DAGONEWS – LA ZAMPATA DIPLOMATICA DI XI JINPING, CHE È RIUSCITO A RIPRISTINARE I RAPPORTI TRA IRAN E ARABIA SAUDITA, È UN TERREMOTO PER IL MEDIO ORIENTE: IL RITROVATO FEELING TRA TEHERAN E RIAD ALLONTANA I SAUDITI DAGLI ACCORDI DI ABRAMO E RISCHIA DI ISOLARE ISRAELE – L’EREDE DI MAO VUOLE ERGERSI A LEADER PACIFICATORE ANCHE PER IL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA E "SEDURRE" I PAESI DEL SUD DEL MONDO INSOFFERENTI VERSO GLI USA – LA COLPA DI WASHINGTON CHE HA SNOBBATO RIAD E I SAUDITI SI SONO VENDICATI FLIRTANDO CON PECHINO...
1. DAGONEWS
La zampata diplomatica con cui Xi Jinping è riuscito a ripristinare, dopo 7 anni, i rapporti tra Iran e Arabia Saudita, rischia di essere una mossa destabilizzante per l’intero Medio Oriente.
Come ha evidenziato l’ambasciatore Rocco Cangelosi, già consigliere diplomatico del Quirinale, il ritrovato feeling tra Riad e Teheran potrebbe allontanare i sauditi dall’adesione agli Accordi di Abramo, varati nel 2020 da Trump: l’obiettivo era il progressivo appeasement tra Israele e gli stati del Golfo, creando un cordone sanitario intorno al regime teocratico di Teheran, scommettendo sull’odio storico tra sunniti (i sauditi) e sciiti (gli iraniani).
Dietro l’imprevisto scacco matto di Pechino, ovviamente, non c’è l’etica ma molta cotica: infatti, come scrive Gianluca Modolo su “Repubblica”, “quasi la metà del greggio che importa la Cina arriva dal Medio Oriente e stabilizzare la regione è cruciale.
Inoltre, sia Iran sia Arabia Saudita vorrebbero stare nei Brics e, come ha già fatto Teheran, anche Riad cerca di entrare nello Sco (di cui fa parte anche Mosca), sempre più allargato”.
La partita di Xi Jinping, che sogna di ergersi a leader pacificatore e a mostrare il volto dialogante della Cina, si giocherà anche sul conflitto Russia-Ucraina.
IL PIANO DI PACE DI XI JINPING - VIGNETTA BY GIANNELLI
Si vocifera che il 21 marzo potrebbe esserci il faccia a faccia con Putin a Mosca e nei giorni successivi un colloquio virtuale con Zelensky. Pechino non ha molto da offrire rispetto al piano di pace già proposto e bocciato sia dall’Occidente che da Kiev, ma la manovra politica serve all’erede di Mao per enfatizzare il ruolo “buono” cinese, soprattutto agli occhi dei Paesi del Sud del mondo, molto insofferenti verso le politiche americane.
A Washington masticano amaro, e sono costretti a fare buon viso a cattivo gioco, visto che nessuno – Biden in primis – immaginava che la diplomazia cinese potesse portare a termine un accordo così importante come quello tra Iran e Arabia Saudita.
La Casa Bianca, però, sconta un tratto distintivo della sua politica estera: l’arroganza. La decisione dei sauditi di scendere a patti con gli iraniani, grazie all’intermediazione cinese, infatti, è una precisa “vendetta” per l’esitazione dell’amministrazione Biden a concedere a Riad lo status di “primo alleato non Nato”, con le conseguenti garanzie di sicurezza.
benjamin netanyahu, donald trump e i ministri degli esteri di barhein e emirati arabi uniti
I sauditi addebitano agli americani anche lo scarso sostegno politico alla guerra nello Yemen, dove Bin Salman sta conducendo da tempo una feroce repressione contro la minoranza degli Houthi.
A PECHINO L’ACCORDO TRA ARABIA SAUDITA E IRAN
Il malumore di Washington è ampiamente condiviso a Tel Aviv: gli israeliani si percepiscono più isolati nella regione dopo l’accordo tra Teheran e Riad. Il punto interrogativo sulle prossime mosse dello Stato ebraico riguarda è legato al contestatissimo nuovo governo di Benjamin Netanyahu che è sostenuto da forze politiche nazionaliste e integraliste. Bibi, già nel mirino delle opposizioni per la contestata riforma della giustizia, in politica estera non sembra molto disposto a fare compromessi, né a tollerare minacce alla sicurezza nazionale. Come si comporterà il premier israeliano alla luce del nuovo asse tra il suo nemico numero uno, l’Iran (che non fa altro che minacciare di creare l’atomica in chiave anti-Tel Aviv), e il principino Mohammed Bin Salman, gonfio di petroldollari e di ambizione?
