CHI DI CONFLITTO DI INTERESSI FERISCE, DI CONFLITTO PERISCE - PER NON RISCHIARE ALTRI GUAI SULLE CONCESSIONI TV E SULLA GIUSTIZIA, BERLUSCONI È COSTRETTO A INGOIARE TUTTI I ROSPI RENZIANI
Ugo Magri per “La Stampa”
Non c’è un singolo esponente berlusconiano che ammetta di condividere la riforma del Senato. L’indice di sgradimento oscilla tra l’aperta dissociazione di Brunetta e la larvata contrarietà di tutti gli altri. Nondimeno oggi alle 15, nella Sala della Regina a Montecitorio, Forza Italia e il suo leader daranno disco verde alla riforma più detestata. Lo faranno in nome del patto che Berlusconi siglò con Renzi il 10 gennaio al Nazareno, e che tornerà in auge stamane, quando i due si rivedranno faccia a faccia in un luogo ancora imprecisato. Ma la ragione vera del via libera si chiama rassegnazione.
O (se la parola non piace) sano realismo politico, che poi è l’altra faccia della stessa medaglia. Cioè la presa d’atto che Matteo è troppo forte per sfidarlo in questo momento, dunque conviene aspettare, e intanto inchinarsi...
L’ex Cavaliere si accontenterà di qualche modifica, necessaria per salvare le forme. Se la composizione del Senato restasse sbilanciata a sinistra, con tutti quei sindaci di città rosse e con le piccole regioni sovra-rappresentate, neppure i forzisti più inclini a cedere si presterebbero a una simile umiliazione. Sarebbero obbligati a votare contro in Commissione e poi in aula. Ci sono già stati contatti con Renzi, il quale via sms ha fatto sapere ai negoziatori «azzurri» di star sereni, la questione verrà superata.
Così come devono star tranquilli sulla legge elettorale che si farà certamente in autunno, una cosa per volta please... A questo punto, l’unica variabile ancora in grado di far saltare il banco si chiama Boschi. La ministra difende con le unghie la «sua» riforma, giustamente non le va di scriverla sotto dettatura, tanto che nella sede forzista di San Lorenzo in Lucina ieri aspettavano, tamburellando le dita sul tavolo, la versione definitiva della riforma.
BERLUSCONI INAUGURA I CLUB FORZA SILVIO FOTO LAPRESSE
«Qui non si scappa», mettono in guardia i berlusconiani, «se Renzi vorrà il nostro via libera dovrà almeno garantirci la rappresentanza proporzionale del territorio». Dopodiché il futuro Senato continuerebbe a pendere sulla sinistra, però in modo un po’ meno sfacciato. Esemplificando in base agli equilibri attuali: su 100 senatori il Pd ne verrebbe ad avere 49, il centrodestra 40 e qualche briciola gli altri...
In fondo trattasi di dettagli. La sostanza è che oggi Berlusconi darà il via libera a una riforma vantaggiosa per Renzi e svantaggiosa per Forza Italia. Che manderà in fibrillazione il gruppo parlamentare al Senato, con rischio di nuovi smottamenti. Che non contiene tracce di presidenzialismo, anzi al posto dell’elezione diretta introduce semmai quella di terzo grado (i cittadini scelgono i consiglieri regionali e i sindaci, che a loro volta indicano i senatori, i quali partecipano alla elezione del Presidente della Repubblica).
Dunque è lecito chiedersi come mai Silvio accetterà di pagare un tale prezzo politico. Le ragioni sono quelle che ricorrono nei discorsi privati di Verdini, ma pure di Romani, di Toti, di Gelmini, della stessa Santanché. Anzitutto, c’è un patto da rispettare. Quando venne siglato, Berlusconi era stato appena espulso dal Parlamento, il partito viaggiava allo sbando. L’incontro venne salutato come un capolavoro politico, quasi fosse la risurrezione dell’ex Cavaliere. Nessuno, dentro Forza Italia, sollevò obiezioni. Tantomeno sulla clausola del Senato «non elettivo». Rimangiarsi la parola perché le elezioni sono andate male sarebbe molto poco serio.
Secondo calcolo berlusconiano: rompere con Renzi non porterebbe niente di buono. Né ora né tantomeno il 18 luglio prossimo, casomai quel giorno la condanna per Ruby venisse confermata in appello. Confida uno dei negoziatori col premier: «Una volta che mandassimo all’aria le riforme, poi che faremmo? Il governo troverebbe lo stesso la maggioranza per portarle avanti, e noi restiamo in fuorigioco negli anni a venire...».
Ma soprattutto, è l’argomento che la breccia su Berlusconi, «se sfidiamo Renzi, quello si vendica sulla legge elettorale, sulle concessioni tivù, sulla giustizia, dopodiché torniamo a votare e ci asfalta». La sola chance di rivincita passa dunque per una lunga ricostruzione del centrodestra, per il lancio di volti nuovi, per l’attesa paziente che l’astro di Matteo perda un po’ del suo fulgore. Presuppone che si torni alle urne il più tardi possibile. E per non indurre Renzi in tentazione, Berlusconi sa che ha una sola strada: inghiottire tutti i rospi che può.