PIÙ LICENZIAMENTI PER TUTTI - I SINDACATI SI RIBELLANO AL JOBS ACT, PER FASSINA “RENZI SI ALLINEA ALLA TROIKA”. MA PER NCD SI È FATTO TROPPO POCO - CAZZOLA: “ANCORA TROPPI POTERI AI GIUDICI”

1. IL JOBS ACT ALLARGATO AI LICENZIAMENTI COLLETTIVI - RIVOLTA DEI SINDACATI

Roberto Mania per “la Repubblica

 

Cgil e Uil sul piede di guerra, dubbi anche della Cisl Fassina: “Renzi segue la Troika”. Sacconi: “Poco coraggio”

 

susanna camusso e matteo renzi ( 81c337ce6012d7acf9ed403c782f3035susanna camusso e matteo renzi ( 81c337ce6012d7acf9ed403c782f3035

Scoppia il caso dei licenziamenti collettivi. Il governo, infatti, ha deciso che le nuove regole sui licenziamenti si applicheranno sia ai licenziamenti individuali sia a quelli collettivi, cioè riguardanti almeno cinque lavoratori. Quest’ultima è una novità che ha fatto protestare tutti i sindacati, dalla Cgil alla Uil, che già avevano scioperato contro il Jobs Act, fino alla Cisl che invece non l’aveva fatto.

 

A questo punto non è escluso che la partita possa in qualche modo riaprirsi in Parlamento dove i due decreti delegati varati il 24 dicembre (sul contratto a tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali) arriveranno subito dopo la pausa natalizia per ottenere il parere non vincolante delle Commissioni competenti. Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, esponente di una delle minoranze Pd, ha chiesto esplicitamente di modificare quel passaggio.

 

renzi e camussorenzi e camusso

Il rischio politico è però alto perché se il governo dovesse venire incontro alle richieste che provengono da sinistra (secondo Stefano Fassina i decreti sul Jobs Act sono «un’altra tappa del mercantilismo liberista raccomandato dalla Troika») dovrebbe tener conto anche delle critiche dell’Ncd (sfidata da destra da Forza Italia e dalla Lega) che con Maurizio Sacconi ha parlato di «mancanza di coraggio delle grandi scelte».

cesare damiano manifestazione cgilcesare damiano manifestazione cgil

 

La destra, infatti, sosteneva la possibilità che il datore di lavoro potesse sempre optare per l’indennizzo monetario al posto del reintegro pagando di più, e chiedeva anche l’introduzione dello “scarso rendimento” tra i motivi del licenziamento economico. Le due richieste non sono passate.

 

Lo scontro ora si è spostato sui licenziamenti collettivi anche perché, in questo caso, è più evidente la disparità di tutela tra i vecchi assunti e i neoassunti. In estrema sintesi, se un’impresa ha bisogno di ristrutturarsi e di licenziare un certo numero di lavoratori, quelli assunti con le vecchie regole potranno ottenere il reintegro dimostrando l’illegittimità del loro licenziamento (violazione per esempio dell’accordo sindacale), mentre per i neoassunti non ci sarà alternativa all’indennizzo monetario.

 

Ovvio che prima che scoppi un caso del genere ci vorrà un po’ di tempo. Secondo il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy, crisi come quella dell’Electrolux non si risolverebbero più salvando i posti di lavoro ma con «i lavoratori da licenziare scelti senza criteri equi e mandati a casa con una manciata di soldi».

 

sacconi poletti  jobs act in senatosacconi poletti jobs act in senato

 

2. CAZZOLA: “ANCORA TROPPI POTERI AI GIUDICI, SI È PERSA UN’ALTRA OCCASIONE»

Tommaso Montesano per “Libero Quotidiano

 

«Guai a fidarsi di una persona cinica come il presidente del consiglio». Il giuslavorista Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, un passato da parlamentare del Pdl (nella scorsa legislatura è stato vicepresidente della commissione Lavoro della Camera), non è sorpreso da quella che definisce «un’occasione persa». Il riferimento è al Jobs Act, dove «era sciocco sperare che, in sede di decreti delegati, Renzi si sarebbe rimangiato gli accordi che aveva fatto con Cesare Damiano».

 

Ovvero con l’ex ministro del Lavoro, uno dei leader della minoranza pd. Qual è il suo giudizio complessivo sul decreto attuativo del governo sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti?

GIULIANO CAZZOLA GIULIANO CAZZOLA

«In parte di soddisfazione e in parte di delusione».

 

Cominciamo dalla soddisfazione.

«È vero quanto ha sostenuto Renzi: nessun governo, tanto meno quelli di centrodestra, dopo il 2002 aveva osato riformare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Dobbiamo riconoscere che, grazie al dibattito di questi mesi, il totem è caduto nella polvere. I cittadini sono più consapevoli del fatto che le regole in vigore in materia di recesso, anche dopo la riforma Fornero, erano insostenibili».