2. LA CINA RIAVVICINA ARABIA SAUDITA E IRAN
Rocco Cangelosi per http://www.inpiu.net
La notizia del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, interrotte nel 2016 a causa dell'esecuzione del leader sciita Nimr-al Nimr e deterioratesi ulteriormente a seguito del conflitto in Yemen, rappresenta una svolta degna di nota per gli equilibri geopolitici della regione.
Innanzitutto perché la ripresa delle relazioni tra i due Paesi avviene grazie alla mediazione di Pechino, che insieme a Oman e Iraq ha lungamente lavorato per giungere a questo risultato riempiendo il vuoto diplomatico lasciato da un'America e un Occidente distratti. L'accordo tra le due potenze mediorientali, l'Iran sciita e l'Arabia Saudita sunnita, è stato infatti finalizzato in Cina, dove erano in corso negoziati tra le due parti.
A PECHINO L’ACCORDO TRA ARABIA SAUDITA E IRAN
Il riavvicinamento di Ryad a Teheran, pur con tutte le cautele del caso, sembra allontanare l'Arabia Saudita dagli accordi di Abramo sui quali Israele e Usa avevano puntato per creare un cordone sanitario intorno all'Iran. Allo stesso tempo è una risposta alle esitazioni degli Stati Uniti a concedere a Ryad lo status di primo alleato non Nato con le conseguenti garanzie securitarie.
I sauditi addebitano agli Stati Uniti anche lo scarso sostegno in Yemen e la loro reticenza a consentire all’Arabia Saudita l’accesso all’energia nucleare civile, proprio mentre Mosca è impegnata, attraverso la compagnia statale Rosatom, in diversi progetti di centrali. Stati Uniti ed Europa hanno fatto comunque buon viso a cattiva sorte accogliendo con favore l'accordo come un importante passo avanti per stabilizzare la regione.
vladimir putin xi jinping a samarcanda
3. XI AVVIA I CONTATTI CON PUTIN E ZELENSKY ECCO IL NUOVO ORDINE MONDIALE CINESE
Estratto dell’articolo di Gianluca Modolo per “la Repubblica”
[…] Xi Jinping […] segnala […] la volontà di un maggior ruolo nell’arena internazionale: da protagonista […] per cercare di spostare l’ordine mondiale verso una visione alternativa a quella americano-centrica. «Ci dedicheremo alla pace, staremo dalla parte giusta della storia, praticheremo un vero multilateralismo e sosterremo i valori condivisi dell’umanità», dice Xi. Presentando la sua Cina come un pacificatore. E sé stesso come uno statista globale.
Sull’onda del successo per aver fatto sedere al tavolo Riad e Teheran dopo sette anni di gelo e che segnala una rinnovata influenza cinese in quel Medio Oriente storicamente terreno americano, Xi vuole provare a capitalizzare questo slancio rafforzando le credenziali di Pechino come forza di stabilità globale affidabile, soprattutto agli occhi dei Paesi del Sud del mondo che continua a corteggiare.
La prossima settimana […] andrà dall’amico Putin a Mosca a parlare della guerra in Ucraina […] e dopo […] dovrebbe parlare (virtualmente) anche con Zelensky: sarebbe la prima volta dall’inizio dell’invasione russa. In programma anche un viaggio in alcune capitali europee. E ieri sera da Washington è arrivata la notizia che Biden ha dato la sua disponibilità a un colloquio telefonico con il leader cinese. Sarebbe il primo dal G20 di Bali dello scorso novembre.
A PECHINO L’ACCORDO TRA ARABIA SAUDITA E IRAN
Far raggiungere un accordo alle due parti è questione complicata anche perché il documento in 12 punti presentato da Pechino il 24 febbraio è stato accolto con scetticismo dall’Occidente e in parte anche dagli stessi ucraini. E c’è la stretta vicinanza a Mosca che per molti osservatori non gli dà quell’imparzialità necessaria. […] È la prima volta che Pechino con l’accordo Iran-Arabia interviene così direttamente nelle questioni internazionali, riuscendoci.
La Cina ha il proprio tornaconto: quasi la metà del greggio che importa arriva dal Medio Oriente e stabilizzare la regione è cruciale. Inoltre, sia Iran che Arabia Saudita vorrebbero stare nei Brics e, come ha già fatto Teheran, anche Riad cerca di entrare nello Sco (di cui fa parte anche Mosca) sempre più allargato. Questo attivismo lo aiuta a sostenere la tesi che Washington non deve necessariamente essere al centro delle questioni geostrategiche.
