Barbara Palombelli per "il Foglio"
LILLI GRUBER E MARITO JACQUES CHARMELOT
La notizia è ufficiale: Lilli Gruber si è allontanata dalla sua trasmissione perché ammalata. Tornerà prima possibile – e le faccio un mondo di auguri – alla guida di “Otto e mezzo”. Tutte false, tutte inventate, tutte perfidamente crudeli le illazioni su presunte gelosie nei confronti del nuovo arrivato Giovanni Floris. Lilli non si è offesa (e di che, poi? I suoi ascolti record sono imbattuti), non ha sbattuto porte o contratti, non sarebbe stato nel suo stile.
Ha fatto bene l’Elefantino ieri a scusarsi, farebbero bene a chiedere perdono anche gli altri soliti pettegoli maschilisti che ci vedono sempre come isteriche in preda a invidie, gelosie, crisi di nervi e/o pianti ingiustificati. La storia di Lilli Gruber, da questo punto di vista, appare esemplare. Bravissima a scuola e all’università, inizia alla Rai di Bolzano e viene scoperta da Antonio Ghirelli che la porta al Tg2. Prima donna a condurre un tg, passa poi al Tg1 dove rivoluziona l’immagine della prima serata informativa.
Che si dice nei corridoi di Viale Mazzini? Qualcuno scrive che è la più brava di tutte, che non sbaglia un accento o una pronuncia nelle lingue che padroneggia come nessun politico? No, si commenta il suo piazzarsi a tre quarti sulla scrivania e il suo color rosso fuoco, a sottolineare dei capelli bellissimi. Tutto qui? Macché. Gomitate e sorrisetti crudeli, si spettegola sul suo amore con Beppe Giulietti, allora potente capo dell’Usigrai, il sindacato interno dei giornalisti. Come se fosse di lui il merito di tanto successo.
Lei, che ha costruito con pazienza e con intelligenza la sua carriera, capisce che deve mollare la conduzione e buttarsi nelle cronache più difficili: parte per tutti i fronti di guerra, segue l’Iraq e scrive libri e cronache. Commento dei colleghi: hai visto la pashmina di Lilli? Insomma, pur di non togliersi il cappello davanti al suo coraggio, si studia il suo look.
Essere donna e lavorare in Rai è un’impresa per tutte. Se non hai un marito, un parente o un amante ufficiale ben piazzato dalle parti della politica o del potere, te lo inventano. E – attenzione – questo vale per tutte. Dalle segretarie fino alle presidenti. Non c’è pietà per chi è femmina. Si tollerano maschi ai limiti della demenza, non si commentano personaggi ridicoli – con chiome e braccialetti che gridano vendetta al cospetto di Dio – ma l’accanimento contro le signore e signorine di ogni età è di una violenza incredibile.
A un certo punto, anche per la tedesca Gruber, è arrivato il momento di dire ciao. Si candida alle elezioni europee nel 2004 e prende un milione e centomila preferenze. Un dato pazzesco, incredibile, la donna più votata delle storia italiana. Riconoscimenti? Pochissimi.
Ma quanto è duro accettare che una signora che si fa i fatti suoi, che frequenta più la palestra di via dei Coronari e il parco di Villa Borghese che i salotti romani entri in politica – erano i tempi dell’Ulivo – e in Europa lavori con passione e dignità? Ci vuole un bel carattere, per reggere a tanta rabbia indifferente e malcelata da parte di finti amici e colleghi incapaci. Lilli sa che il lavoro è la sua forza. Il suo antidoto contro i veleni.
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Scrive una bellissima storia di famiglia (“Eredità”, Rizzoli), un romanzo che ci porta indietro fino all’Ottocento. E continua a macinare ascolti, con educazione semplicità, in un orario difficile – le 20 e 30 – e in una piccola rete come La7. Dove ora, guarda caso, siede un maschietto. Anche per questo, ora sentiamo tutti moltissimo la sua mancanza. Torna presto!
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