cingolani guerre puniche

“NON SERVE STUDIARE QUATTRO VOLTE LE GUERRE PUNICHE, SERVE CULTURA TECNICA PER LE PROFESSIONI DEL FUTURO COME IL DIGITAL MANAGER” - LE PAROLE DEL MINISTRO CINGOLANI SCATENANO UN PUTIFERIO – IL CONTROCANTO DI GRAMELLINI: "CIAMPI ERA LAUREATO IN LETTERE E MARCHIONNE IN FILOSOFIA. ANCHE DRAGHI HA STUDIATO ANNIBALE, IL MAX ALLEGRI DELL’ANTICHITÀ, AL CLASSICO E NON MI SEMBRA CHE COI NUMERI SE LA CAVI POI COSÌ MALE..."

Massimo Gramellini per il "Corriere della Sera"

 

CINGOLANI

Vorrei difendere una causa persa e dire al ministro della transizione ecologica Cingolani che sono completamente d'accordo a metà con la sua affermazione riguardo alle guerre puniche: «Non serve studiarle quattro volte, serve cultura tecnica per le professioni del futuro come il digital manager». Studiare quattro volte male le guerre puniche, magari no.

 

Ma un paio di volte bene, una alle medie e una al liceo, servirebbe eccome anche ai futuri digital manager. Imparerebbero l'arte del surplace da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, la vischiosità degli ozi di Capua e l'importanza di conoscere i punti deboli dell'avversario per colpirlo in contropiede, testimoniata a Canne da Annibale, il Max Allegri dell'antichità. Il dilemma è così antico che se ne discuteva già ai tempi delle guerre puniche: la scuola deve fornire conoscenze tecniche o gli strumenti mentali per acquisirle?

MASSIMO GRAMELLINI

 

Deve assomigliare a un motorino che ti porta da qualche parte, ma mai troppo lontano, o a una cyclette che non ti porta da nessuna parte, ma ti costruisce i muscoli per andare ovunque? Il mio prof di latino diceva sempre: «Io non vi insegno i come ma i perché , dato che i come cambiano di continuo mentre i perché si applicano a qualsiasi cosa affronterete in futuro». Non so se avessero conosciuto il mio prof, ma Ciampi era laureato in lettere e Marchionne in filosofia. Anche l'attuale presidente del Consiglio ha studiato Annibale al classico e non mi sembra che coi numeri se la cavi poi così male.

 

2 - GUERRE PUNICHE O CULTURA TECNICA

GUERRE PUNICHE 11

Emanuela Minucci per "la Stampa"

 

Nel saggio Le due culture e la rivoluzione scientifica del 1959 il fisico Charles P. Snow raccontava della «nuova frattura venutasi a creare tra umanisti e scienziati», biasimando quei «letterati sedicenti intellettuali che, arroccati nel loro sapere erudito, si dimostravano incapaci di cogliere la portata delle scoperte scientifiche».

 

A quei tempi non c'era Twitter, ma per mesi nelle università e nei licei non si parlò d'altro. Le frasi pronunciate l'altra sera al Tg2 Post dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, invece - «Non serve studiare quattro volte le guerre puniche, occorre cultura tecnica.

 

Dobbiamo formare i giovani per le professioni del futuro, quelle di digital manager per esempio» - hanno scatenato non pochi cinguettii diventando trend topic per tutta la giornata.

 

massimo gramellini

Chi conosce bene il ministro-scienziato spiega che quella delle lezioni sulle guerre puniche replicate come una soap opera è un suo cavallo di battaglia e che fin dai tempi in cui fondò l'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova ne fece il paradigma di una scuola passatista e arretrata. Ma quelle stesse frasi pronunciate da ministro in tv hanno fatto saltare sulla sedia più di un insegnante di storia e strappato un «era ora» ai colleghi nerd con cattedra scientifica.

roberto cingolani mario draghi cop26

 

«Il ministro Cingolani», osserva il matematico Piergiorgio Odifreddi, «ha toccato un nervo scoperto della scuola italiana, che è figlia della riforma Gentile, definita da Mussolini stesso "la più fascista delle riforme fasciste".

