di maio luigi gallo

FUGA DAL MOVIMENTO - NELLE CHAT RISERVATE RIMBALZANO CON INSISTENZA I NOMI DEI PROSSIMI SETTE PARLAMENTARI PRONTI A LASCIARE IL M5S - ALLE MOSSE DI FIORAMONTI GUARDANO ALTRI EX 5 STELLE ISCRITTI AL MISTO - MA IL NOME CHE PIÙ PREOCCUPA DI MAIO È QUELLO DI LUIGI GALLO. AMICO DI BEPPE GRILLO E VICINISSIMO A ROBERTO FICO, IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE CULTURA È STATO PIÙ VOLTE IN CORSA PER UN MINISTERO…

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

Dire che il Movimento rischia l'implosione è ormai un eufemismo. L'addio di Lorenzo Fioramonti e la cacciata di Gianluigi Paragone rivelano quanto profonda sia la piaga che si è aperta nel cuore, nell' anima e nella pancia del M5S. La scissione tanto paventata sembra essere già in atto.

lorenzo fioramonti

 

Per averne conferma basta leggere le parole con cui Alessandro Di Battista spezza il ritrovato asse con il capo politico e si schiera a tempo di record dalla parte dell' amico «eretico», espulso dai probiviri: «Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali». Dove la scelta del termine «grillino», poco gradito a Luigi Di Maio e compagni, è il tentativo di mettere in fuorigioco il capo politico. Giorgio Trizzino su Affaritaliani.it dà voce a dubbi e sospetti: «Di Battista non pensa tanto alla ricostruzione del M5S, quanto alla sua demolizione».

 

luigi di maio lorenzo fioramonti 1

La spaccatura sembra insanabile, la posta in palio non è mai stata così alta. «È sbagliato espellere gli anticorpi - contesta Di Maio la senatrice Barbara Lezzi, da mesi sul piede di guerra - Paragone è e resta un mio collega». Sul piatto della bilancia c' è la tenuta dei gruppi parlamentari e quindi del Conte bis, c' è la leadership del ministro degli Esteri e c' è l' identità stessa dei 5 Stelle.

 

Messo alla porta, Paragone rischia di diventare un' altra potente calamita dello scontento e di attrarre, oltre che molti attivisti delusi, anche qualche senatore al secondo mandato, pronto a fare i bagagli pur di garantirsi un terzo giro di giostra. Un altro enorme problema per Di Maio, che teme un attacco al suo ruolo da parte del tandem Paragone-Di Battista e che rischia di presentarsi indebolito al tavolo della verifica di governo.

barbara lezzi

 

Non solo l' espulso e l' amico «Ale» sono visti come filoleghisti, ma Giorgia Meloni ha già iniziato a corteggiarli: «Normale che chi ha un briciolo di dignità si senta allo sbando...».

«Non c' è nessuna scissione», rassicurano i vertici del Movimento. Ma il pallottoliere del Parlamento è impietoso e registra che alla Camera i deputati sono scesi da 222 a 216. E altri sono pronti a uscire. Fioramonti lavora alla sua creatura politica, che dovrebbe chiamarsi Eco e partire al più presto come componente del gruppo Misto.

 

Le sirene dell' ex ministro, vicino a Grillo e lontano anni luce da Di Maio, si stanno rivelando molto attrattive. «Siamo già una dozzina e presto potremmo arrivare a venti e formare un gruppo autonomo», fa di conto un deputato già arruolato. Nelle chat riservate rimbalzano con insistenza crescente i nomi di Nadia Aprile, Rachele Silvestri, Massimiliano De Toma, Andrea Vallascas, Roberto Cataldi, Nunzio Angiola e Gianluca Rospi.

LUIGI GALLO M5S

 

Alle mosse di Fioramonti guardano altri ex 5 Stelle iscritti al Misto, come Gloria Vizzini, Sara Cunial, Veronica Giannone e Andrea Cecconi, che i vertici hanno allontanato per lo scandalo rimborsi, per poi pentirsene. Verso Fioramonti si muove anche il radicale Alessandro Fusacchia, ora nel Misto. Ma il nome che più preoccupa Di Maio è quello di Luigi Gallo. Amico di Beppe Grillo e vicinissimo a Roberto Fico, il presidente della commissione Cultura è stato più volte in corsa per un ministero. In contatto con Fioramonti, con cui si disse che stava orchestrando la scalata alla leadership, se non lascia è solo perché ci sta dentro da un decennio.

 

Sono numeri importanti, che possono terremotare il gruppo parlamentare e far ballare il governo. Soprattutto se il fuggi-fuggi dovesse riprendere anche al Senato, dove Grassi, Lucidi e Urraro hanno sbattuto la porta per seguire Salvini e dove la maggioranza è sul filo. «Altri usciranno presto», prevedono i rumors di Palazzo Madama.

GIANLUIGI PARAGONE E ALESSANDRO DI BATTISTA

 

Eppure Di Maio sembra non curarsene. Mostra di non fiutare le insidie e i veleni e sembra persino ansioso di liberarsi di altre «zavorre», tanto da minacciare sanzioni e verdetti dei probiviri per quei parlamentari che si rifiutano di versare quota dei loro stipendi al Movimento. «E se Paragone fosse solo l' inizio di una serie di espulsioni?», si chiede su Twitter l'ex ideologo Paolo Becchi.

 

Con larga dose di malizia, Paragone ha lanciato sul web una ventina di nomi di «rimborsi quota zero», da Acunzo ad Aprile, da Cappellani a Del Grosso. Il resto delle tensioni sottotraccia le ha scatenate Davide Casaleggio con il post del 30 dicembre su Facebook, in cui ha accusato 120 parlamentari di essere in conflitto di interessi. Fuoco amico, per colpire i tantissimi che si lamentano delle restituzioni.

DAVIDE CASALEGGIO ALL ONU

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…