giuseppe conte luigi di maio nicola zingaretti

PD E M5S INCAZZATI CON CONTE: È TUTTO FERMO, TRANNE LA MACCHINA DELLE NOMINE (A LUGLIO NUOVA INFORNATA NELLE SOCIETÀ PARTECIPATE) - I DEM FURIOSI CON GUALTIERI: NEL DECRETO RILANCIO, UNA “MANINA” HA INFILATO UNA NORMA CHE CONSENTE AL MINISTERO DELL'ECONOMIA DI AGGIRARE LE SCELTE DI BILANCIO DECISE DALLE CAMERE - DI MAIO SPINGE PER PORTARE IN AULA ALLA CAMERA LA LEGGE ELETTORALE. MA SE LA RIFORMA DOVESSE SALTARE SU UN VOTO A SCRUTINIO SEGRETO...

Francesco Verderami per “il Corriere della Sera”

 

Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte

È tutto fermo, i dossier di governo non si chiudono, il «piano di Rinascita» resta il titolo di una cartellina vuota, ma in compenso la macchina delle nomine a palazzo Chigi non conosce sosta e come la fabbrica di San Pietro si prepara a elargire incarichi. Il prossimo giro è previsto per la prima metà di luglio: decine di posti in società controllate dalle grandi partecipate - da Rfi fino a Rai Way - saranno il menù di un nuovo pranzo di gala del potere, direttamente gestito dal premier.

 

E poco importa che gli Stati generali dell'economia si siano risolti in un'esibizione di karaoke, o che i ministri ormai si facciano beffe del primus inter pares: «Che fa Conte? È in conferenza stampa». La verità è che tra un annuncio e l'altro il presidente del Consiglio estende i suoi confini lì dove conta, sebbene la sua maggioranza conti ogni giorno nuove defezioni nei due rami delle Camere. Da ieri a Palazzo Madama la coalizione di governo è scesa formalmente sotto «quota 161», soglia minima per i voti qualificati che servono ad esempio per approvare gli scostamenti di bilancio.

nicola zingaretti giuseppe conte

 

Così le suppletive per il collegio in Sardegna, rimasto vacante dopo la morte di un senatore grillino, acquisiscono una qualche importanza. Ma fino a un certo punto, perché persino l'aritmetica in Parlamento è diventata un'opinione: come spiega sibillino un autorevole ministro guardando verso l'alto, «finché Conte sarà coperto resterà un intoccabile».

 

Resta solo quel fastidioso brusio di sottofondo proveniente dal Parlamento, dove c'è ancora chi pone questioni legate al tema della democrazia, e dove un costituzionalista dem come Ceccanti solleva un «problema istituzionale» che la Meloni aveva già definito uno «scandalo istituzionale»: nel decreto Rilancio è presente una norma che consente al ministero dell'Economia di aggirare le scelte di bilancio decise dalle Camere, «che se l'avesse fatto Tremonti - riconosce con onestà intellettuale l'esponente del Pd - avremmo tirato su le barricate».

 

roberto gualtieri

Al Nazareno gli uomini della segreteria sono andati fuori di testa, sospettano che il codicillo sia stato scritto da una «manina» del Mef e che Gualtieri l'abbia assecondata. Tanto basta per capire quale sia il rapporto tra il partito e il loro ministro dell'Economia, definito «succube di Conte», e che «quando viene in Parlamento sembra Maria Antonietta...».

 

Ma di rivoluzioni nel Palazzo al momento non c'è sentore. Il malessere del Pd verso il premier - accusato di «accentrare e rinviare» - si riproduce nei penultimatum a giorni alterni di Zingaretti, che però - sussurrano gli stessi dem - «alla lunga rischiano di apparire manifestazioni di impotenza». Né Renzi sembra oggi intenzionato a esporsi, anzi in vista del nuovo giro di nomine si mostra un paladino del governo e dice con ostentazione che «difendere Conte sta diventando un lavoro usurante».

renzi di maio

 

Che siano i suoi ex compagni a trovare una soluzione. Ma quale? Franceschini nei colloqui riservati di partito avvisa che se l'esecutivo cadesse «non sarebbe poi facile ricomporre il quadro. È tutto molto rischioso. Eppoi - conclude sempre malizioso - su cosa dovrebbe cadere?».

 

In effetti se è tutto fermo, se non si decide su Alitalia, se si posticipa su Ilva o su Autostrade, se si rinvia sui decreti sicurezza, manca il tema, il pretesto, il luogo dell'eventuale agguato. È vero, nella maggioranza Pd e M5S (tendenza Di Maio) stanno provando a forzare i tempi per portare in Aula alla Camera la legge elettorale, così da farla varare da un ramo del Parlamento entro l'estate: d'altronde fa parte degli accordi di governo.

 

mattarella franceschini

Ma se la riforma dovesse saltare su un voto a scrutinio segreto, chi mai potrebbe aprire la crisi sul proporzionale nel bel mezzo della crisi economica? Incastrata alla meta, la maggioranza geme ma non reagisce. E Conte ha un solo problema: annunciare ogni giorno qualcosa. Ieri pensava di poter usare il decreto Semplificazioni, ma siccome si è deciso di non decidere, ha preferito insistere con la storiella della riduzione dell'Iva. Lascia che i partiti si sfoghino parlando di rimpasto, lui intanto si dedica alle nomine.

 

 

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