rohani

L'IRAN DI FATTO RIVENDICA L'ATTACCO SUL PETROLIO SAUDITA: ''È UN AVVERTIMENTO, FATELA FINITA CON LA GUERRA IN YEMEN. NON HANNO COLPITO UN OSPEDALE, MA SOLO UN CENTRO INDUSTRIALE PER METTERVI IN GUARDIA. TRAETENE LA LEZIONE'' - DA CHE DOVEVANO STRINGERSI LA MANO ALL'ASSEMBLEA ONU, TRUMP AVREBBE NEGATO IL VISTO A ROHANI - TUTTE LE BUGIE SUGLI ATTACCHI, DA DOVE SONO PARTITI FINO ALLE ARMI USATE: AI SAUDITI FA COMODO DOVER RIDURRE LA PRODUZIONE, FAR RISALIRE IL GREGGIO E RIDARE VALORE ALL'ARAMCO, LA CUI QUOTAZIONE STENTAVA A DECOLLARE

 

  1. IRAN:ATTACCO A PETROLIO AVVERTIMENTO FINE GUERRA YEMEN

HASSAN ROUHANI

(ANSA-AP) - L'Arabia Saudita dovrebbe vedere l'attacco alle strutture petrolifere della società nazionale petrolifera Aramco come un avvertimento per porre fine alla sua guerra nello Yemen: lo ha detto oggi il presidente iraniano Hassan Rohani durante una riunione di Gabinetto a Tehran. Lo riporta la Tv di Stato. "Non hanno colpito un ospedale, non hanno colpito una scuola, non hanno colpito il bazar di Sanaa. Hanno colpito semplicemente un centro industriale per mettervi in guardia. Traetene la lezione", ha detto Rohani.

 

  1. IRAN: NIENTE VISTO USA, ROHANI PRONTO A NON ANDARE

 (ANSA) - Gli Stati Uniti non hanno ancora emesso i visti per permettere al presidente iraniano Hassan Rohani, al ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif e al resto della delegazione della Repubblica islamica di partecipare nei prossimi giorni all'Assemblea generale dell'Onu a New York. Lo riferisce l'Irna, secondo cui il governo di Teheran sarebbe pronto ad annullare la sua presenza al vertice se i visti non arriveranno nelle prossime ore.

 

Hassan Rohani

Un eventuale annullamento della partecipazione di Rohani al summit delle Nazioni Unite risulterebbe clamoroso, anche tenendo conto delle aperture più volte manifestate dal presidente americano Donald Trump a un possibile faccia a faccia con il suo omologo iraniano proprio in quella sede. Nei giorni scorsi, il ministero degli Esteri di Teheran aveva ipotizzato ostacoli solo alla presenza di Zarif, colpito questa estate dalle sanzioni Usa. Durante la sua ultima visita a New York a luglio per il forum Economico e Sociale (Ecosoc), gli spostamenti del capo della diplomazia iraniana erano già stati limitati dalle autorità Usa alle sedi Onu e alle residenze diplomatiche del suo Paese.

 

TRUMP ROHANI

  1. IRAN: ROHANI, STOP AL DOLLARO NEGLI SCAMBI CON LA RUSSIA

 (ANSA) - L'Iran ha avviato relazioni bancarie con la Russia e prossimamente lo farà anche con altri Paesi, inclusi alcuni euroasiatici come Turchia e Iraq, per eliminare il dollaro Usa dai suoi scambi internazionali e sostituirlo con le valute locali, in modo da contrastare le sanzioni bancarie americane contro Teheran. Lo ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani parlando in una riunione del suo gabinetto. "Il mondo sta iniziando una seria lotta contro il dollaro, che porterà alla fine del dominio degli Stati Uniti sui mercati finanziari e monetari mondiali. Oggi le nostre relazioni bancarie con alcuni Paesi vengono condotte senza cambi di valuta", ha aggiunto Rohani, citato dall'Irna.