 

Ora tocca alle delusioni...

«Si sarebbe potuto fare di più e meglio. C’è stato uno spreco di possibile consenso. Si è persa un’occasione, purtroppo, per risolvere del tutto il problema».

 

Eppure, secondo Renzi, l’esecutivo ha realizzato una «rivoluzione copernicana».

RENZI ALFANORENZI ALFANO

«Disturbare Copernico è eccessivo. Dal punto di vista del dibattito culturale c’è stata certamente una svolta. Ciò premesso, le norme del decreto Poletti, stando allo schema, fanno compiere dei passi in avanti significativi per quanto riguarda i licenziamenti economici, la cui disciplina si applica a quelli collettivi solo se non si dà esecuzione alle previste procedure di confronto in sede sindacale. Non è però modificata la sostanza del problema del recesso, che riguarda in prevalenza il licenziamento disciplinare».

 

Cosa non la convince?

marianna madiamarianna madia

«Rimangono troppi ambiti discrezionali ai giudici».

 

In che modo il governo avrebbe dovuto sfruttare meglio l’occasione?

«Nel caso del licenziamento disciplinare sarebbe bastato introdurre il cosiddetto opting out, ovvero riconoscere al datore di lavoro che soccombe la possibilità di optare tra il reintegro e una sanzione di carattere economico».

 

Nella maggioranza di governo il Nuovo centrodestra è costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Il partito di Angelino Alfano rivendica comunque il «passo avanti».

«Che ci sia stato un passo avanti, anche se modesto, è vero. Ma il centrodestra ha compiuto parecchi errori».

 

Il più grande qual è stato?

«Si sono fidati troppo di Renzi e hanno fatto poca attenzione alle norme. Lo schema del decreto attuativo è un figlio legittimo dell’emendamento a prima firma Maria Luisa Gnecchi (Pd), che poi è diventato il testo votato in via definitiva. In questo contesto, è importante che non sia stato manomesso il contratto a termine, acausale per 36 mesi. I datori di lavoro continueranno a preferire questa tipologia, ancorché più onerosa, piuttosto che il nuovo contratto a tutele crescenti: troppo alto il rischio di finire davanti al giudice».

 

«La battaglia non è finita», avverte Ncd. Lei ci crede?

camusso fassina a romacamusso fassina a roma

«Ncd ha, con Maurizio Sacconi, la presidenza della commissione Lavoro del Senato. Un ruolo importante in vista del parere di competenza. Ma il problema è politico».

 

Che intende dire?

«Nessuno crede che Ncd, promuovendo una crisi di governo, sia disposto a segare il ramo su cui sta comodamente seduto... Io avrei consigliato maggiore prudenza nelle parole».

 

Ha ragione Forza Italia a sostenere che la golden share del governo appartiene alla sinistra pd e alla Cgil?

«La Cgil si è messa fuori gioco da sola. La vera vincitrice di questa fase è una parte della sinistra del Pd: ha mediato e portato a casa i risultati. Renzi ha interesse a non rompere con la sinistra dialogante, che gli fa da scudo verso quella più radicale di Sel e della stessa Cgil».

TITO BOERI TITO BOERI

 

L’economista Tito Boeri è la persona giusta per guidare l’Inps?

«Boeri è una persona di grande competenza in materia previdenziale, mentre deve dimostrare di esserlo anche sul piano manageriale, una caratteristica che un presidente di uno dei più grandi enti previdenziali del mondo dovrebbe avere. Ma è indecoroso il modo con cui il governo si è comportato con Tiziano Treu».

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni donald trump - immagine creata con grok

DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRIMA DEL VERTICE BY MACRON, LA DUCETTA AVREBBE AVUTO LA TENTAZIONE DI CHIAMARE TRUMP, MA POI CI HA RIPENSATO. PERSINO LEI HA CAPITO CHE DALL'"IMPERATORE DEL CAOS" AVREBBE RICEVUTO SOLO ORDINI, VISTO CHE CONSIDERA I PAESI EUROPEI SOLO DEI VASSALLI - DAVANTI A UN PRESIDENTE AUTORITARIO CHE DIFFONDE MENZOGNE E RIBALTA LA REALTÀ (“ZELENSKY È UN DITTATORE MAI ELETTO. L’UCRAINA NON DOVEVA INIZIARE LA GUERRA. L'EUROPA HA FALLITO”), SIAMO SICURI CHE L’ANTIPATICO GALLETTO FRANCESE MACRON E L’EUROPA MATRIGNA (CHE COMPRA BTP E DA' 209 MILIARDI DI PNRR) SIANO PEGGIO DI UN INAFFIDABILE AFFARISTA TRAVESTITO DA PRESIDENTE?

