NEL SUO ULTIMO DISCORSO SULLO STATO DELL’UNIONE, OBAMA MINIMIZZA IL PERICOLO TERRORISMO SUL SUOLO AMERICANO ANCHE SE PER IL 51% DEGLI AMERICANI E’ IL PROBLEMA NUMERO UNO (E TRUMP CI SGUAZZA) - IL PRESIDENTE HA ADOTTATO NUOVE MISURE PER RAFFORZARE I CONTROLLI SULLA VENDITA DELLE ARMI
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
C'è qualcosa che non torna se si mettono a confronto le priorità di politica interna indicate dal presidente e quelle vissute, più o meno emotivamente, dall' opinione pubblica americana. Per Barack Obama le urgenze sono ancora l' economia o il controllo del commercio delle armi. Per il 51% dei cittadini, secondo un sondaggio della Gallup , l'emergenza numero uno è il terrorismo di matrice islamica. Un' altra ricerca condotta da New York Times-Cbs News segnala che il 44% degli interpellati ritiene sia molto probabile un violento attacco nei prossimi mesi. È un livello di allarme che non si registrava dalle settimane successive all' 11 settembre 2001.
Questo è stato il passaggio più delicato del Discorso sullo Stato dell' Unione che Obama ha pronunciato ieri sera alle 21 (le tre del mattino in Italia). Il numero uno della Casa Bianca ha anticipato i temi e soprattutto i toni del suo ultimo consuntivo davanti al Congresso in un' intervista alla radio pubblica Nbc . Premessa auto elogiativa: «Non potrei essere più orgoglioso di quello che abbiamo compiuto. L' America resta di gran lunga il Paese più forte al mondo». Poi il punto più atteso: «Sul fronte terrorismo non ci sono minacce per la nostra esistenza».
Il 30 dicembre scorso l'Fbi avvertì che c' erano minacce specifiche per tre città: Washington, Los Angeles, New York. Tutta l'America ha vissuto in diretta il count down della notte di Capodanno in Times Square, mentre la metropoli della Grande Mela era presidiata da circa 6 mila poliziotti. Quelle immagini della città blindata, quei controlli ossessivi, quei cavalli di frisia per chiudere il lato sud di Central Park, evidentemente, hanno impressionato gli americani più di quanto abbiano saputo fare le parole rassicuranti del presidente.
Probabilmente Obama e i suoi esperti hanno ragione quando valutano gli elementi finora a disposizione. Sul territorio degli Stati Uniti non sembrano essersi radicate organizzazioni pericolose. L'insidia arriva da «lupi solitari», mini-cellule, come i due apprendisti della Jihad, marito e moglie, che il 2 dicembre hanno ucciso 14 persone a San Bernardino, in California.
Il problema è che quando si parla di terrorismo, non è con la razionalità, non è con il calcolo della probabilità che si tranquillizza la popolazione. Secondo la ricostruzione del New York Times, il tema è stato al centro di un lungo confronto tra Obama e il suo staff di comunicatori.
Ciò che colpisce, però, è proprio l'approccio del presidente. Nei giorni scorsi Obama ha adottato in solitaria misure per rafforzare i controlli sulla vendita delle armi, sbattendo brutalmente in faccia agli americani le storie personali delle singole vittime, dei feriti nelle stragi più assurde.
Ma quando vira sul terrorismo è come se capovolgesse il cannocchiale: anziché soffermarsi sui singoli casi, si preoccupa del quadro generale e, quindi, inevitabilmente, minimizza il pericolo. I rischi di questa impostazione sono intuibili: che cosa dirà il presidente nel malaugurato caso di un attentato devastante sul territorio nazionale?
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Chi distinguerà tra minaccia interna o pericolo arrivato da fuori, come accadde con le Torri Gemelle? Due domande che sono già diventate il perno della campagna elettorale di tutti i candidati repubblicani. Dal rumoroso Donald Trump fino al più riflessivo e più liberal Rand Paul, tutti provano a lucrare sulla «debolezza di Obama». Ai pretendenti democratici, Hillary Clinton e Bernie Sanders, tocca il difficile compito di arginare questa offensiva.