"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
1- CI MANCAVA SOLO LA GUERRA
Nonostante le dichiarazioni e le risoluzioni ONU, le guerre nel mondo continuano. Rispetto alla fine del 2005, non si combatte più in Nepal, Burundi, Waziristan e Balucistan, ma nuovi conflitti sono scoppiati. La maggioranza delle guerre in corso è concentrata come sempre in Africa e in Asia, specialmente in Afghanistan. Sempre in fiamme inoltre il mondo arabo, nel vasto teatro dell'Iraq, ma anche in Palestina, Libano e Algeria. Si combatte anche in Europa (Cecenia e Turchia) e in America Latina (Colombia e Haiti)...
Oltre a quelle in arrivo dalla Palestina e dal Libano, le immagini dall'Iraq e dall'Afghanistan sono comunque video hit in ogni network Tv che si rispetti. Quando la guerra in Iraq prese il via, la Casa Bianca l'aveva presentata come un'operazione rapida i cui costi sarebbero stati coperti dal petrolio iracheno. Dopo qualche tempo il consigliere economico del presidente Bush, Lawrence Lindsey, ipotizzò un costo di 200 miliardi di dollari e fu licenziato. Oggi uno studio del Congresso afferma: mille miliardi di dollari. Le guerre da un trilione di dollari in Iraq e Afghanistan, con tutti i loro strascichi, assorbono, già nel 2006, più del 10% di tutti i fondi disponibili annualmente per il governo statunitense.
Tutto ciò premesso e nonostante tutto ciò, o probabilmente a causa, scoppia il primo caso YouTube e la guerra. Altro che violazione di copyright! La faccenda è gravissima. Molto più di quanto appare. I video di guerra sono cominciati ad arrivare nel sito sin dai primi mesi del 2006 e, tutto sommato, non hanno generato molti visionamenti. Alcune scene della battaglia di Falluja sono state visionate 400.000 volte, ma non hanno ricevuto commenti degni di nota. Del resto non sono molto dissimili da quanto si poteva vedere nei telegiornali di ogni nazione. Soprattutto, sono state girate dagli stessi soldati americani che operano in Iraq, quindi il punto di osservazione degli eventi coincide in gran parte con quello degli operatori Tv embedded.
Il caso scoppia quando su YouTube cominciano ad arrivare clip di guerra dal Libano, dove la situazione è questa: in pochi giorni 600 morti, 7000 profughi e il pericolo che intervengano nel conflitto Iran e Siria. Sono immagini notturne dei bombardamenti effettuati dall'aviazione israeliana. Ma non sono proprio le stesse trasmesse da CNN o dalla Rai o da Reuters perché stavolta a girare ci sono i civili libanesi: gli stessi che vengono bombardati. Alcuni uploader, come il famoso msoubra, a quei suoi 50 secondi inviati il 16 luglio 2006 e visti da 500.000 persone in poche ore, ha aggiunto un commento che fa il giro del mondo, ripreso da giornali e blog. In quelle poche righe strazianti, che qualcuno considera alla stregua del Diario di Anna Frank, riassume la storia di chi, come lui, all'età di quattro anni era già stato sotto i bombardamenti del 1982. Una parte di mondo ammutolisce, si raccoglie in preghiera, scrive petizioni contro la guerra, fa dimostrazioni, invia migliaia di commenti eccetera.
Un'altra parte invece insorge contro YouTube, specialmente la stampa e le Tv favorevoli a Bush and Co. «YouTube non effettua il monitoraggio come dovrebbe» scrivono e affermano nei TG «nonostante affermi di non voler veicolare contenuti violenti». Strano! Quando i filmati arrivavano dalle videocamere dei loro militari non erano immagini violente, ma eroiche e gloriose azioni di guerra... YouTube si trova improvvisamente sull'orlo del baratro. Stavolta alcuni membri della Comunità l'hanno fatta grossa. «Noi forniamo un servizio alla gente del mondo permettendo di condividere che cosa è realmente avvenuto nelle loro regioni, incluso il Medio Oriente» pronuncia col cuore in gola il direttore marketing Julie Supan a difesa della sua mini enterprise. «I video permettono di avere un'immediata comprensione degli eventi che si svolgono e dell'impatto di queste azioni».
Ci sono volute ore e ore per mettere a punto quella dichiarazione e la giovane signora, in quei giorni, trema a ogni squillo del telefono. Le conseguenze di quanto sta accadendo infatti sono assolutamente imponderabili. Al di là della questione «guerre in corso», peraltro immensa, è in ballo il fatto che cittadini qualunque possano fornire informazioni e opinioni su eventi politici e militari e che tali informazioni e opinioni possano essere amplificate... ottenere dignità di «fonte attendibile». Fra l'altro: «Le prossime generazioni avranno bisogno di uno YouTube che esegua qualche sorta di verifica d'identità prima di assegnare credibilità a qualsiasi fonte» si tuona dalle colonne di molti giornali. È un guaio e non finisce lì. Presto interverrà il Pentagono, con i falchi, le colombe e tutto il resto della grande voliera.