 

 

 

  1. LA GRANDE UMILIAZIONE - PERCHÉ L’IRAN HA DECISO PROPRIO ORA DI COLPIRE IL CUORE PETROLIFERO DELL’ARABIA SAUDITA? DUE SPIEGAZIONI: O NON VUOLE INCONTRARE TRUMP O VUOLE INCONTRARLO DA UNA POSIZIONE DI FORZA

Daniele Raineri per www.ilfoglio.it

 

LA FOTO CHE FA PENSARE A UN MISSILE QUDS 1

Il Pentagono ha diffuso le foto satellitari dell’attacco alle raffinerie che sabato prima dell’alba ha dimezzato la produzione saudita di greggio e fanno sorridere – per quanto non combaciano con le ricostruzioni fatte finora. La milizia houthi – che controlla una parte dello Yemen e ha un rapporto di vassallaggio con l’Iran – ha rivendicato l’attacco e dice di avere usato “dieci droni”, ma nelle foto si contano diciassette punti di impatto.

 

 

E sono tutti punti d’impatto che guardano verso nord-ovest, ma lo Yemen si trova dalla parte opposta, a sud. Inoltre c’è un video girato nelle stesse ore che mostra quattro oggetti non identificati sorvolare la città saudita di Hafar al Batin, settantacinque chilometri a sud del confine iracheno, all’altro capo del paese rispetto allo Yemen. Per capire meglio cosa è successo: è come se la Tunisia dichiarasse di avere compiuto un attacco “con dieci droni” contro la città di Roma, ma nelle stesse ore si fossero visti oggetti non identificati nel cielo di Milano diretti verso sud e alla fine i crateri a Roma fossero diciassette. Qualche dubbio sul fatto che la rivendicazione potrebbe essere una copertura diplomatica offerta all’Iran dagli Houthi viene.

 

ATTACCHI ALLE RAFFINERIE SAUDITE

Le raffinerie colpite sono della Aramco, il gigante saudita del settore petrolifero, e la milizia houthi aveva già attaccato un oleodotto della Aramco a ovest della capitale Riad il 14 maggio. A fine giugno un articolo molto importante del Wall Street Journal aveva rivelato che gli americani avevano inviato un report confidenziale al governo iracheno in cui scrivevano che quell’attacco del 14 maggio contro l’Aramco non era partito dallo Yemen, come tutti credevano, ma era partito dal sud dell’Iraq che è infestato da milizie filoiraniane.

 

 

Lo schema funziona così: quando l’Iran decide di attaccare le infrastrutture petrolifere dell’Arabia Saudita per ragioni di opportunità militare può scegliere di farlo dall’Iraq – perché è più vicino e quindi gli attacchi hanno molte più probabilità di successo – grazie alla presenza di milizie che sono irachene ma obbediscono agli ordini dell’Iran. Oppure può attaccare dall’Iran stesso. Ma siccome sarebbe molto grave ammettere che gli attacchi contro i sauditi arrivano dall’Iraq o dall’Iran, perché potrebbe cominciare una guerra, allora la milizia houthi offre copertura diplomatica e li rivendica. Del resto negli ultimi due anni gli houthi hanno lanciato più di 250 attacchi con droni e missili balistici contro il territorio dell’Arabia Saudita (fonte Long War Journal), quello che dicono viene preso per buono.

 

GLI ATTACCHI VENIVANO DA NORD O NORD OVEST OVVERO IRAN E IRAQ

Ieri una fonte dell’Amministrazione Trump ha detto alla rete Abc che gli iraniani hanno attaccato con missili cruise dal territorio dell’Iran e anche il segretario di stato, Mike Pompeo, sabato aveva accusato l’Iran e aveva detto che non ci sono elementi per dire che l’attacco fosse partito dallo Yemen. Ieri Pompeo ha aggiunto che ci sono invece elementi che escludono l’Iraq come base di lancio e questo fa pensare che l’attacco sia partito dall’Iran. In un video girato da terra durante l’attacco si sentono colpi d’arma da fuoco, sono le guardie delle raffinerie che tentano di abbattere i droni che volano a bassa quota e questo potrebbe voler dire che si è trattato di un attacco misto, con missili cruise e con droni carichi di esplosivo.