 

La separazione tra umanesimo e scienza, riflessa nella contrapposizione tra il liceo classico, per le future classi dirigenti, e gli istituti tecnici per i futuri lavoratori, è anacronistica: non esiste ad esempio nelle high school americane, dove gli studenti studiano materie sia umanistiche sia scientifiche, secondo piani di studio individuali e non collettivi».

 

Aggiunge: «I parrucconi nostrani, che ancora pensano che il greco e il latino siano gli strumenti principali per comprendere il mondo, sono i padri naturali degli antiscientisti odierni, che da un lato diffidano dei vaccini scientifici, ma dall'altro credono nei miracoli religiosi. Urge una radicale riforma della scuola, che la metta finalmente al passo coi tempi».

ANNIBALE GUERRE PUNICHE

 

Dialettica la posizione dello storico Gianni Oliva che si scandalizza di fronte alla minestra riscaldata in cattedra delle guerre puniche: «Premesso che non si insegnano quattro volte, ma tre, pensare che la storia si studi troppo al liceo è un errore, i programmi di oggi prevedono due ore di insegnamento a settimana, la seconda delle quali è spesso è sacrificata all'italiano.

 

La scuola deve formare sì i tecnici, ma anche i cittadini, e io sono il primo a sostenere che nella scuola secondaria si potrebbe fare a meno delle guerre puniche, infatti auspico che il programma delle superiori cominci dalla Rivoluzione francese per arrivare poi al presente del mondo globalizzato». Forte della sua esperienza da preside, incalza: «Volendo privilegiare il sapere scientifico e tecnico bisogna però cominciare dalle basi, vale a dire dalle strutture di cui dovrebbero essere dotate tutte le scuole, a partire da un computer per ogni studente».

ROBERTO cingolani

 

È invece tranchant il geologo Mario Tozzi: «Con queste dichiarazioni Roberto Cingolani ha dimostrato di non essere il ministro giusto per seguire le materie ambientali. L'ambiente è questione di cultura, non solo di cultura tecnica. Non sapremmo molto del clima utilizzando soltanto i satelliti senza conoscere lo sviluppo storico dei fenomeni. E anche le guerre puniche sono espressione della storia della Terra: se non ci fosse stata una certa conformazione geologica, in quel punto Cartagine non ci sarebbe stata e avremmo parlato di un'altra storia degli uomini».

 

greta thunberg con roberto cingolani

Chi si è dedicato con passione allo studio delle guerre puniche come Giovanni Brizzi, professore di Storia romana all'Università di Bologna, respinge con eleganza l'attacco di Cingolani: «Le materie tecniche sono senz' altro importantissime, ma attenzione: privilegiando solo queste può finire come ai primordi della Royal Society, quando si privilegiava l'industria alla scienza, finendo col nominare presidenti uomini provenienti dalla finanza e dall'economia e in qualche modo emarginando un genio come Isaac Newton, uomo della grande sintesi».

 

Conclude: «Ciò detto, conoscere la storia, e in particolare quella delle guerre puniche, può essere molto utile anche per leggere la modernità o indurci a scoprire la ragione che rese possibile la vittoria di Roma su Cartagine, ovvero la straordinaria capacità della prima di assorbire le popolazioni dell'Italia centrale che ne avevano fatto una civitas, mentre Cartagine era rimasta una polis dalle risorse umane infinitamente inferiori».

 

A sorpresa, con il ministro della Transizione ecologica si schiera invece Paolo Mieli che ieri su Twitter ha scritto: «Fanno discutere le parole di #Cingolani sulle guerre puniche, da storico dico che ha perfettamente ragione; io dovrei dire "la storia non si tocca", invece penso che la storia a scuola vada fatta bene, fare più volte le guerre puniche significa farla male».

roberto cingolani a cernobbio

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