IL PAESE DEI DOSSIERINI – DALLE CARTE DELL’INCHIESTA DI PERUGIA, PARTITA DALLA DENUNCIA DI CROSETTO, EMERGE CHE IL FINANZIERE PASQUALE STRIANO AVREBBE VIOLATO CONTI CORRENTI E 740 DI POLITICI, VIP DELLO SPETTACOLO E DELLO SPORT: 800 ACCESSI RITENUTI ILLEGALI – SPIATI CINQUE MINISTRI (TRA I QUALI LO STESSO CROSETTO, URSO E LOLLOBRIGIDA), FAZZOLARI, RENZI, CONTE, MARTA FASCINA. E POI FEDEZ, ANDREA AGNELLI, MASSIMILIANO ALLEGRI E CRISTIANO RONALDO – SEDICI GLI INDAGATI, TRA CUI CINQUE GIORNALISTI (TRE DEL “DOMANI”) E IL PM ANTIMAFIA LAUDATI – IL DIRETTORE DEL “DOMANI”, EMILIANO FITTIPALDI: “DI FATTO LA PROCURA DI PERUGIA IMPUTA AI NOSTRI GIORNALISTI UNA SOLA COSA: AVER FATTO BENE IL PROPRIO LAVORO”
ECCO TUTTI I POLITICI E I VIP SPIATI. SEDICI GLI INDAGATI, TRA CUI IL PM ANTIMAFIA LAUDATI
Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per “la Repubblica”
L’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. La deputata e moglie di Sivio Berlusconi, Marta Fascina. I ministri Guido Crosetto, Alfredo Urso, Francesco Lollobrigida, Gilberto Pichetto Fratin, Marina Elvira Calderone, i sottosegretari Giovanbattista Fazzolari, Claudio Durigon e Andrea Delmastro. E ancora il deputato Fabio Rampelli, Denis Verdini, l’avvocato Piero Amara, Olivia Paladino, la compagna di Giuseppe Conte, Irene Pivetti, Marco Carrai, il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina e l’imprenditore Gaetano Caltagirone.
Sono alcuni dei nomi che si leggono nelle carte dell’inchiesta di Perugia sulle attività di accesso illecito alle banche dati e presunto dossieraggio a carico del luogotenente della Finanza Pasquale Striano, fino a qualche mese fa in servizio alla Direzione nazionale antimafia.
I “nomi nuovi"
Dalle 66 pagine dell’invito a comparire inviato da Perugia a Striano emergono personaggi noti non solo della politica e dello spettacolo (Striano ha interrogato i database su Fedez), ma anche dello sport, con un particolare interesse sulla Juventus: figurano Andrea Agnelli (su di lui una ricerca nel 2021, quando era presidente della Juventus), Massimiliano Allegri e il calciatore Cristiano Ronaldo.
Gli accessi abusivi
Striano è accusato di aver effettuato centinaia di accessi abusivi agli archivi, in assenza di un qualsiasi input investigativo. Si tratta, però, di una goccia nel mare: nel lunghissimo capo di imputazione, infatti, vengono contestati a Striano circa 800 episodi di intrusione illecita su un totale di 5.000 accessi a database statali da lui fatti dal 2018 fino a qualche mese fa in qualità di funzionario della Dna a capo del “Gruppo Sos”.
Le contestazioni a Laudati
Striano procedeva a strascico. «Solo per motivi di indagine», ha spiegato inizialmente lui. Abusando del proprio ruolo, secondo la procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone. Anche perché spesso le ricerche partivano da richieste di giornalisti: cinque sono quelli indagati, su un totale di sedici persone sotto inchiesta. Tra di esse anche il sostituto procuratore della Dna, Antonio Laudati, all’epoca dei fatti responsabile della sezione che gestiva le Segnalazioni di operazione sospette (Sos) provenienti dalle banche e dagli istituti finanziari. A Laudati sono contestati 4 episodi. Sui quali si dichiara «assolutamente estraneo» […]
Lo spionaggio di Striano
La procura di Perugia ritiene di avere le prove dello spionaggio di Striano, che cercava informazioni sensibili su politici, imprenditori, uomini della finanza e dello sport: ci sono accessi alle banche dati delle Sos, a quelle tributarie e al sistema interno della Dna che conserva anche documenti giudiziari. I reati contestati sono, a vario titolo, quelli di accesso abusivo a sistemi informatici e banche dati, falso e divulgazione di informazioni riservate.
La nascita dell’indagine
L’indagine è nata un anno fa da un esposto del ministro della Difesa Crosetto dopo che su un quotidiano era stato pubblicato un documento relativo alla sua dichiarazione dei redditi e a compensi percepiti da Leonardo. Il fascicolo era finito sul tavolo della procura di Roma e sembrava una banale inchiesta su una fuga di notizie, con la caccia alla fonte dei giornalisti. Una volta risaliti a Striano le cose però si sono complicate perché ci si è trovati di fronte a una mole importantissima di accessi. E al possibile coinvolgimento di un magistrato della Dna, Antonio Laudati. Per questo gli atti sono stati inviati a Perugia.