 

È stata un’operazione non banale, che ha colpito l’installazione petrolifera che tutti gli analisti considerano il cuore del sistema Aramco e che tutti indicavano come il bersaglio che dev’essere protetto il più possibile. Considerato che ora la produzione è diminuita di cinque milioni di barili di greggio al giorno e che i sauditi hanno riserve per 188 milioni di barili, ci sono 37 giorni di tempo per rimettere le cose a posto oppure fra poco ci sarà meno greggio sul mercato mondiale – e il fatto che il prezzo si sia alzato indica che è un’ipotesi realistica. L’America ha già detto che se sarà il caso interverrà anche con le proprie riserve per supplire al greggio saudita mancante e per mantenere calmo il mercato.

 

C’è un altro particolare tecnico non ancora verificato che contraddice la versione “è il solito attacco della milizia houthi”. Da sabato circolano foto di pezzi di missile caduti in territorio saudita. Non è possibile verificare l’autenticità delle foto, ma Fabian Hinz – un analista militare molto esperto in questo campo – scrive che un pezzo è identificabile con chiarezza come un motore jet modello TJ-100. Quel modello di motore jet è usato in un nuovo tipo di missile che si chiama “Quds 1” ed è stato utilizzato quest’anno in almeno un altro attacco dalla milizia houthi.

MISSILE QUDS

 

 Il nome del missile, Quds in arabo vuol dire Gerusalemme, non deve stupire: gli houthi sono fanatici e hanno per motto “Morte a Israele e morte all’America, vittoria all’islam”, ma non è questo il punto. Il missile Quds è un ordigno imparentato con i missili iraniani ma a suo modo nuovo e quindi è come se gli houthi avessero un loro programma missilistico sperimentale – cosa che è ovviamente falsa, perché fino al 2014 erano una tribù di montagna confinata nel nord del paese più arretrato del mondo arabo e poi di colpo hanno cominciato a rivendicare attacchi con missili balistici e droni contro bersagli anche a mille chilometri di distanza che si trovano in Arabia Saudita (che ha speso quasi settanta miliardi di dollari nel 2018 per potenziare le sue difese).

 

Il conflitto tra houthi e sauditi potrebbe essere usato dagli iraniani per testare armamenti di nuova produzione. Ed ecco il particolare tecnico fondamentale: quel motore TJ-100 ha un’autonomia che è inferiore alla distanza tra il confine yemenita e le raffinerie saudite colpite alle quattro di mattina di sabato scorso.

 

Quindi se chi ha lanciato quell’attacco ha usato i missili Quds 1 il punto di lancio non poteva essere in Yemen (più di mille chilometri a sud) ma è compatibile con l’Iran (seicento chilometri a nord-ovest).

arabia saudita droni

Tutte queste informazioni però valgono poco, perché l’aggressione alla capitale del sistema petrolifero saudita per adesso rientra in quella categoria mediorientale di attacchi conosciuta come “tutti sanno chi è stato, ma si farà finta di non saperlo”. L’Iran ha negato con sdegno le accuse di Pompeo e ha detto che dalla strategia della “massima pressione” l’America è passata alla strategia “del massimo inganno”.

 

Eppure basterebbe mettere in fila le dichiarazioni iraniane. Nel luglio 2018 il presidente iraniano Hassan Rohani aveva detto che se l’America avesse fermato le esportazioni di greggio iraniano allora anche le esportazioni di greggio dei paesi vicini avrebbero subito contraccolpi. È una dichiarazione di cui tutti si sono ricordati a maggio, quando una mano misteriosa ha cominciato a sabotare le superpetroliere che passavano nello Stretto di Hormuz. A novembre 2018 un ayatollah molto vicino a Khamenei, Ahmad Alamalhoda, disse in pubblico che l’Iran aveva già trasferito alla milizia houthi in Yemen la tecnologia necessaria a colpire i siti della Aramco in Arabia Saudita se l’Iran avesse dato l’ordine.

