IL CINEMA DEI GIUSTI - "ADAGIO”, FORSE IL FILM MIGLIORE DI STEFANO SOLLIMA, NON PUÒ NON PIACERE AL PUBBLICO DI “ROMANZO CRIMINALE”, “GOMORRA” E “SUBURRA” - RICOMINCIAMO DA ROMA, ANZI DA SAN LORENZO. E DALLA COCA: “LA VERITÀ È COME LA COCA, NON C’È PURA”. MA SE DI COCA A ROMA CE N’È ANCHE TROPPA, VALLA A TROVARE LA VERITÀ IN QUESTA CITTÀ E IN QUESTO FILM DI CARABINIERI INFAMI, VECCHI ARNESI DELLA BANDA DELLA MAGLIANA IN "CIAVATTE" E PISCHELLI CHE SI MUOVONO SENZA PENSARE TROPPO ALLE CONSEGUENZE… - VIDEO

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pierfrancesco favino stefano sollima e gianmarco franchini in adagio pierfrancesco favino stefano sollima e gianmarco franchini in adagio

Marco Giusti per Dagospia

 

Ricominciamo con Roma, anzi da San Lorenzo. E dalla coca. “La verità è come la coca, non c’è pura”. Sì, ma se la coca a Roma ce n’è anche troppo, valla a trovare la verità in questa città e in questo film di carabinieri infami, vecchi arnesi della Banda della Magliana in ciavatte che hanno ancora un codice morale e pischelli che si muovono senza pensare troppo alle conseguenze.

 

pierfrancesco favino in adagio pierfrancesco favino in adagio

Vedetela un po’ come volete, ieri in sala al Barberini al primo spettacolo c’erano 12 spettatori e qualcuno che si aspettava di più, ma questo “Adagio”, grande ritorno di Stefano Sollima al genere più amato dei nostri anni ’70, il poliziesco romano, con tanto di omaggio al padre Sergio con lo stesso lettering dei suoi vecchi film, con un plot alla “Milano calibro 9” di Fernando Di Leo, con una Roma inedita tutta costruita sopra e sotto la sopraelevata fantozziana tra San Lorenzo e Pigneto, con le sue precise citazioni del Califfo,

 

gianmarco franchini e pierfrancesco favino in adagio gianmarco franchini e pierfrancesco favino in adagio

con un cast di attori favolosi e tutti in parte, dai carabinieri infami di Adriano Giannini, Francesco Di Leva e Lorenzo Adorni ai tre vecchi arnesi della Banda, Toni Servillo alias Daytona, Valerio Mastandrea alias Paul Niuman, Pierfrancesco Favino alias Il Cammello, al giovane Manuel di Gianmarco Franchini, al di là di qualcosa che non torna in sceneggiatura, è non solo un regalo inaspettato, ma anche un grande film che dovrebbe chiudere un’epoca sia per chi lo fa sia per chi lo vede (“Tutto il resto è noia”), che non può non piacere al pubblico di “Romanzo criminale”, “Gomorra”, “Acab” e “Suburra”.

adriano giannini toni servillo e francesco di leva in adagio adriano giannini toni servillo e francesco di leva in adagio

 

Forse il miglior film di Sollima, scrivevo a caldo da Venezia (esageravo? Ho rivisto da poco Suburra e l’ho trovato stupendo…), che lo ha scritto assieme a Stefano Bises e prodotto assieme a Vision e al vecchio amico Lorenzo Mieli. Per questo ritorno a casa dopo le esperienze a Hollywood, Sollima richiama il suo storico direttore della fotografia Paolo Carnera (“Acab”, “Suburra”) e assieme dimostrano che non è affatto vero che non si può fare più il cinema a Roma. Nessuno si muove come loro a raccontare il genere, a impostare e muovere gli attori negli angoli più oscuri della città. Il finalone a Stazione Tiburtina potrebbe valere i finali dei film di De Palma.

 

ADAGIO ADAGIO

La Roma che brucia, richiamo neroniano (che forse avrei evitato), chiude per sempre la possibilità di una fuga dal proprio destino per i personaggi. L’idea, nuova, magari, è quella dei rapporti padri-figli. Manuel è il figlio di Servillo - Daytona, vecchio boss apparentemente in disarmo, ciavatte e occhi nel vuoto. Si mette nei guai e va da Mastandrea, addirittura cieco ma con le Crocs ai piedi, che avevamo lasciato in canotta a Testaccio a menare la Cortellesi, E lui, qui ribattezzato Pol Niuman (seee, gli piacerebbe), lo manda da Favino, Il Cammello, mutande, canotta e ciavatta, pelata alla Bruce Willis arrivatissimo, che è quello che sta messo peggio di tutti.

 

gianmarco franchini in adagio gianmarco franchini in adagio

Si è fatto undici anni di carcere, ha perso un figlio in un colpo commissionato proprio da Daytona, e è tornato a morire a casa con un cancro terminale. Ohi! Ma sappiamo da subito che si comporterà da padre come ha detto Pol Niuman. Non si sgarra. A sua volta anche il cattivo carabiniere di Adriano Giannini è un padre affettuoso per i suoi figli. Caldo, sudore, sporcizia di una Roma in fiamme invivibile e bellissima, capocciate, zaccagnate impreviste e morale facile da vecchia Roma (“Io sto nel mio, ma se mi pestate i piedi…”). A Venezia il film non è stato capito. Vediamo se lo capisce il pubblico di Natale. 

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