il fondatore di youtubeNon esistono norme specifiche che vietano di inviare video o foto dai teatri di guerra, ma le truppe in Iraq e Afghanistan sanno bene che è materiale rovente. In alcuni siti, tra cui YouTube, esistono centinaia, se non migliaia, di video, molti dei quali sono stati montati su brani di rock music. Sono terrificanti clip che mediamente vengono viste 100-200.000 volte ognuno. Qualcuno mostra gli scontri armati, altri addirittura le esplosioni degli uomini-bomba. Troppi sono commentati con un linguaggio scurrile e violento. La situazione è nota ai vertici militari, tanto che un soldato inglese, reduce dall'Iraq, ha rivelato alla BBC che esiste un rigido controllo sui video e le foto inviate, per lo meno a MySpace. Il monitoraggio è stato affidato dal Pentagono a società esterne composte da civili. Le affermazioni non sono state dimostrate, ma si sa che il Comando Centrale Usa ha una squadra che legge i blog dal fronte e interviene su ciò che è definito «impreciso». Un ufficiale in Iraq dichiara anche che il Pentagono è preoccupato per alcune immagini apparse online.
La questione, dopo i primi commenti e le risposte di YouTube, sparisce dai media improvvisamente, così com'è apparsa. In pochi giorni si risolve anche l'episodio della guerra in Libano e quindi, per lo meno da quel territorio, non arrivano più video. Le guerre però continuano in Iraq e Afghanistan e da lì continua ad affluire materiale filmato dai soldati. Si riapre la ferita e con esiti, in questa stagione, ancora impensabili.
2- E ORA MUSICA E... PUBBLICITÀ
In quel caldo agosto che segue il breve ma acceso dibattito sui video di guerra, a YouTube i Ragazzi si concentrano su due questioni.
Chad rivela alla Reuters: «Abbiamo in progetto di mostrare ai nostri spettatori, entro 18 mesi, qualunque videoclip musicale sia stato mai prodotto». E aggiunge: «Gratis, beninteso». Ovviamente questa affermazione presuppone che ci sia un accordo con i soggetti coinvolti: autori, cantanti e soprattutto le case discografiche. In realtà, in quel periodo, molti artisti che hanno inviato i loro lavori, dopo aver finalmente letto attentamente i Termini d'uso proposti da YouTube, scoprono il paragrafo 10, Diritti che lei concede in licenza, e qualcuno rimane turbato nell'apprendere che: «Quando lei carica o pubblica un Contributo Utente su YouTube, lei concede:
A) a YouTube, una licenza mondiale, non esclusiva, priva di royalty, trasferibile con diritto a sublicenziare, usare, riprodurre, distribuire, preparare opere derivate, visualizzare, ed eseguire quel Contributo Utente in relazione alla fornitura dei Servizi.
B) a ciascun utente del Sito web, una licenza mondiale, non esclusiva, priva di royalty, ad accedere al suo Contributo Utente tramite il Sito web e a usare, riprodurre, distribuire, preparare opere derivate, visualizzare ed eseguire tali Contributi Utente nella misura permessa dalla funzionalità del Sito web e ai sensi dei presenti Termini. Le licenze di cui sopra, concesse da parte sua, terminano nel momento in cui lei rimuove o elimina i suoi Video dal Sito web. Le licenze di cui sopra concesse da Lei sui Commenti degli Utenti sono eterne e irrevocabili, salvo che vi sia pregiudizio per i suoi diritti proprietari».
lapresse youtube Chad Hurley Steve ChenDicevamo «qualcuno rimane turbato», semplicemente turbato; altri, che non rinvengono nessuna possibilità di guadagno immediato, si consolano all'idea di farsi promuovere e poter rientrare nel pieno possesso dei diritti semplicemente rimuovendo i video; altri ancora però, piccoli e medi artisti che si esibiscono qua e là o che stanno trattando la produzione dei loro lavori con piccole o medie case discografiche, si ritengono minacciati dal fatto che YouTube e chiunque acceda al sito possa godere ampiamente dei loro travagliati arpeggi e gorgheggi.
Soprattutto l'idea di cedere i diritti a «distribuire e preparare opere derivate» impedisce a qualcuno di dormire. Il tam-tam dilaga nella tribù, e piovono le richieste di rimozione di clip musicali dai quattro angoli della Terra. Ciò però non modifica i progetti a YouTube: «Attualmente stiamo provando a determinare come e quale potrebbe essere il modello di distribuzione della musica» fa sapere Chen «e stiamo insistendo molto con le case discografiche per ottenere i loro prodotti». Ecco qua, dall'affermazione si capisce che per i ragazzi di San Bruno la vera priorità è trovare l'accordo con le major della musica. Con Warner Music Group e EMI peraltro sono in corso colloqui confermati dalle parti. E gli utenti? O accettano il famigerato paragrafo 10 oppure... ciao!
In quei giorni, fra i tanti avvenimenti, se ne registrano un paio degni di nota: Time Magazine inserisce YouTube nella sua ambita classifica dei 50 siti più cool e, nello stesso giorno, si verifica un collasso nel sistema che dura circa sei ore. Qualche youtuber, o chissà chi altri, sta forse facendo le prove per assalire le difese del sito, considerate fino a quel momento inespugnabili?
