Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera"
Nell'appartamento dell'attore Libero De Rienzo c'era eroina. Pura al dieci per cento e tagliata con altre sostanze, secondo gli esami tossicologici effettuati dai carabinieri del Ris. Si parte da questo per orientare le indagini che ipotizzano la morte come conseguenza di altro reato. Ipoteticamente la cessione di sostanza stupefacente avrebbe causato la fine del celebrato protagonista di Fortapàsc .
Mentre l'inchiesta accelera la famiglia fa sentire la propria voce attraverso il suo legale di fiducia, l'avvocato Piergiorgio Assumma, che chiede rispetto per «i figli di Picchio», bimbi di 2 e 6 anni appena. Così, a quattro giorni dalla scomparsa dell'antidivo del cinema italiano, i carabinieri coordinati dall'aggiunto Nunzia D'Elia e dal suo sostituto Francesco Minisci si concentrano sulla cessione della sostanza stupefacente.
La domanda, inevitabile, è la seguente: come è entrata l'eroina in casa di De Rienzo? Chi è l'uomo che ha rifornito l'attore? Gli esperti stanno scandagliando i contatti trovati sul cellulare dell'attore. Nomi, cognomi rinvenuti sullo smartphone sono oggetto di verifica e approfondimento da parte della polizia giudiziaria.
Le audizioni di persone informate sui fatti sono in corso, ovviamente sono stati immediatamente ascoltati i familiari che, in estrema sintesi, hanno confermato i problemi di Picchio con la cocaina dalla cui dipendenza sembrava però essersi affrancato. A detta di Marcella Mosca, costumista e moglie dell'attore, la dipendenza apparteneva al passato dell'attore che però, forse, aveva mantenuto alcuni contatti nella propria rubrica.
libero de rienzo con la moglie
Secondo gli investigatori non bisogna dare nulla per scontato: le prime verifiche dei carabinieri del Ris hanno dato esito negativo. L'attore non aveva tracce di sostanza stupefacente né sul viso né sulle mani. Un'apparente incongruenza che sarà sciolta dall'autopsia affidata al professor Fabio De Giorgi, medico legale del Policlinico Gemelli. Uno dei quesiti formulati dai magistrati riguarda la presenza di stupefacenti nei tessuti della vittima.
Già oggi potrebbero arrivare le prime risposte al riguardo. Si sa che nell'appartamento c'erano scatole di farmaci e si sta individuando il medico che li aveva prescritti. Si sa anche che Picchio aveva i suoi riti. Prendeva il caffè al bar della zona, facendo due chiacchiere con i clienti, alla mano con tutti in barba ai molti cliché cinematografici.
Chi ha visto per ultimo Libero De Rienzo allora? Dalla famiglia smentiscono ricostruzioni «fantasiose» secondo le quali ci sarebbe stata un'altra persona in casa con lui. Si cercano invece telecamere che abbiano ripreso la sua abitazione a caccia del fermo immagine che dica qualcosa in più sugli avventori. Ma il risultato non è scontato. La via, una strada come molte al quartiere Aurelio, nella Roma Nord, potrebbe essere priva di telecamere di sorveglianza.
Sono alcune tra le molte difficoltà di un'inchiesta delicata, nella quale i tempi potrebbero decidere l'esito. Sono già trascorsi quattro giorni dal ritrovamento del corpo dell'attore. Il vantaggio nei confronti di eventuali pusher potrebbe assottigliarsi. Non è tutto, perché anche dal punto di vista giuridico la contestazione - l'unica possibile per poter effettuare i riscontri necessari - è complessa da dimostrare.
Si dovrà provare che chiunque abbia ceduto la sostanza a Picchio - e ammesso che sia stata quella la causa della sua morte - era consapevole dei rischi contenuti in quell'azione. Nel frattempo dalla famiglia rimarcano: «Siamo in presenza di una violazione della privacy. L'incontrollata divulgazione, ingiustificata a livello umano, è basata su notizie che per legge, rappresentando anche il contenuto di atti di indagine, dovrebbero essere coperte dal segreto istruttorio».
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