 

arabia saudita droni

Che sia stato un attacco misto degli houthi e dell’Iran, oppure soltanto dagli houthi o soltanto dall’Iran, il succo è lo stesso: è stata un’operazione molto più grande e organizzata del solito che ha avuto conseguenze molto serie. Quindi viene da chiedersi perché il regime iraniano ha deciso di autorizzarla proprio adesso che si parla molto di un possibile incontro tra il presidente americano Donald Trump e il presidente iraniano Rohani.

 

Questa settimana comincia come ogni anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. È l’unica occasione di Rohani per andare in America e da settimane ci si chiede se Trump sfrutterà questi giorni per ottenere finalmente un incontro storico e spettacolare con il leader iraniano, nello stesso stile di quello organizzato con successo mediatico (ma zero risultati concreti) con il dittatore Kim Jong-un della Corea del nord. Gli iraniani hanno compreso da tempo che Trump desidera molto questo evento, perché gli permetterebbe di dire che è un negoziatore più abile del predecessore Obama.

 

attacco con i droni al petrolio saudita

Trump brama strette di mano senza precedenti con gli iraniani davanti alle telecamere di tutto il mondo e ha già dato molti segnali. A giugno ha bloccato un raid aereo americano contro l’Iran mentre gli aerei erano già in volo e ha rinunciato alla rappresaglia per l’abbattimento di un aereo spia – e nelle stesse ore attraverso canali diplomatici ha chiesto agli iraniani un incontro. Due giorni dopo ha ringraziato gli iraniani per non avere abbattuto anche un aereo militare americano che volava vicino a quello colpito.

 

La settimana scorsa ha cacciato il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, perché Trump voleva assecondare la richiesta iraniana di togliere le sanzioni e Bolton invece si opponeva. Trump ha un debole per i negoziati scenografici – dieci giorni fa ha annullato all’ultimo momento un meeting con i talebani a Camp David – e gli iraniani stanno sfruttando questa sua debolezza. L’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, considerato un falco, è arrivato a blandire Trump in pubblico e ha detto che è un uomo d’affari abile con il quale è possibile intendersi.

 

Ieri il presidente americano ha realizzato che questa sua voglia di incontrare i nemici senza chiedere loro in cambio nessuna condizione è troppo palese e tradisce debolezza e quindi ha scritto in un tweet che è un’invenzione della solita stampa. Fake News. Eppure a giugno aveva detto in tv di essere pronto a incontrare gli iraniani “senza condizioni”. E poi lo aveva detto anche a luglio. E poi la stessa cosa è stata ripetuta il dieci settembre da Pompeo e anche dal segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, e dal portavoce del dipartimento di stato.

 

donald trump e mohammed bin salman al g20 di osaka

A questo punto, le interpretazioni del raid iraniano in Arabia Saudita sono due. O il regime ha deciso di sbattere la porta in faccia a Trump e di chiudere a qualsiasi negoziato oppure ha deciso di arrivare all’eventuale incontro da una posizione di vantaggio. Shaping, dicono gli inglesi, dare la forma agli eventi. Se Rohani stringerà la mano a Trump a New York (ed è da vedere se succederà davvero) non lo farà da leader di una nazione messa in ginocchio da sanzioni economiche quasi intollerabili, ma da responsabile del bombardamento contro il sito petrolifero più strategico dell’Arabia Saudita, che come tutti sanno è alleata di Trump. Abbiamo la capacità di colpire la produzione di greggio pure noi, è il messaggio implicito, abbiamo mezzi che vanificano tutte le spese militari che avete fatto per proteggervi dagli attacchi, incluse le costose batterie di missili Patriot acquistate dai produttori americani.