2 - DARE NOTIZIE VERE È UN LAVORO SEMPRE PIÙ DIFFICILE
Emiliano Fittipaldi per “Domani”
emiliano fittipaldi foto di bacco
Il pool dei giornalisti investigativi di Domani è finito, quasi al gran completo, sotto inchiesta. Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine sono tutti indagati dai magistrati della procura di Perugia, che di fatto imputa loro – a leggere le carte dell’accusa – una sola cosa: aver fatto bene il proprio lavoro. Che è quello di trovare buone fonti, ottenere notizie segrete sui potenti di pubblico interesse, verificarle e infine pubblicarle.
A beneficio unico dei lettori e della pubblica opinione. Senza mai tenere informazioni rilevanti nel cassetto, come troppe volte capita nella nostra professione. A Domani non accade mai: la regola aurea in redazione è pubblicare sempre, e pubblicare tutto. Secondo i pm guidati da Raffaele Cantone, però, realizzare inchieste giornalistiche con l’ausilio di carte vere ottenute da fonti giudiziarie è un reato, da condannare severamente: per le fughe di notizie i giornalisti di Domani rischiano ora fino a cinque anni di carcere.
Un fatto grave: mai era accaduto che fosse indagato l’intero pool d’inchiesta di uno dei pochi giornali d’opposizione del paese. Accusato non di aver diffamato politici, faccendieri o mafiosi, né di aver spacciato notizie fasulle, ma incriminato per aver scritto la verità sui tesorieri della Lega nord, sui prestiti e gli affari di Matteo Renzi, sui soldi alle fondazioni politiche, sulla distrazione di fondi pubblici, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sui circuiti di riciclaggio dei capitali mafiosi.
Decine e decine di inchieste giornalistiche che hanno caratterizzato la storia del nostro giovane quotidiano, finite ora nel mirino dei giudici e di alcuni giornali (che pure quelle notizie hanno rilanciato, e che infinite altre volte sono stati protagonisti di fughe di notizie riservate) che ventilano nientemeno l’ipotesi di «spionaggio e dossieraggio». Parole infamanti per chi fa il proprio lavoro con la schiena dritta, senza abbeverarsi alle fontane (e veline) dei potenti di turno, ma provando sempre a informare in maniera indipendente, talvolta a rischio della propria pelle (Tizian ha vissuto per lustri sotto scorta a causa delle minacce della ’ndrangheta).
raffaele cantone foto di bacco
In questo attacco alla libertà di stampa – voluto o meno è indifferente: il risultato è questo – c’è un’aggravante. Le indagini sui giornalisti sono partite grazie a un esposto del ministro Guido Crosetto, fedelissimo della premier Giorgia Meloni, a cui non sono piaciuti alcuni articoli di Domani che segnalavano il suo palese conflitto di interessi al tempo della nomina alla Difesa: consulente per poco meno di un milione di euro l’anno di Leonardo prima, titolare del ministero preposto all’acquisto di armi dalla medesima società dopo.
Impossibilitato a depositare querela per diffamazione, visto che i dati sui suoi business erano veri (lo stesso ministro aveva spiegato qualche mese prima che non avrebbe potuto per questioni di opportunità sedersi sulla poltrona di palazzo Baracchini), Crosetto ha preferito fare una mossa a sorpresa, e ha chiesto ai magistrati di scovare la fonte dei giornalisti.
I pm e la guardia di finanza si sono messi al lavoro e, una volta individuato il pubblico ufficiale sospetto, hanno deciso di iscrivere nel registro degli indagati non solo il presunto whistleblower (l’indiziato è il finanziere Pasquale Striano, accusato anche di altre fattispecie in cui Domani nulla c’entra), ma anche i nostri cronisti. Nulla è più noioso e sterile di un giornale che si parla addosso guardandosi il buco dell’ombelico. Ne avremmo fatto volentieri a meno.
L’episodio però è simbolico di un clima sempre più cupo che avvolge il libero giornalismo italiano: dalle leggi bavaglio che impediscono ai media di riportare le ordinanze di arresto alle querele sistemiche di membri del governo contro la stampa non allineata; dall’acquisizione dei tabulati telefonici ordinati dalla procura di Roma sui cellulari di giornalisti di Report (per individuare le fonti dello scoop dell’incontro tra Matteo Renzi e la spia Marco Mancini) fino all’intercettazione dei reporter da parte dei pm che indagavano sulle ong.
raffaele cantone presidente della corte
Dare notizie di rilievo su politici, aziende di Stato e criminali è diventato un lavoro a rischio. Ma promettiamo ai nostri lettori, unici nostri padroni, di continuare a farlo.
Anche a costo di infrangere le regole continueremo a onorare l’articolo 21 della Costituzione, tentando di illuminare il buio dentro il quale pezzi del potere amano muoversi lontano da occhi indiscreti.