Marco Giusti per Dagospia
In sala ci sono parecchi film interessanti. A cominciare dall’imperdibile “A Chiara” di Jonas Carpignano, uno dei migliori film dell’anno, che ha dominato la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes lo scorso luglio, terza parte di una trilogia su Gioia Tauro di grande valore, non solo cinematografico, che magari ci spiegherà qualcosa in più sulla situazione generale calabrese, unica regione dove ancora domina Forza Italia.
“A Chiara” è il ritratto di una ragazza che cresce dentro una famiglia legata alla ’ndrangheta e inizia a accorgersi che qualcosa non torna. Girato benissimo, interpretato da non attori di Gioia Tauro, è la risposta più sana al cinema di papà italiano e ai suoi borghesi inaciditi nella nutella del morettismo.
l’uomo che vendette la sua pelle
Senza scordare il già superdiscusso “La scuola cattolica” di Stefano Mordini,che arriva nelle sale con un assurdo divieto ai 18 anni, che ne limita lo sviluppo televisivo, cosa che ai produttori della Warner Bros non piacerà affatto, ma diventa così un caso importante, soprattutto con lo spareggio Michetti-Gualtieri.
Perché nella giustificazione del divieto risiede proprio la critica più interessante che si possa fare al film e ai suoi autori. Il fatto cioè che tra “buoni” e “cattivi” del Quartiere Trieste, e delle loro scuole, San Leone Magno e Giulio Cesare, non ci sia gran differenza, e quindi che i fascisti assassini della strage del Circeo, alla fine, fanno parte della stessa borghesia nera romana e cattolica che ha prodotto anche i non fascisti.
Questa è la cosa che dà più noia non solo ai censori, che sembrano quelli della vecchia DC andreottiana, ma anche ai critici che si considerano più a sinistra e dividono la borghesia in parti distinti. Il film diventa allora molto più caldo di quel che si era pensato vedendolo a Venezia.
Altri film italiani da vedere, ma che ahimé non ho ancora visto, sono “Il materiale emotivo”, vecchio copione di Scola e Scarpelli riportato in scena da Sergio Castellitto con lo stesso Castellitto, l'emergente Matilda De Angelis e la luminosa Berenice Bejo, e “Con tutto il cuore” di Vincenzo Salemme con Maurizio Casagrande, Serena Autieri e Cristina Donadio, che torna su un vecchio tema dell’autore, quello del cuore trapiantato. Stavolta il donatore è un camorrista e quello che lo riceve sempre il povero Salemme. E, confesso, è un film che mi attrae molto.
Per i fan dell’arte contemporanea è invece imperdibile “L’uomo che vendette la sua pelle” della tunisina Laouther Ben Hania, prodotto da ben cinque paesi tra cui Francia, Tunisa, Svezia, ispirato a un vero fatto accaduto all’artista belga Wim Dervoje, che aveva reso opera la pelle di un uomo tatuandola, e che qui diventa metafora di un ragionamento sull’arte, sulla dignità umana, sulla condizione di tanti migranti dal Medio Oriente.
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