 

Gli attacchi con i droni e con i missili contro i siti petroliferi sauditi, i raid israeliani in Siria e in Iraq, le minacce di Hezbollah dal Libano, la guerra in Yemen, la presenza di soldati americani in Iraq, Siria e Arabia Saudita, la crisi di sicurezza nello Stretto di Hormuz e l’ascesa delle milizie schierate con Teheran fanno parte di un solo grande schema che vede il blocco iraniano contrapposto agli altri. L’America in questo schema è diventata l’elemento debole.

mohammed bin salman trump visit da cbc

 

Ultimi Dagoreport

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…

roberto occhiuto corrente sandokan antonio tajani pier silvio e marina berlusconi 2025occhiuto roscioli

CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO DEFINITIVO A TAJANI DA ROBERTO OCCHIUTO: “SONO PRONTO A GUIDARE IL PARTITO FONDATO DA SILVIO BERLUSCONI’’ - PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E, A PARTE L'ACCENTO CALABRO-LESO, SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL'8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L'ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE" - A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027. A SPAZZARE VIA LE VELLEITÀ DEI TAJANEI, È ARRIVATA DA MILANO LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME "BERLUSCONI", CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL'8% DI FORZA ITALIA - DA LOTITO A RONZULLI, DALL’EX MELONIANO MANLIO MESSINA A NICOLA PORRO: NELLA NUTRITA TRUPPA CHE SI È PRESENTATA AL CONVEGNO DI OCCHIUTO, SPICCAVA FABIO ROSCIOLI, TESORIERE DI FORZA ITALIA ED EMISSARIO (E LEGALE PERSONALE) DI MARINA E PIER SILVIO...

amadeus programmi sul nove like a star chissa chi e la corrida tha cage sukuzi music party

DAGOREPORT: AMADEUS TORNA IN RAI - IL RITORNO A VIALE MAZZINI POTREBBE MATERIALIZZARSI GRAZIE ALLO ZAMPONE DI FIORELLO, CHE NON VEDE L'ORA DI RITROVARE LA SUA "SPALLA" - CON "AMA" AL SUO FIANCO, L'EX ANIMATORE DEI VILLAGGI TURISTICI POTREBBE RINGALLUZZIRSI AL PUNTO DA AFFIANCARLO AL FESTIVALONE DI SANREMO 2027 - L'USCITA DI AMADEUS NON SAREBBE OSTACOLATA DA "NOVE" DI DISCOVERY, ANZI: I DIRIGENTI DELL’EMITTENTE AMERICANA NON VEDONO L’ORA DI RECEDERE DALL’ONEROSISSIMO CONTRATTO QUADRIENNALE CON L’EX DISC JOCKEY - SECONDO GLI “ADDETTI AI LIVORI”, LA CATENA DI FLOP INANELLATA DA "AMA" SUL "NOVE" HA PESATO SUL BILANCIO DI DISCOVERY: PER PUBBLICITÀ INCASSATA E RIMBORSATA PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLO SHARE STABILITO NEI CONTRATTI, SI PARLA DI UNA SOMMETTA INTORNO AI 15 MILIONI - A DIFFERENZA DI CROZZA E FAZIO, PERSONAGGI-FORMAT, AMADEUS SENZA UN PROGRAMMA FORTE E LA GIUSTA CORNICE DI UNA EMITTENTE GENERALISTA PRIMARIA COME RAI1, È DESTINATO A SCOMPARIRE NEL MUCCHIO…

giorgia e arianna meloni come le gemelle di shining - fotomontaggio del fatto quotidiano

DAGOREPORT – VI RICORDATE QUANDO GIORGIA MELONI DEFINIVA LA SORELLA ARIANNA UNA “PRIVATA CITTADINA SENZA INCARICHI”? DIMENTICATELO: È IN CORSO UN TENTATIVO DI TRASFORMARE LA PRIMOGENITA DI ANNA PARATORE IN UNA POLITICA NAVIGATA. ECCO COME NASCE L’IMBARAZZANTE NTERVISTA RILASCIATA OGGI DALL'EX MOGLIE DI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA AL “CORRIERE DELLA SERA”, IN CUI ARIANNA RICORDA QUANDO “GUIDAVA IL CAMION NEI VICOLI DI ROMA” PER IL PARTITO, E RIVENDICA: “DA 30 ANNI SIAMO IN POLITICA” – LA FIAMMA MAGICA VUOLE TOGLIERLE L’ETICHETTA DI “SORELLA D’ITALIA”. IL GUAIO È CHE ‘GNA FA: L’UNICO PREGIO CHE ANCHE I COLLEGHI DI PARTITO LE RICONOSCONO È… LA SOMIGLIANZA ALLA SORELLA

