L’AMBASCIATORE IN LIBIA POTEVA ESSERE SALVATO: ORA CHI SALVERÀ HILLARY DALLA FURIA REPUBBLICANA? RISCHIA L’ELEZIONE 2016

Paolo Mastrolilli per "la Stampa"

I militari americani potevano mandare aerei e forze speciali, per aiutare i diplomatici attaccati l'11 settembre scorso nel consolato di Bengasi. Qualcuno però li bloccò, impedendo così di limitare i danni dell'assalto e assistere prima i feriti.

È la denuncia che farà oggi Gregory Hicks, vice ambasciatore a Tripoli all'epoca dell'aggressione, intervenendo alle audizioni organizzate dalla Commissione della Camera per il controllo e la riforma del governo. Hicks così diventa il primo funzionario del Dipartimento di Stato che mette in discussione la versione ufficiale, riaprendo una polemica che scuote l'amministrazione Obama, e soprattutto minaccia le ambizioni politiche future dell'allora segretario di Stato Hillary Clinton.

La notte dell'assalto Hicks era a Tripoli, e fu l'ultima persona che parlò con l'ambasciatore Christopher Stevens: «Mi disse: Greg, siamo sotto attacco. Provai a rispondere qualcosa, ma la linea cadde». Pochi minuti dopo Stevens e il collega Sean Smith furono uccisi. Circa sette ore più tardi, morirono sotto i colpi dei mortai anche gli addetti alla sicurezza Glen Doherty e Tyrone Woods, che si erano rifugiati in un edificio annesso al consolato dove operava la Cia.

La versione ufficiale iniziale fu che l'aggressione non era premeditata, ma frutto delle proteste spontanee scoppiate anche in Egitto per un video americano offensivo nei confronti di Maometto. Il capo del Pentagono Panetta sostenne che i militari non avevano avuto il tempo di intervenire, per salvare le persone sotto attacco: «Non siamo come il centralino della polizia, che dopo due minuti manda un'auto».

I repubblicani non hanno mai accettato questa versione, usando l'incidente nella campagna presidenziale per azzoppare Obama. Dopo il voto l'attenzione è scesa, ma il Gop ha continuato a scavare, nella speranza di trovare qualcosa che potesse imbarazzare l'amministrazione, o compromettere le speranze di Hillary di candidarsi alla Casa Bianca nel 2016. Ora Darrell Issa, presidente della Commissione che si riunisce oggi a Capitol Hill, ha trovato Gregory Hicks e altri due testimoni disposti a fare da «whistleblower», talpe, denunciando gli errori commessi quella notte.

Hicks ha detto che chiese all'addetto militare se era possibile mandare gli F16 o F15 in volo su Bengasi: «Inviarli dopo il primo attacco avrebbe impaurito i libici, e probabilmente avrebbe impedito il secondo». La risposta fu che i caccia più vicini si trovavano ad Aviano, avrebbero avuto bisogno di almeno tre ore prima di decollare, e poi non sarebbero potuti tornare indietro perché non c'erano aerei da rifornimento pronti ad assisterli.

Quindi Hicks aveva proposto di far salire quattro uomini delle truppe speciali su un cargo che Tripoli metteva a disposizione per la mattina presto, ma anche questa idea fu bocciata. «Non potete andare, non avete l'autorizzazione», gli disse l'addetto militare, che poi aggiunse: «Non sono mai stato così imbarazzato in vita mia, a vedere un funzionario del Dipartimento di Stato che ha più palle di noi».

Anche se fosse stato possibile, è discutibile che il volo dei caccia avrebbe impedito il secondo attacco, mentre le forze speciali il giorno dopo avrebbero potuto al massimo soccorrere i feriti. I repubblicani però sono convinti che la testimonianza di Hicks riaprirà la discussione sulla versione ufficiale del governo, e vogliono sapere chi prese le decisioni e cosa fece Obama quella notte. Il senatore Graham ha detto che «la diga si sta rompendo». La speranza del Gop è che si abbatta subito su Obama, o su Hillary nelle presidenziali del 2016.

 

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