BISI E RISI - QUALCUNO DICA A RENZI CHE L'ALTA BUROCRAZIA MINISTERIALE È INFURIATA PER IL DECRETO MADIA SULLA RIFORMA DELLA DIRIGENZA PUBBLICA: SERVE SOLO A PIAZZARE I RACCOMANDATI DELLA CASTA - PRONTA UNA VALANGA DI RICORSI - PER I MANDARINI RESTA UNA SOLA SPERANZA: UNA COMMISSIONE DEL CONSIGLIO DI STATO PRESIEDUTA DA FRANCO FRATTINI CHE BOCCI TUTTO
Luigi Bisignani per “il Tempo”
Emergenza terremoto, sfarinamento dei 5Stelle, nervi tesi in Forza Italia sull’ipotesi di un Nazareno bis, difficoltà interne per la Cancelliera Merkel: questo settembre offre grandi spunti a Matteo Renzi. Per continuare a navigare ha innanzitutto bisogno della classe dirigente ministeriale. Proprio quella che si è vista approvare il decreto attuativo sulla dirigenza pubblica qualche giorno fa e che ora Matteo vorrebbe che non gli remi contro.
La riforma, si teme, raggiungerà obiettivi opposti a quelli dichiarati, scardinando definitivamente la PA, aumentando il rischio di corruzione e intasando le magistrature di ricorsi. A questo punto la Corte Costituzionale potrebbe diventare la bestia nera di Renzi, così come fu per Silvio Berlusconi. Nonostante gli sforzi del Quirinale, infatti, il 4 ottobre la Consulta probabilmente modificherà l'Italicum, e il prossimo anno potrebbe essere chiamata a pronunciarsi anche sulla legge Renzi-Madia per il riordino della Dirigenza.
La massima cara a Giulio Andreotti 'i ministri passano ma i direttori generali restano' è la sintesi perfetta per un contrappeso tra i poteri. La classe ministeriale ricopre posti delicati dopo aver vinto un concorso pubblico, come previsto dalla Costituzione, e la garanzia del posto fisso nacque in virtù della indipendenza rispetto ai capricci della Casta.
Ora invece viene tutto capovolto da norme che mettono la Dirigenza alla mercé della politica, violando l'articolo 3 della Costituzione, secondo il quale non ci devono essere disparità tra i cittadini, e l’articolo 97, che sancisce il servizio esclusivo alla Nazione al fine di assicurare l’imparzialità della funzione.
Con la nuova legge, infatti, diventano amovibili solo i dirigenti pubblici, a differenza di magistrati e professori universitari che restano nello stesso posto fino alla pensione. Un'altra norma vuole che le loro sorti dipenderanno da una Commissione presieduta dal capo dell'Anticorruzione, oggi l'immancabile Raffaele Cantone. Per poi finire che si può comunque ricorrere ad esterni; l'ennesima soluzione della politica che farà molto discutere. Sulla legge si deve ancora esprimere il Consiglio di Stato, in una sezione presieduta da Franco Frattini che ne valuterà gli effetti.
Di tutto ha bisogno Renzi tranne che di aprire un fronte con i mandarini che rischiano di bloccargli la macchina dello Stato in un momento in cui potrebbe riuscirgli il rilancio dell'azione di governo.