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ISIS IN FUGA DA RAMADI - DA DIECI ANNI UNA DELLE ROCCAFORTI INESPUGNABILI DEGLI ISLAMISTI IN IRAQ - PRIMO SUCCESSO DEL NUOVO ESERCITO - COSÌ I MILIZIANI ISLAMISTI HANNO RESISTITO PER MESI ALL’ASSEDIO: BAMBOLE-BOMBA NELLE CASE

1. ISIS IN FUGA DA RAMADI L'IRAQ SI PRENDE LA RIVINCITA

Giordano Stabile per “la Stampa”

 

ISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADI

L'esercito iracheno ha preso ieri il controllo degli edifici governativi nel centro di Ramadi. È caduto così il principale bastione di resistenza nella città, capoluogo della provincia dell' Anbar, da dieci anni una delle roccaforti inespugnabili degli islamisti in Iraq.

 

I combattenti dello Stato islamico, poche centinaia in tutto, sono fuggiti verso Nord-Est, nelle zone fra Ramadi e Falluja, dove possono trovare coperture e nascondigli.
È una vittoria importante soprattutto per il morale delle forze armate irachene. L' hanno ottenuta con un apporto minimo da parte delle milizie sciite, decisive invece in estate per la riconquista di Tikrit. Le nuove tecniche di guerra urbana, studiate assieme agli istruttori americani, si sono dimostrate efficaci.

ISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADI


Anche se adesso la città è una distesa di rovine annerite dalle esplosioni, e continua la bonifica da mine e trappole-bombe, strada per strada, casa per casa.
Washington non conferma «Il controllo del complesso significa che l' Isis è stato sconfitto a Ramadi», ha spiegato Sabah al Numani, portavoce dell' esercito.
Che però ha ammesso: «Il prossimo passo sarà bonificare le sacche di resistenza».

Ragione per cui Washington «non conferma» ancora la riconquista totale.

Civili in fuga da Ramadi - ISISCivili in fuga da Ramadi - ISISattacco a ramadiattacco a ramadiISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADIramadi in fiammeramadi in fiammeISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADIISIS - SCONTRI A RAMADI


L' enorme compound degli edifici governativi, assieme al Tribunale poco distante, era stata l' ultima parte della città a cadere nelle mani dell' Isis durante l' offensiva dello scorso maggio. Allora una spaventosa ondata di decine di camion bomba, ognuno dei quali più potente di quello di Oklahoma City, aveva spezzato la resistenza dei cinquemila uomini a guardia della città.

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La caduta di Ramadi, il 17 maggio, aveva avuto un impatto devastante sul governo e l' esercito iracheni. E aveva fatto capire che lo schema seguito a Tikrit non funzionava. Nella città natale di Saddam Hussein, ripresa il 1° aprile, le milizie sciite avevano avuto un ruolo preponderante e alcuni miliziani avevano compiuto vendette sui «collaborazionisti» sunniti.


La riconquista di Ramadi è stata preparata meglio. Nei mesi precedenti Baghdad si è guadagnata l' alleanza di numerose tribù sunnite locali, come quella degli Al Dalim. L' Isis non era più in grado di controllare i villaggi attorno alla città e ha giustiziato nelle scorse settimane decine di sunniti, accusati di tradimento. Si è indebolito e ha perso consensi.
Nel mirino Falluja e Mosul C' era poi un altro problema.


L'esercito iracheno è stato addestrato per anni alla controguerriglia, non alle battaglie campali. Sapeva come disinnescare una bomba improvvisata (Ied) piazzata sulle strade. Ma non «un intero campo di Ied, difeso da postazioni di mitragliatrici», come spiegava nei giorni scorsi il colonnello statunitense Steve Warren.

