KAZAKI AMARI PER ALFANO - LA PROCURA DI PERUGIA RIAPRE IL CASO SHALABAYEVA - LE CARTE MOSTRANO VERBALI INCOMPLETI, CONTRADDIZIONI E RICATTI - IL VIMINALE SAPEVA DELLO STATUS DI DISSIDENTE DI ABLYAZOV E DEI PERICOLI CHE CORREVA SUA MOGLIE IN CASO DI ESPULSIONE

Paolo Mondani per "Report Time - Corriere della Sera"

A meno di un mese dalla concessione dello status di rifugiato politico ad Alma Shalabayeva e alla figlia Alua il caso giudiziario si riapre. La notizia può preoccupare e non poco il Viminale dove atterrisce l'idea che i documenti che sembravano dimenticati stanno per essere rimessi in fila, uno ad uno, a ricordare quel che accadde in quelle 67 ore, dalla sera del 28 al pomeriggio del 31 maggio 2013.

La Procura della Repubblica di Perugia ha aperto un fascicolo sul caso Shalabayeva e chiama in causa la responsabilità di un magistrato in ordine all'espulsione della moglie del banchiere e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov e della loro figlia Alua avvenuta a Roma un anno fa.

Sulla base di un passaporto diplomatico emesso della Repubblica Centrafricana dichiarato falso e poco dopo rivelatosi autentico, in nemmeno tre giorni il Viminale aveva consegnato Alma nelle mani del Presidente kazako Nursultan Nazarbayev.

Dittatore a tutto tondo. Il 19 luglio il ministro Alfano aveva incassato una fiducia a denti stretti quando M5S e Sel ne avevano chiesto le dimissioni al Senato, e il Pd, pur smontando pezzo a pezzo la sua ricostruzione dei fatti, con un triplo carpiato l'aveva salvato. Ora i fatti appaiono più chiari, almeno secondo gli avvocati di Alma Shalabayeva che due mesi fa hanno depositato un esposto alla Procura di Roma finito successivamente a Perugia.

Centrale è la descrizione di cosa avvenne all'udienza presso il Cie di Ponte Galeria il 31 maggio, alla presenza del Giudice di Pace Stefania Lavore. In aula sono presenti gli avvocati di Alma, Federico e Riccardo Olivo e il legale svizzero della famiglia Ablyazov Charles de Bavier, che parla perfettamente italiano. Con enfasi segnalano che Alma è moglie di un dissidente kazako, che rischia la persecuzione se rimandata nel suo Paese e che per questo intende chiedere asilo all'Italia. Ma di tutto questo, scrivono i legali nell'esposto, non vi è traccia nel verbale di udienza.

I poliziotti dell'Immigrazione presenti in aula hanno una strana fretta e tutto si chiude in poche decine di minuti, perché Alma deve essere rapidamente trasferita all'aeroporto di Ciampino dove un aereo la aspetta per il ritorno in Kazakistan.

«Omissione nella verbalizzazione e nella decisione - scrivono gli avvocati - che implicano valutazione di carattere penale con riferimento ai reati di falso e di abuso». Eppure nella relazione del capo della Polizia Pansa, ribadita dallo stesso ministro Alfano chiamato a rispondere dei fatti in Parlamento, si ripeteva che Alma Shalabayeva non aveva mai fatto cenno alla richiesta di asilo così come alla condizione di dissidente del marito.

Ma anche su questo un nuovo documento mette in luce le contraddizioni del Viminale: si tratta del rapporto alla Procura di Roma del 3 giugno 2013 firmato da Luca Armeni e Renato Cortese, dirigenti della Questura, dove si dà conto che i poliziotti che erano intervenuti nella notte del 29 maggio nella villa romana di Alma Shalabayeva avevano ritrovato uno scambio di e-mail tra l'avvocato De Bavier e l'avvocato Riccardo Olivo dove lo svizzero descriveva precisamente chi è Alma e chi è il marito. Il Viminale era quindi perfettamente a conoscenza dello status di dissidente del marito e dei pericoli che correva sua moglie in caso di espulsione.

Ma un altro documento è stato acquisito dalla procura di Perugia. Si tratta di una dettagliata cronologia dei fatti che l'ex ministro degli Affari esteri Bonino aveva a suo tempo inviato al presidente Napolitano. Avvenimenti seguiti al 31 maggio, perché Emma Bonino e il suo dicastero erano stati tenuti fino ad allora all'oscuro di tutto. E qui emergono le schizofrenie della politica: i silenzi di Alfano e le forzature della Bonino che conquista prima la revoca del decreto di espulsione (12 luglio) e infine riporta a Roma la Shalabayeva (27 dicembre).

Il 13 giugno, in vista dell'incontro di Napolitano con il presidente della Commissione Ue Barroso previsto per il giorno dopo, Bonino informa del caso kazako il Consigliere diplomatico del presidente perché è lei a infilare il «fuori sacco Shalabayeva» nel fascicolo del colloquio e a fare in modo che Barroso rivolga una precisa domanda a Napolitano sull'argomento. Ed è sempre lei a respingere il ricatto del governo di Nazarbayev che aveva deciso di negare il sorvolo del territorio kazako alle nostre truppe di ritorno dall'Afghanistan visto l'eccesso di esposizione del governo di Astana in virtù del superattivismo del ministro italiano.

E c'è la strana storia di due milioni di dollari che alcune autorità kazake avevano chiesto personalmente alla Shalabayeva in cambio dell'autorizzazione a tornare in Italia e di fronte al suo no la nuova la richiesta «scontata» di un solo milione avanzata agli avvocati di Alma che rifiutano di pagare quel che appariva a tutti gli effetti un riscatto verso chi l'aveva rapita. Ma i kazaki non mollano l'osso neppure oggi.

Da ultimo emerge la lettera dell'ambasciatore della Repubblica Centrafricana a Parigi Emmanuel Bongopassi al ministro degli Esteri Leonie Banga-Bothy datata 12 febbraio 2014, nella quale comunica che il suo omologo kazako nella capitale francese chiede che i passaporti diplomatici rilasciati a Mukhtar Ablyazov e alla moglie Alma vengano annullati.

I kazaki offrono importanti aiuti economici e Bongopassi sembra sponsorizzare lo scambio. Proprio la presunta nullità del passaporto di Alma fu causa dell'espulsione dall'Italia, un documento che le autorità africane dichiararono immediatamente autentico e sulla bontà del quale nessuno ha più dubbi. Il 18 febbraio è il ministro degli Esteri centrafricano a replicare al collega kazako che Bongopassi è stato rimosso e che quei passaporti sono autentici.

 

 

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