del vecchio la stampa angelucci elkann

DAGOREPORT - NON SI STA MAI TRANQUILLI: AL RISIKO FINANZIARIO (MPS-MEDIOBANCA) FINITO TRA LE CARTE DELLA PROCURA DI MILANO, ORA SI AGGIUNGE IL RISIKO EDITORIALE: LA VENDITA DI ‘’’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ AL GRECO KYRIAKOU DIVENTA, GIORNO DOPO GIORNO, UN BORDELLO DI VOCI E RUMORS - C’È CHI ASSICURA CHE LO SBARCO DEL GRECO NON VADA ASSOLUTAMENTE A GENIO AL BOSS DELL’IMPERO MEDIASET, PIER SILVIO BERLUSCONI – CHI SPIFFERA DI UN PRESUNTO INTERESSAMENTO DELLA FAMIGLIA ANGELUCCI, EDITORE DE “IL GIORNALE” E DI “LIBERO”, ALL’ACQUISIZIONE DEL QUOTIDIANO “LA STAMPA”, CHE ELKANN HA MESSO IN VENDITA PER LA SOMMETTA DI 65 MILIONI DI EURO, CHE NON RIENTREREBBE NEL PERIMETRO DEL GRECO CON L’ANTENNA. MA PER IL BOSS DELLA SANITÀ CARO AL GOVERNO L’UNICO MODO DI COMPRARI ''LA STAMPA'' È ALL’EDICOLA: ELKANN NON GLIELO VENDERÀ MAI - A PROPOSITO DI EDITORIA COME ULTIMA UMANA VOLUTTÀ, SI VOCIFERA CHE LEONARDINO DEL VECCHIO VOGLIA COMPRARSI NIENTEMENO CHE “IL FATTO QUOTIDIANO” (DAVVERO URGE LA RIAPERTURA DEI MANICOMI…)

giancarlo giorgetti luigi lovaglio milleri francesco gaetano caltagirone

SUL CASO MPS-MEDIOBANCA, L'ARTICOLO-BOMBA DEL GIORNO È SUL "CORRIERE", DA CUI SI EVINCE CHE LE DICHIARAZIONI RILASCIATE ALLA CONSOB DA CALTAGIRONE E DAL MINISTRO GIORGETTI SONO IN APERTO CONTRASTO - E’ LO STESSO IMPRENDITORE ROMANO AD AMMETTERE CHE IL MINISTRO LEGHISTA SONDÒ ALCUNI POTENZIALI INVESTITORI NELLE SETTIMANE PRECEDENTI ALLA OSCURA “GARA” CHE FECE INTASCARE IL 15% DI MPS, IN MANO AL TESORO, AL QUARTETTO DELFIN-CALTAGIRONE-ANIMA-BPM - UNA VERSIONE IN APERTO CONFLITTO CON QUELLA DI GIORGETTI, CHE IL 29 LUGLIO 2025 ALLA CONSOB DISSE: “NON C’È STATA ALCUNA INTERLOCUZIONE, CONTATTO O SCAMBIO” - A QUESTO PUNTO, CHI RISCHIA DI FINIRE NEI GUAI CON LA PROCURA DI MILANO NON SONO SOLO I “FURBETTI DEL CONCERTINO”, MA LA STESSA CONSOB GUIDATA DA PAOLO SAVONA CHE, COME AUTORITÀ DI VIGILANZA DEL MERCATO FINANZIARIO, NON HA RILEVATO NEL SUO DOCUMENTO DI “ASSOLUZIONE” SULLA PRESUNTA CONCERTAZIONE DEI CALTA-MELONI, NESSUNA DISCORDANZA TRA LE DICHIARAZIONI DI CALTAGIRONE E DI GIORGETTI…