LORENZO GUERINI, IL PORTATORE D’ACQUA DI RENZI - PERNA: “E’ IL NOBILE REGGICODA, COME AMATO LO ERA CON CRAXI. VECCHIA SCUOLA DC, UOMO DI ORGANIZZAZIONE, MAGO DELLA MEDIAZIONE, NON SI CAPISCE SE E’ UN È UN MITE O UNA LENZA”

lorenzo guerinilorenzo guerini

Giancarlo Perna per “Libero quotidiano”

 

Per inquadrare la questione ripensiamo al rapporto tra Bettino Craxi e Giuliano Amato. Così è quello tra Matteo Renzi e Lorenzo Guerini: Don Chisciotte e Sancio Panza. Craxi era uno spaccamontagne che lasciava al grigio Amato le gatte da pelare esattamente come fa quel rodomonte di Renzi col mite Guerini. Non è la sola affinità tra Giuliano e Lorenzo, i portatori d’acqua.

 

In perfetto parallelo, infatti, il quarantottenne Guerini svolge oggi il ruolo di nobile reggicoda del premier Renzi all’età esatta in cui Amato faceva, con competenza, lo zerbino del premier Craxi nel 1986. Una generazione li separa, il destino li accomuna. Da un anno, Lorenzo ci appare ai pasti col mesto sorriso, i capelli grigi a spazzola, le frasi pacate. Ha il tono del fattore che, anche se la mucca è morta e il vitello pure, rassicura: «Tout va bien Madame la Marquise».

 

lorenzo guerini intervistatolorenzo guerini intervistato

Uno stile, frutto di antica scuola dc, che Guerini ha assorbito nella natia Lodi, quieta provincia dell’entroterra milanese. In proposito c’è un risvolto che illustra come il nostro uomo non si scomponga nemmeno se si contraddice. Diventare provincia era una vecchia aspirazione dei lodigiani che, negli anni ’90, crearono un comitato per favorirne la nascita. Tra i promotori, un giovanissimo Guerini che, centrato l’obiettivo, fu eletto nel 1995 primo presidente dell’Ente appena nato.

 

Era, con i suoi 28 anni, il più giovane d’Italia a ricoprire il ruolo. Si fece onore e restò in sella per due mandati. Ma il punto è un altro. Dopo essere stato un fan di questa istituzione - avendola promossa e presieduta -, si è messo alla testa, per conto di Renzi, dell’ondata anti province culminata - aprile del 2014 - nella legge che le ha svuotate. È stata così travolta anche la Provincia di Lodi che lui stesso aveva voluta considerandola cosa buona e utile.

lorenzo guerini enrico gasbarralorenzo guerini enrico gasbarra

 

L’ha uccisa senza una piega dopo esserne stato l’ostetrico. C’è un insegnamento nella vicenda? Lorenzo è forse un Catilina capace di tutto? O un uomo senza convinzioni preoccupato solo di obbedire al capo? Non ho risposte. Nel mondo di Renzi, Guerini è preposto all’organizzazione. Se nasce un problema nel Pd, del quale è vicesegretario, ne cura l’istruttoria. La questione passa poi a Luca Lotti, scarmigliato sottosegretario di Palazzo Chigi.

 

Il tocco finale spetta al premier. In genere, però, tutto si risolve nella fase affidata a Guerini considerato un mago della mediazione, dotato di biblica pazienza, incapace per natura di litigi e brusche rotture. Si ricorda che quando militava nel Ppi fu eletto presidente della provincia anche con i voti dei Pds e di Rifondazione. A furia di chiacchiere badiali aveva convinto le sinistre che allearsi era meglio che guardarsi in cagnesco. Si disse allora: «Ha la capacità di farti prendere decisioni che lui in realtà ha già preso».

 

Lorenzo Guerini e Guglielmo Epifani Lorenzo Guerini e Guglielmo Epifani

C’era già per intero, l’uomo chiave del patto del Nazareno. Guerini ha infatti assistito fin dal primo incontro - quello del 18 gennaio 2014 - al flirt tra il Cav e Renzi durato un anno. Con loro sempre Gianni Letta. Come dire che i due protagonisti, ciascuno fumantino a modo suo, si portava dietro la propria dose di camomilla.

