Marco Giusti per Dagospia
Belli di papà di Guido Chiesa.
Un affare vantaggioso: “Compriamo l’Inter?” E’ la battuta migliore di Belli di papà, divertente commedia con un Diego Abatantuono in gran forma girata metà a Milano metà in Puglia (lo so, ancora Apulia Film Commission), tra Taranto e Avetrana, da Guido Chiesa, un tempo aiuto di Jim Jarmusch e Michael Cimino, poi regista impegnato di film come Il partigiano Johnny e Lavorare con lentezza, e oggi approdato alla Colorado di Maurizio Totti come regista seriale, Quo vadis, baby?, e cosceneggiatore dei due film demenziali diretti da Paolino Ruffini.
nosotros los nobles il film rifatto da belli di papa
Qui, in pratica, i ricchi milanesi non sanno come sprecare il loro denaro. Così il potente costruttore d’autostrade Vincenzo, cioè Diego Abatantuono, vedovo con tre figli sciocchini e spendaccioni, Matilde Gioli, Andrea Pisani, Francesco Di Raimondo, con l’aiuto del suo socio in affari, Antonio Catania, finge di aver perso tutto e di essere ricercato dalla finanza. E se ne va alla guida di un pandino in quel di Taranto, da dove proviene, assieme ai rampolli per far capire alla viziata famiglia che i soldi vanno guadagnati col sudore della fronte e che il mondo è pieno di parassiti.
Come il vanesio fidanzato della figlia, Loris, cioè Francesco Facchinetti al suo esordio nel cinema, arrampicatore e lestofante. Meglio la gente che lavora davvero a Taranto, come il baldo Rocco, Marco Zingaro, cuoco pugliese, o il grosso Ferdinando, Nicola Nocella, che accompagna il figlio primogenito di Vincenzo a scaricare rifiuti. O la pescivendola Anna, la bombatissima Barbara Tabita, che si rivelerà fidanzata di Vincenzo. Cosa dire? La storia ha origini nobili.
Non tanto per il film messicano del 2013 che si è comprato la Colorado per farne un remake quasi identico (vedere il manifesto…), cioè Nosotros los nobles diretto da Gaz Alazraki con Gonzalo Vega, quanto per El gran calavera, girato sempre in Messico da Don Luis Bunuel nel 1949 con Fernando Soler protagonista e la storia proprio uguale. Nei film messicani, però, la famiglia si spostava solo di zona all’interno della capitale, qua si deve arrivare in Puglia per dovere di Apulia Film Commission.
C’è pure Uccio De Santis, re delle barzellette baresi, che si lancia nel numero del dialetto pugliese incomprensibile dai nordici. Anche se non mancano ovvietà e banalità, va detto che era parecchio che non si vedeva un Diego Abatantuono così in forma e con battute anche molto divertenti, Facchinetti, lo dobbiamo ammettere, nel ruolo del futuro genero insopportabile, fa ridere, Matilde Gioli, reduce da Il capitale umano di Paolo Virzì, è una presenza bella e elegante.
E Nic Nocella e Uccio De Santis, fanno più ridere dei milanesi. Certo, Guido Chiesa fa il possibile per far funzionare il racconto e mantenere viva la commedia, non ci sono buchi di sceneggiatura e volgarità, anche se il limite del film è proprio nel voler essere in partenza una di queste nuove commedie italiane nord-sud un po’ troppo viste. Non si tratta tanto di non appoggiare la logica del remake, quanto di non appoggiarli se poi vengono riportati nei binari di un certo tipo di commedia. Anche se questa, ripeto, è costruita decisamente meglio della media. Grande comunque Diego. In sala dal 29 ottobre.