DE BENEDETTI LO VUOLE: BERSANI PREMIER E LISTA SAVIANO - ALLA FESTA BOLOGNESE DI “REPUBBLICA” CARLETTO POTREBBE LANCIARE IL SUO LISTONE CIVICO DA AFFIANCARE AL PD ALLE POLITICHE DEL 2013, LEADER SAVIANO - PER BAFFINO, TUTTO FA BRODO PUR DI LIMARE LE PRETESE DI VENDOLA E DI PIETRO - CULATELLO SOGNA DI RICREARE LA “MACCHINA DA GUERRA” OCCHETTIANA (CONFIDANDO NEL CROLLO DEL BANANA): MA CHE SUCCEDEREBBE SE SAVIANO DOVESSE RACCOGLIERE PIÙ VOTI DI LUI?...

1- BERSANI PREMIER E LISTA SAVIANO
di Caino Mediatico per www.thefrontpage.it a cura di Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi

Voci insistenti danno un colore specifico al rinvio della direzione del Pd motivato come gesto di attenzione verso la tragedia emiliana. Non c'era solo la solidarietà e l'opportunità dovuta alla tragica evenienza delle terre del segretario, ma la necessità di non oscurare un evento a sorpresa di grande rilievo. L'annuncio della candidatura a premier del segretario del Pd e contemporaneamente della nascita della "ListaRepubblica" o "Saviano" o "della società civile", una novità fin qui solo ipotizzata che non poteva essere annunciata tra le macerie.

La lista di autorevolissime icone pop della sinistra e la candidatura sarebbero una risposta "di movimento" alla tenaglia degli alleati ormai obbligatori, Idv e Sel, e insieme un colpo a candidature alternative. La questione sta già massacrando la già terremotata vicenda piddina.

L'operazione, per le ragioni suddette di competitività "a sinistra", piacerebbe assai ai supporter più tradizionali e potrebbe non spiacere persino al nemico giurato della società civile, D'Alema, che vedrebbe un'occasione per mantenere il controllo di un'area riformista.

La vertigine della lista suscita invece più di una perplessità tra gli "epurandi" cattolici, vittime (tranne la Bindi) del pogrom congiunto di magistratura ed ex comunisti, ma anche tra i "giovani" di tutte le confessioni, e non a caso contro questa ipotesi si danno da fare tanto Matteo Orfini quanto Andrea Orlando, che avevano scommesso con Fassina su un posizionamento "di sinistra" drammaticamente offuscato dall'ipotesi "Saviano & Co".

Ostili anche personaggi diversi come Renzi, Civati e Paola Concia, che vedrebbero l'innovazione del loro partito "data in outsourcing" a De Benedetti & Co. e si troverebbero un Pd trasformato in una bad company (cit. Civati). Un partito per vecchi... arnesi di ogni età. Senza contare che Topolino-Mauro e Barbapapà-Scalfari farebbero così l'Opa definitiva e non ostile sulla sinistra (distruggendola naturalmente), liberandoci dai partiti, alla faccia di Napolitano, in linea con il grillismo.

Per vincere le elezioni perderebbero tutto. Naturalmente un bel po' di elettori incazzati preferiranno l'originale (cioè Grillo), altri si disperderanno tra due prospettive politicamente distruttive: un partito che esorcizza il cambiamento sociale e una lista che fa finta di rappresentarlo per via televisiva e analogica.

A meno che? A meno che da questa furbata non venga fuori finalmente un "Midas", di cui per la prima volta avrebbero la possibilità, con primarie vere davanti al popolo (ci credo poco). Sennò qualcuno finirà per strillare "Aridatece er Caimano!".

2- DE BENEDETTI È "PARTITO"
Da "il Foglio"

A Largo Fochetti, nella redazione di Repubblica, dicono che per Ezio Mauro sia soprattutto un'operazione di marketing: la fidelizzazione del lettore, la capacità di farlo sentire parte di una comunità che condivide un pensiero e una linea politica. La natura "chiesastica" del giornalone della sinistra è un pallino antico e persino vincente - si sa - del direttore.

