sottolineato che il vuoto lasciato dagli Stati Uniti negli accordi nel commercio e nel clima, e sugli scacchieri dell' Africa e del Mediterraneo deve spingere l' Europa a unirsi ancora di più. Ma anche qui i dettagli hanno tradito quanto i principali leader d' Europa continuino a vedere l' integrazione del continente in modi diversi. A differenza di Merkel e Gentiloni, Macron si è ben guardato dal criticare troppo Trump. Merkel ha citato la cooperazione franco-tedesca, Macron si è riferito al discorso di Merkel, eppure nessuno dei due ha fatto riferimento alla presenza a Davos - nelle stesse ore, sugli stessi temi - del premier italiano.