donald trump bin salman zelensky putin xi jinping

DAGOREPORT - CHE COSA FRULLA NEL CAPOCCIONE DI DONALD TRUMP? QUAL E' IL SUO PIANO PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE, A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA? - L'AFFARISTA FATTOSI PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI È CONVINTO CHE RILEGITTIMANDO LA RUSSIA DI PUTIN COME POTENZA MONDIALE, MOSCA SI SLEGHI DALL’ABBRACCIO COL SUO NEMICO N°1, LA CINA, E MOLLI L’IRAN AL SUO FATAL DESTINO - MA IL TRUMPONE LA FA TROPPO FACILE, AL PUNTO DA PROVOCARE PERPLESSITÀ IN UN ALLEATO DI FERRO COME IL SAUDITA MOHAMMED BIN SALMAN (NON E' UN CASO CHE RIAD OSPITI IL VERTICE PER LA PACE IN UCRAINA, ANZICHE' NELLA NEUTRALE SVIZZERA) – IL DIALOGO IMMAGINARIO TRA IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA E “THE DONALD” E TUTTE LE VARIABILI CHE TRUMP NON PRENDE IN CONSIDERAZIONE: DALLA REAZIONE CINESE ALLA DEPORTAZIONE DI DUE MILIONI DI PALESTINESI, DALLE SPACCATURE NELL’ISLAM A TAIWAN, PASSANDO PER L'EUROPA...

mediaset matteo salvini marina berlusconi piersilvio giorgia meloni paolo del debbio mario giordano nicola porro

DAGOREPORT – MATTEO SALVINI ATTACCA MARINA BERLUSCONI, REA DI AVER LIQUIDATO TRUMP COME "BULLO", PERCHÉ A MEDIASET NON SE LO FILANO PIÙ: IL CLUB DEGLI ''AMICI DI GIORGIA'' (PORRO-DEL DEBBIO-GIORDANO, CAPITANATO DA SALLUSTI) LO HA ESTROMESSO DAI TALK DI RETE4 – L’INTERVISTA RILASCIATA DALLA CAVALIERA AL ''FOGLIO'' È UN MANIFESTO PER LA FORZA ITALIA GUIDATA DALL'INETTO TAJANI, MARCANDO COSI' LA SUA DISTANZA DA MELONI. E ANCHE DA CHI IN MEDIASET, SUONA OGNI SERA LA GRANCASSA ALLA DUCETTA (E INFATTI LE PAROLE DELLA FIGLIA PREDILETTA DI SILVIO BERLUSCONI HANNO INDISPETTITO IL POCO CORAGGIOSO PIER SILVIO…)

giorgia meloni vertice parigi eliseo emmanuel macron

DAGOREPORT- PER CAPIRE COSA È SUCCESSO AL VERTICE PARIGINO DI MACRON, BASTA VEDERE IL VOLTO INGRUGNITO DI GIORGIA MELONI - PER DARE UN SEGNALE A TRUMP DEL SUO STATO D’ANIMO ALLA ‘’CONVOCAZIONE’’ DEL PRESIDENTE FRANCESE, È ARRIVATA ALL’APPUNTAMENTO CON UN’ORA DI RITARDO, PER POI PRODURSI IN UNA FIGURA BARBINA QUANDO HA AFFERMATO DI NON ESSERE D’ACCORDO SULL’IDEA DI PROPORRE UNA VIA EUROPEA AL CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA: L’UNIONE DA SOLA NON VA DA NESSUNA PARTE, QUINDI OCCORRE ‘’RAGIONARE’’ CON TRUMP. A QUEL PUNTO, LA PREMIER MUSK-ERATA SI È RITROVATA ISOLATA, CON I PRESENTI CHE IN CORO LE HANNO FATTO PRESENTE CHE, FINO A PROVA CONTRARIA, È IL PRESIDENTE AMERICANO CHE NON INTENDE “RAGIONARE” CON L'EUROPA (VEDI LE TRATTATIVE RUSSIA-USA IN CORSO A RIAD...)

giorgia meloni donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA MACRON PER L’UCRAINA (E SI VEDEVA), MA HA DOVUTO ABBOZZARE – IL TOYBOY DELL’ELISEO HA APPARECCHIATO UN TAVOLO CON TUTTI I PRINCIPALI LEADER EUROPEI (PIÙ IL BRITANNICO STARMER, PRIMO CONTRIBUTORE DI KIEV, DOPO GLI USA) E LA DUCETTA NON POTEVA DISERTARE – A CONVINCERLA È STATO ANCHE IL PRESSING DELLA "FIAMMA MAGICA", CHE LE HA FATTO NOTARE CHE NON PRESENZIARE L’AVREBBE ISOLATA COMPLETAMENTE. MEGLIO PARTECIPARE, E MARCARE LA PROPRIA DISTANZA AGENDO COME “DISTURBATRICE” TRUMPIANA. E COSÌ È STATO – IL PIANO DI TRUMP: RIAVVICINARE PUTIN ALL’ORBITA EURO-ATLANTICA PER LASCIARE SOLO XI JINPING...