WOODCOCK METTE IL DITONE SULLA PIAGA - IL MAGISTRATO SE LA PRENDE CON I GIUDICI E DENUNCIA “LA GIUSTIZIA DI CLASSE”: CONDANNANO UN RUBAGALLINE, MA HANNO LA MANO LEGGERA SUI “COLLETTI BIANCHI” ACCUSATI DI CORRUZIONE; PROBABILI COMPAGNI DI BANCO E PROTAGONISTI DI SALOTTI COMUNI 

 

Henry John Woodcock per il Corriere della Sera

 

HENRY JOHN WOODCOCK

Opportunamente, nella lingua italiana l’espressione «corruzione» non indica solo il reato omonimo, ma anche «decomposizione, disfacimento, putrefazione» e ancora «Il guastarsi, il degenerare» (Enciclopedia Treccani). Indica quindi, prima e più di tanti saggi e analisi, pure il complesso di conseguenze che un sistematico ricorso a quel reato comporta per la vita politica, ma anche sociale e civile.

 

La «Prima Repubblica» è stata travolta dalle inchieste sul reato, ma l’ampiezza del fenomeno criminale era, già esso, spia della decomposizione, della degenerazione che minava oramai dal di dentro il sistema politico. Qualcosa di analogo è successo ai regimi arabi sconvolti dalle «primavere», e la corruzione è il punto debole su cui spesso inciampano tragicamente anche governi che, nel complesso, meriterebbero un giudizio sostanzialmente positivo, come è il caso del Brasile di Inacio Lula da Silva.

 

DEL SETTE RENZI LOTTI CONSIP

La corruzione è quindi un nemico, forse oggi il più insidioso, del vivere civile e delle democrazie, perché corrompe (appunto) dal di dentro il sistema di relazioni, il rapporto della politica coi cittadini e con le imprese, falsa il mercato e indebolisce la legittimità di leggi e istituzioni. E apre le porte ad avventure di vario tipo che, in nome della lotta alla corruzione, talvolta riescono a far peggio. Se ne parlerà oggi, in occasione della presentazione del recente saggio di Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, «La corruzione spuzza». E subito ci tengo a dire che qualche volta la corruzione non «spuzza» affatto, ha anzi il buon odore dell’amicizia, delle relazioni importanti e dei salotti.

 

JOHN HENRY WOODCOCK

E questo è un problema. E spiega in parte perché i processi contro i colletti bianchi durino così a lungo, tanto a lungo da stemperare l’allarme, e anche lo sdegno, che i fatti avevano suscitato al loro primo apparire, aprendo così la strada ad un giudizio più indulgente, più comprensivo di quanto quei fatti meriterebbero. Le ragioni di tutto questo sono molteplici: nel nostro sistema opera un doppio binario che rende celerissimi i processi contro la criminalità di strada e molto meno celeri, a volte tartarugheschi, quelli contro i colletti bianchi, appunto. Questi ultimi, poi, possono contare su abili avvocati e su molte complicatezze procedurali. Ma c’è anche un dato «umano» che ha il suo peso.

 

CORRUZIONE

Quando davanti al giudice compare un personaggio i cui tratti sociali e culturali denotano una distanza siderale dal suo ambiente di nascita e di vita, viene più facile mantenere il distacco che è necessario per giudicare. Non c’è pericolo di identificarsi, non ci si può immedesimare nelle circostanze di vita che l’hanno portato al delitto. Diverso è quando compare una persona che assomiglia tremendamente al compagno di scuola o al vicino di casa del giudice che deve giudicare. E racconta storie che gli risuonano familiari, tanto simili a quelle che gli capita di ascoltare la sera a cena con gli amici.

bonifaci gdf

 

Qui diventa più complicato mantenere il distacco e la distanza, e forte è il rischio dell’indulgenza. D’altronde, ci fu, in anni passati, chi è arrivato ad affermare che con i colletti bianchi bisognava andarci piano, perché, al contrario dei delinquenti, per loro il carcere è un trauma.