 

Innumerevoli e apprezzati gli interventi di Lorenzo per appianare incomprensioni e bronci, tanto che il suo ruolo vaselinico è stato giudicato superiore a quello dello stesso Letta campione insuperato di mielosità. Il diavolo, tuttavia, si nasconde nei dettagli.

orenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoom orenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoom

 

I più ignorano infatti che se il patto del Nazareno è saltato tre settimane fa, la causa è Guerini. Accadde mercoledì 28 gennaio, giorno antecedente alla prima votazione per il Quirinale. Nel pomeriggio, il Cav e il premier si erano visti a Palazzo Chigi, accompagnati dai soliti due. Renzi aveva parlato di Sergio Mattarella sul Colle, Berlusconi aveva storto il naso.

 

Si salutarono ripromettendosi di ridiscuterne nei giorni successivi, man mano che le votazioni proseguivano, lasciandosi aperto un ampio spiraglio. Inaspettatamente, invece, qualche ora dopo Guerini ha detto a chi gli faceva domande: «Partiamo e finiamo con Mattarella».

 

LORENZO GUERINILORENZO GUERINI

Una frase secca - pare non concordata con Renzi, contrariamente alle ricostruzioni di stampa - che annullava le velleità del centrodestra di accordarsi su un nome diverso, travolgendo - e tradendo - il patto del Nazareno. Perché questo irrigidimento da parte del morbido Lorenzo? Nel Pd ci si è interrogati a lungo. Alla fine, è prevalsa l’idea che Guerini, in preda alla stanchezza, fosse incappato in una banale gaffe.

 

Alla quale però Renzi non avrebbe rimediato per iattanza, accettando la rottura provocata (involontariamente?) dall’altro. L’episodio, una volta di più, pone interrogativi sul nostro Lorenzo. È un mite o una lenza? È un instancabile mediatore o un debole di nervi?

 

Anche qui la sentenza ai posteri. Allevato all’Oratorio di San Lorenzo, il più noto di Lodi, diplomato in ragioneria, laureato alla Cattolica in Scienze Politiche, Guerini fu presto una speranza della Dc locale. Era un bravo figlio, senza grilli per la testa, consapevole di doversela cavare da solo perché né il babbo, impiegato in una vetreria, né la mamma, cuoca nelle scuole comunali, potevano aiutarlo più di tanto.

 

gasbarra guerini bonaccorsi melilligasbarra guerini bonaccorsi melilli

Era un estimatore di Giulio Andreotti dal quale ha attinto la calma sorniona. Fu ammiratore di Ciriaco De Mita per i suoi «ragionamenti» che però non cercò mai di imitare essendo dotato di spirito pratico lombardo. Ebbe invece il soprannome di Arnaldo perché come Forlani, prima di decidere tra il sì e il no, conta fino a dieci e dice «ni».

 

L’apice della sua carriera lodigiana - iniziata come consigliere comunale e proseguita da presidente della Provincia - è stata la carica di sindaco. Fu eletto per la Margherita nel 2005 e rieletto per il Pd nel 2010 restando sempre in classifica tra i sindaci più amati. Alla prima elezione disse la sua frase più ispirata: «La Provvidenza mi ha dato l’occasione di essere chiamato a questo prestigioso incarico. Gli elettori mi hanno consentito di rispondere positivamente alla chiamata».

PROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENOPROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENO

 

Il suo capo corrente nazionale era Giuseppe Fioroni insieme al quale fece zig zag tra i partiti - Dc, Ppi, Margherita, Pd - e al quale è tuttora legato. Mentre era sindaco ci fu lo scandalo della Banca Popolare di Lodi, motore dello sviluppo economico cittadino. È la vicenda dell’ad, Gianpiero Fiorani, che incarnò il detto «chi troppo in alto sal cade sovente, precipitevolissimevolmente».

 

BERLUSCONI ENTRA AL NAZARENOBERLUSCONI ENTRA AL NAZARENO

Fiorani provò a soffiare agli olandesi l’Antonveneta, pestò molti piedi e fu arrestato. Quando ancora nessuno lo immaginava, il sindaco Guerini, che gli era amico, intonò per lui il seguente peana: «Per merito suo il nome di questa città gira per il mondo. Siamo su un palcoscenico internazionale». Dopo il patatrac, Lorenzo si adoperò con successo per salvare i posti di lavoro della Bpl - oltre ottomila - e portare la banca fuori dalla secche attraverso fusioni. Nel 2012, lasciò in anticipo il Municipio per candidarsi deputato. Nelle more, conobbe Renzi e, tra loro, scattò l’attrazione degli opposti. Da allora, si aggirano insieme.

BERLUSCONI ENTRA AL NAZARENOBERLUSCONI ENTRA AL NAZARENO

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…