E per rendere plastiche le ambizioni di creare un nuovo ordine mondiale alternativo a quello che la Cina definisce occidentale, secondo il Wsj Pechino starebbe pianificando di ospitare entro fine anno un vertice tra Iran e Paesi del Golfo, Arabia Saudita, Bahrein, Emirati, Kuwait, Oman e Qatar. […]
3 - XI IL MEDIATORE
Estratto dell’articolo di Lorenzo Lamperti per “la Stampa”
[…] la voce è che il quarantesimo incontro faccia a faccia tra Xi e Putin potrebbe essere in programma per martedì 21 marzo. Subito dopo, secondo il Wall Street Journal, sarebbe in agenda anche un colloquio in modalità virtuale con Zelensky. […] Un contatto Xi-Zelensky segnerebbe un forte cambio di passo della diplomazia cinese […] Xi ha riformulato la tradizionale dottrina della politica estera cinese, prefigurando una postura più «proattiva» per il «raggiungimento degli obiettivi».
vladimir putin e mohammed bin salman 4
Tra questi, c'è di certo quello di presentarsi come una potenza responsabile e «garante di stabilità». Soprattutto presso il Sud globale e i Paesi in via di sviluppo, dove proietta una forte retorica anti-americana.
Riproporsi con un ruolo di mediazione sul conflitto in Ucraina significherebbe però mettere a segno un colpo fondamentale in relazione ai rapporti con l'Europa, che ripone in Pechino la speranza di esercitare una maggiore pressione sul Cremlino per mettere fine alla guerra.
Resta difficile che Xi possa presentare un piano di pace concreto, vista la difficoltà nell'entrare tra le pieghe delle questioni territoriali riguardanti Crimea e Donbass, in grado di generare un cortocircuito sulla posizione di Pechino su Taiwan.
Più probabile che vengano riproposti i principi generali a tutela dell'integrità territoriale e sovranità, ma allo stesso tempo anche delle «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi» […] Una ricetta applicabile in diversi teatri, ma con la quale Xi potrebbe indicare la via a Putin e Zelensky. […] Meno speranze che la mossa possa servire a rilanciare i rapporti con gli Stati Uniti.
Il neo premier Li Qiang ha dichiarato ieri nella conferenza stampa conclusiva delle «due sessioni» che «Stati Uniti e Cina possono e devono cooperare», rifiutando il disaccoppiamento economico.
Ma Xi è convinto che Washington voglia «accerchiare e reprimere» l'ascesa cinese, sui chip e con le manovre tra Pacifico e Taiwan. Nel discorso ai tremila delegati dell'Assemblea nazionale del popolo, ha dichiarato che le forze armate devono diventare una «Grande Muraglia d'acciaio» per «salvaguardare sovranità e sicurezza nazionale».
BENJAMIN NETANYAHU DONALD TRUMP
A far parte della muraglia anche il nuovo ministro della Difesa Li Shangfu, sanzionato dal 2018 dagli Usa per il suo ruolo nell'acquisto di armi dalla Russia.
A Taipei c'è chi sostiene che l'incontro di inizio aprile tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker repubblicano Kevin McCarthy possa aver giocato un ruolo nell'accelerazione dell'agenda di Xi, voglioso di rafforzare la sua immagine di leader responsabile[…]
4 - SE LA “PACE” NEL MONDO LA FA LA CINA
Estratto dell’articolo di Carlo Nicolato per “Libero quotidiano”
[…] Nessuno deve illudersi che Xi Jinping possa in qualche modo convincere i due nemici a fare un passo indietro, specie adesso che entrambi credono di avere in mano la vittoria, ma non è quello lo scopo del doppio colloquio con Putin e Zelensky. Come ha fatto con i sauditi e l’Iran, Xi vuole piuttosto ritagliarsi il ruolo di mediatore, di colui che cerca di cucire piuttosto che dividere, ovvero l’esatto contrario di quello che fa, o meglio da Pechino viene accusato di fare, Washington. Se infatti Biden rifornisce di armi Kiev, come fa con Riad, e ha chiuso ogni contatto con Mosca, lo stesso dicasi di Teheran, il presidente cinese vuole apparire come quello che parla con tutti senza “schierarsi” offrendo soluzioni alla crisi e non complicazioni.
trump con netanyahu con i ministri degli esteri di bahrein e emirati arabi uniti
Non importa […] se la Cina in questo periodo ha continuato a fare affari sia con Putin che con gli ayatollah, tenendo di fatto a galla le loro economie colpite dalle sanzioni e alimentando, di conseguenza, in un caso l’armata russa in Ucraina e nell’altro le possibilità che l’Iran si faccia la sua bomba atomica. Non importa se tra le priorità di Pechino […] c’è anche l’annessione manu militari di Taiwan, che è tutto il contrario di quello che va professando per il resto del Pianeta. […] Tutto ciò mentre il presidente americano rischia di essere travolto dalla crisi bancaria del suo Paese innescata dal fallimento della Silicon Valley Bank. […]Xi avrà la certezza non democratica di rimanere in sella almeno fino al 2028 e probabilmente anche oltre, visto che già da tempo ha eliminato i limiti temporali dei suoi mandati presidenziali.
guerra yemen 6guerra yemen 5LI QIANG XI JINPING LI QIANG