 

Giustizia di classe? Certo, è possibile. Per evitarlo, decisivo è tenere sempre a mente il significato dell’espressione «corruzione» nel suo complesso, ricordare che si tratta di una malattia insidiosa che opera sotto traccia e a volte, quindi, non è immediatamente visibile. Ma sempre produce danni devastanti per l’organismo sociale.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni john elkann

DAGOREPORT – COME MAI IMPROVVISAMENTE È SCOPPIATA LA PACE TRA JOHN ELKANN E FRATELLI D’ITALIA? IL MINISTRO DELLE IMPRESE, ADOLFO URSO, SI È SPINTO A DEFINIRE L’AUDIZIONE DI YAKI ALLA CAMERA COME “UN PUNTO DI SVOLTA NETTO” – AL GOVERNO HANNO FATTO UN BAGNO DI REALISMO: INNANZITUTTO LA CRISI DELL’AUTOMOTIVE È DRAMMATICA, E I GUAI DI STELLANTIS NON DIPENDONO SOLO DAI DANNI FATTI DA TAVARES - E POI CI SONO I GIORNALI: ELKANN È PROPRIETARIO DI “STAMPA” E “REPUBBLICA” (E DELL'AUTOREVOLISSIMO SETTIMANALE "THE ECONOMIST). MOSTRARSI CONCILIANTI PUÒ SEMPRE TORNARE UTILE…

meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - DELIRIO DI RUMORS E DI COLPI DI SCENA PER LA CONQUISTA DEL LEONE D’ORO DI GENERALI – SE MEDIOBANCA, SOTTO OPA DI MPS-CALTA-MILLERI, TENTA DI CONQUISTARE I VOTI DEI FONDI ANNUNCIANDO LA POSSIBILITÀ DI METTERE SUL PIATTO IL SUO 13,1% DI GENERALI, SOLO DOMANI ASSOGESTIONI DECIDERÀ SE PRESENTARE UNA LISTA DI MINORANZA PER LEVARE VOTI ALLA LISTA DI NAGEL-DONNET, PER LA GIOIA DI CALTA-MILLERI (LA DECISIONE È NELLE MANI DEI FONDI CONTROLLATI DA BANCA INTESA) - FINO AL 24 APRILE, TUTTO È INCERTO SULLE MOSSE IN GENERALI DI ORCEL: CHI OFFRE DI PIÙ PER IL 9% DI UNICREDIT? E CHE FARÀ INTESA DI CARLO MESSINA? AH, SAPERLO...

raffaele cantone - francesco lo voi - pasquale striano giovanni melillo

FLASH! – AVVISO AI NAVIGATI! IL CASO STRIANO SUGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA BANCA DATI DELLA PROCURA NAZIONALE ANTIMAFIA, NON È APERTO: È APERTISSIMO! UNA VOLTA CHE IL FASCICOLO È PASSATO DALLE MANI DI CANTONE, PROCURATORE DI PERUGIA, A QUELLE DI LO VOI (CAPO DELLA PROCURA DI ROMA), CI SI ASPETTANO I BOTTI - IL CAPO DELLA DNA, GIOVANNI MELILLO, È DETERMINATO AD ARRIVARE FINO IN FONDO. E LO VOI, CONSIDERATI I PRECEDENTI (L’OSTILITA' DEL GOVERNO PER IL CASO ALMASRI), NON FARÀ SCONTI - COME NELL'AMERICA DI TRUMP, LA MAGISTRATURA E' L'UNICA OPPOSIZIONE A PALAZZO CHIGI...

giorgia meloni donald trump

DAGOREPORT – AIUTO! TRUMP CONTINUA A FREGARSENE DI INCONTRARE GIORGIA MELONI - ANCORA ROSICANTE PER LE VISITE DI MACRON E STARMER A WASHINGTON, LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" SI ILLUDE, UNA VOLTA FACCIA A FACCIA, DI POTER CONDIZIONARE LE SCELTE DI TRUMP SUI DAZI ALL'EUROPA (CHE, SE APPLICATI, FAREBBERO SALTARE IN ARIA L'ECONOMIA ITALIANA E IL CONSENSO AL GOVERNO) - LA DUCETTA NON HA ANCORA CAPITO CHE IL TYCOON PARLA SOLO IL LINGUAGGIO DELLA FORZA: SE HAI CARTE DA GIOCARE, TI ASCOLTA, ALTRIMENTI SUBISCI E OBBEDISCI. QUINDI: ANCHE SE VOLASSE ALLA CASA BIANCA, RITORNEREBBE A CASA CON UN PUGNO DI MOSCHE...