Luigi Bolognini per “la Repubblica”
Con gli stadi Vasco Rossi ha un rapporto d’amore degno di Messi o, essendo interista, di Mazzola o Milito: come lui nessuno mai in Italia li sa riempire quasi a comando. E solo sul palco si sente se stesso: «Quando sono nel camerino non sono io e quando sento fuori tutti che urlano il mio nome penso che stiano aspettando qualcun altro, e io sto tranquillo».
Il pubblico griderà ancora il suo nome all’Olimpico di Roma il 22, 23, 26 e 27 giugno, «quattro volte non l’ha fatto nessuno, neanche Vasco Rossi, e io voglio battere Vasco Rossi, anche nel senso di picchiarlo», scherza.
Saranno le uniche date estive italiane del 2016, «a San Siro ci rivediamo nel 2017». Ma intanto lo si può vedere dal vivo in Tutto in una notte Livekom2015, cofanetto che riprende in cd, dvd e blu-ray il concerto del 3 luglio 2015 a Napoli: 11 telecamere puntate su palco, musicisti e pubblico, le canzoni alternate a suggestioni filmate di Valentina Moar in una città notturna.
Esce venerdì, ma fino a mercoledì il film è in proiezione in 300 cinema. Ieri il rocker di Zocca l’ha presentato all’Odeon di Milano con un bagno di folla che ha invaso pure piazza Duomo.
Come mai proprio la data di Napoli, Vasco?
«Perché è stata storica. Lo stadio San Paolo riapriva alla musica dopo 11 anni, e l’ultimo a esibirsi ero stato proprio io. Poi alla fine De Magistris si è accorto che non solo non succede mai niente di brutto ai concerti, ma che anzi facciamo pure le pulizie sia all’inizio che alla fine e che la musica va vissuta in spazi così. Anche perché non ne abbiamo altri in Italia».
Dagli stadi agli Stadio, gruppo con cui lei ha un legame speciale.
«Che emozione vederli vincere Sanremo, sono una delle band più sottovalutate, Gaetano Curreri è tutto arrosto e niente fumo forse in Italia questo non paga. E senza il suo aiuto non avrei mai cominciato. Certo ora li invidio: a Sanremo erano arrivati ultimi due volte, come me, ma ora l’hanno vinto. Io no, e io amo Sanremo, non ho snobismi».
Nel concerto napoletano ha cambiato un verso di “Vita spericolata”. Ora “ognuno in fondo è perso dentro i Facebook suoi”, non nei “fatti”.
«E dal vivo resterà per sempre così. Facebook è stata la cosa più importante inventata dopo il telefono, ne ha la stessa utilità: mette in comunicazione la gente a distanza. Ed è il nuovo modo per farsi i fatti tuoi, e anche gli altrui.
Il contatto umano è sempre magnifico, ma Facebook aiuta a superare le timidezze. Poi come tutte le cose si può usare anche male, tanto che ho chiuso la mia pagina privata. Ho già abbastanza casini per conto mio senza crearmene altri con polemiche e litigi».
Che tempi sono questi, Vasco?
«Difficili, anche se c’è sempre la tendenza a dire che una volta era meglio. Lo dico anch’io, ovvio, perché invecchio. Ma non dimentichiamo che pochi decenni fa c’era una guerra mondiale da 70 milioni di morti. Certo mi ha colpito moltissimo l’omicidio di Luca Varani a Roma: i due giovani assassini si sono giocati la vita. Manca senso di responsabilità ».
foffo marco prato manuel luca varani
Parlando di vita, la sua è da poco sulla Treccani.
«Che meraviglia, il riconoscimento di quasi 40 anni di carriera, il segno di quel che ho saputo comunicare essendo sempre me stesso, senza filtri né autocensure. Io scarico il mio inconscio nella musica: è come se la chitarra mi possedesse e mi facesse dire cose che neppure io ammetto di pensare, e invece le penso e le dico. A volte mi sorprendo da solo».
E di sé cosa l’ha più sorpresa finora?
VASCO ROSSI VASCO ROSSI VALENTINO ROSSI
«Due cose. L’essere sopravvissuto ai miei 35 anni: mi ero tarato per morire a quell’età, invece il mio Dna robusto, di montagna, mi ha fatto arrivare fin qui e a questo punto non intendo mollare. E poi il riuscire a comunicare anche a gente che ha un quarto dei miei anni».