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Per superare l' immenso campo trincerato di Ramadi gli istruttori Usa hanno inventato nuove armi. Come «una corda esplosiva attaccata a una razzo» in grado di creare un sentiero sicuro attraverso i campi minati e permettere a una colonna di avanzare. Ora l' offensiva irachena si sposterà verso Falluja, a soli 50 chilometri da Baghdad. Poi Mosul, una metropoli di due milioni di abitanti, cinque volte Ramadi, dove un anno e mezzo fa è nato il Califfato.

ramadi devastataramadi devastata

 

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2. ARMI E TRUCCHI DEI JIHADISTI: BAMBOLE-BOMBA NELLE CASE

Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”


Strappare le città in mano all’Isis è un’operazione costosa in termine di vite umane e danni. Alle spalle restano caduti, macerie, difficile per i civili poter tornare in tempi rapidi. Conseguenze inevitabili di tattiche ben studiate dallo Stato Islamico per proteggere con reparti non troppo numerosi posizioni trasformate in fortini. È stato così per Ramadi, potrebbe andare ancora peggio per Mosul e Raqqa. 


All’inizio della battaglia di Ramadi, lo Stato Islamico avrebbe schierato circa un migliaio di militanti che, secondo metodi rodati, hanno provveduto a minare accessi alla città e alle vie di comunicazione. Gli artificieri jihadisti hanno una grande esperienza nell’utilizzare ordigni convenzionali, catturati al nemico, e altri costruiti nelle officine del movimento. Pezzi d’ogni forma e tipo: contenitori metallici riempiti di fertilizzante, bidoni in plastica tramutati in bombe, cilindri in ferro, bambole giocattolo che nascondevano sorprese. Alcuni fatti detonare da lontano con un radiocomando, altri dal passaggio di un fuoristrada o di una pattuglia. 


Gli estremisti hanno creato zone minate per rallentare la progressione degli iracheni e hanno piazzato trappole nelle strade. In certi punti hanno scavato trincee o creato barriere, anche queste rese più insidiose da dispositivi «artigianali» ma non per questo meno letali. Per ripulire un isolato ci sono voluti giorni interi visto il gran numero di insidie. 
I governativi hanno risposto usando apparati per bonificare forniti in gran fretta dagli Stati Uniti. Bulldozer corazzati, blindati, sistemi portatili composti da cavi deflagranti lanciabili sul terreno dove si temeva fossero presenti gli ordigni. L’Isis era però pronto a contrastarli. 
 

Tiratori scelti, razzi e colpi di mortaio hanno lasciato il segno sulle squadre di genieri. Un solo reparto specializzato ha avuto oltre 60 tra morti e feriti. 
Molti mujaheddin si sono rintanati negli edifici, alcuni di questi trasformati — secondo una vecchia tattica — in case della morte: gli estremisti le hanno riempite di esplosivi attivabili da un filo invisibile teso all’interno di una stanza oppure da una piastra a pressione. Un passo falso e tutto saltava per aria.

 

Snidarli ha richiesto sacrificio, pazienza e un alto volume di fuoco garantito dall’artiglieria unita ai raid dell’aviazione della coalizione. Il Pentagono ha usato spesso il bombardiere B1, in grado di eseguire lunghe missioni e dotato di un carico bellico robusto. Indispensabile quanto efficace il coordinamento con le colonne a terra, probabilmente assistite da nuclei di forze speciali statunitensi. 

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Quando poi i soldati si sono avvicinati al centro, i jihadisti hanno lanciato la loro falange, i kamikaze a bordo di camion-bomba opportunamente blindati. «Bestie» pesanti diverse tonnellate capaci di spazzare vie concentramenti di truppe. Anche in questo caso, i seguaci del Califfo hanno accompagnato le sortite, condotte con tre-quattro mezzi alla volta, con la copertura delle mitragliatrici pesanti. 


Nell’eterna lotta tra lancia e scudo, i militari hanno contrastato i mezzi con razzi anti carro più potenti dei tradizionali RPG ormai insufficienti contro le protezioni dei veicoli. I risultati ci sono stati. Lo Stato Islamico ha venduto cara la pelle, lo ha fatto sacrificando centinaia di miliziani, alcuni dei quali sono ancora nei bunker di Ramadi in una lotta infinita. Mujaheddin felici di andare incontro al martirio in una campagna dove il Califfo, malgrado i proclami, perde terreno. 

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