Ma dicono pure che Carlo De Benedetti, che di Repubblica è il padrone, la veda in un altro modo dal suo attico romano di via Monserrato, che insomma per lui, ex tessera numero uno (e delusa) del Pd, la festa di Repubblica, il prossimo 14 giugno a Bologna, sia il primo passo per lanciare "il partito di Giustizia e Libertà" altrimenti detto "partito di Republica" o anche "lista Saviano" a seconda dei punti di vista.

Non c'è più soltanto il molto citato editoriale del Fondatore Eugenio Scalfari, quello in cui si proponeva il "listone civico" da affiancare al Pd; perché la proposta Scalfari è passata e in termini estesi: ha prodotto emuli, cloni, ha bucato le stesse file notoriamente permeabili del Pd, ha la simpatia di Walter Veltroni e dicono che il furbissimo Massimo D'Alema osservi tutto questo movimento con interesse.

Il leader baffuto sa che si vota con il "porcellum", difatti ha già avanzato la proposta delle primarie per scegliere i deputati e considera il listone civico un modo per limare le unghie (e le pretese) di Vendola e Di Pietro. Il collateralismo intellettuale e civico è un treno già partito: c'è un manifesto firmato da Flores d'Arcais, la "lista nazionale fuori dai partiti" di Elio Veltri e Marco Travaglio, l'agitazione dei vecchi prodiani; a Firenze è nato il partito civico dei girotondini di Paul Ginsborg, ci sono i sindaci arruffapopolo di Napoli e Bari, e nella nomenclatura del Pd tutto questo attivismo trova facce sorridenti (malgrado qualche muso duro). Bersani avrebbe dovuto delineare ieri l'architettura di una nuova "gioiosa macchina da guerra".

Ma il direttivo del Pd è saltato. Dunque grande successo di pubblico dentro il Pd, malgrado il rottamatore fiorentino Matteo Renzi dica che "così il Pd abdica alla sua vocazione che è maggioritaria", e malgrado i cosiddetti "giovani turchi" diessini, i solidi socialdemocratici come Stefano Fassina e Matteo Orfini, siano pronti a fare le barricate alla sola idea di candidare Gustavo Zagrebelsky al ministero della Giustizia, Umberto Eco alla cultura, Roberto Saviano agli Interni: il governo delle élite che - come teorizzano a Largo Fochetti - devono ritrovare il senso della loro responsabilità e smetterla di esitare.

"Candidare Zagrebelsky non sarebbe diverso dal candidare Iva Zanicchi", dice Orfini, insomma: se c'è da prendere forze dal mondo intellettuale di sinistra, lo faccia il Pd medesimo rinnovando la sua rappresentanza senza delegare questa scelta a un grande gruppo editoriale (una specie di partitoazienda berlusconiano, ma di sinistra). E poi un dubbio che avvelena: che succederebbe se il listone dovesse raccogliere più voti del Pd o del segretario? I più scettici non ci vogliono nemmeno pensare.

Ad addensare nubi e sospetti c'è anche il fatto che Bersani non sarebbe affatto contrario a una galassia della società civile che riunisca tutte, ma proprio tutte (persino i comunisti di Paolo Ferrero?) le anime della sinistra, una cosa che possa riproporre il grande schema della (sfortunata, ma forse solo perché c'era Silvio Berlusconi) gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto: tutti dentro, compresi Vendola e Di Pietro. Nessun nemico a sinistra e nessun nemico in procura, come nella migliore tradizione del polo riformista.

Eppure Bersani avrebbe qualcosa da temere, se è vero, come forse è vero, che la simpatia veltroniana per il listone di De Benedetti non deriva soltanto dall'amicizia personale di Veltroni (che fa anche il vicepresidente impegnato dell'Antimafia) per il giovane scrittore- idolo Roberto Saviano, ma anche dall'idea che l'autore del romanzo docu-fiction Gomorra, campione di ascolti televisivi e unto del sacro olio della legalità, non avrebbe alcuna difficoltà a far apparire stravecchi Bersani, il suo mezzo sigaro e la sua grisaglia da segretario di partito.

 

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