In effetti è in atto una certa presa di distanza reciproca, tra YouTube e la Comunità dei primi giorni. Per YouTube si tratta di ridefinire il concetto di comunità web. Queste parole ormai non indicano più (e solo) la grande massa planetaria di anonimi uploader, aspiranti star, media situazionisti, paria delle videocamere a basso costo, studenti, operai, casalinghe e impiegati delle metropoli e dei quartieri suburbani. Tutti costoro sono ormai definibili quali «primi compagni del grande viaggio», ma ormai, da un giorno all'altro, da una dichiarazione all'altra, da un accordo con soggetti industriali all'altro, la Comunità di YouTube sta cambiando.
Ai debuttanti ironici, graffianti, piagnucolosi o entusiasti uploader, e anche ai medi professionisti dei primi giorni, si sono aggiunte sigle prestigiose e miliardarie che influiscono eccome sulla Comunità, facendone ormai di fatto parte e condizionandola con i loro bisogni e obiettivi di mercato. Quasi a chiarire l'avvenuta mutazione, YouTube il 22 agosto rilascia uno storico comunicato stampa, molto più lungo del solito, che si intitola YouTube rivela nuovi modelli di forme pubblicitarie. «L'annuncio di oggi» spiega Chad «è solo il primo di una serie relativa alle nuove forme di pubblicità che verranno annunciate nei prossimi anni». Proprio così. I Ragazzi, o chi per loro, hanno smontato il loro medium e hanno individuato n diverse possibilità di ospitare pubblicità in modo innovativo, nella speranza di soddisfare le diverse aree della Comunità. Qualcuno conia la definizione «marketing alternativo della banda larga».
STEVE CHENYouTube inventa anche nomi inediti: Participatory Video Ads (PVA) e Brands Channels. Le due offerte si aggiungono alle sponsorizzazioni, promozioni e ai banner di solo testo già presenti. La prima a godere delle nuove opportunità è Paris Hilton, con un canale dedicato interamente al lancio del suo nuovo CD prodotto da Warner Music. Poi iniziano diverse campagne, tra le quali tuttora brilla quella della Vodka Smirnoff. Gli utenti sono invitati a condividere, commentare, scegliere gli spot pubblicitari loro proposti ed eventualmente proporre i loro. Secondo Chad questo è un modello «in cui gli utenti si impegnano nella produzione di contenuti e creano una comunicazione a doppia via con gli inserzionisti». Questi nuovi PVA appaiono in alto a destra della homepage e per mostrarsi devono essere cliccati. «Ciò dà visibilità ai nostri inserzionisti senza turbare i nostri utenti» conclude Chad. Augh!
Lungo la via dei grandi accordi d'affari, il passo successivo appare maestoso e inevitabile. La Warner Music Group, una delle quattro grandi della musica mondiale, proprietaria e distributrice di una cinquantina di altre etichette discografiche, «stava scendendo» a patti con YouTube. Il suo fondatore, Jack Warner, che nel 1929 l'aveva costituita per risparmiare sui costi delle colonne sonore dei suoi film, probabilmente si stava rivoltando nella tomba, ma Mr. Bronfman Jr. l'attuale proprietario, dall'alto del suo fatturato pari a 3,5 miliardi di dollari (nel 2006) e di fronte ai 4000 stipendi da pagare ogni mese, evidentemente ci aveva ragionato su. «La tecnologia sta cambiando l'intrattenimento» dichiara Edgar Bronfman Jr. «e noi abbracciamo l'innovazione. Siti quali YouTube hanno creato una interattività a doppia via che trasformerà i media per sempre».
L'accordo è fondato sui due elementi che hanno cambiato la scena: i Contenuti Generati dagli Utenti e la capacità veramente interattiva dimostrata da YouTube. Da quel giorno comunque tutta la library della Warner Music è a disposizione degli utenti, i quali sono inoltre invitati a utilizzare le colonne audio per creare inediti videoclip che verranno eventualmente usati anche per raccogliere pubblicità. È veramente una rivoluzione copernicana ed è anche una doccia ghiacciata per gli uffici legali che difendono i big della musica mondiale.
Dopo anni e anni di battaglie contro i pirati della musica viene detto loro: «Bene, ragazzi, prendete ciò che volete e fatene ciò che vi piace. Comunque rimandatecelo perché noi siamo quelli che possono farvi guadagnare anche qualcosina. Vi diamo anche i backstage, le interviste agli artisti e qualsiasi altra immagine possa servire. Attenti però: YouTube è in grado di identificare in dettaglio ogni uso e abuso perché sa chi siete. Presto, entro la fine dell'anno, avremo messo a punto un royalty reporting system per dividere i proventi pubblicitari tra Warner Music, YouTube e gli utenti più creativi».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMFantastico: il principio del «fare gioco signori, fare gioco» si realizza al suo massimo grazie alla collaborazione tra contenuti industriali e contenuti inviati dalla base utilizzando gli archivi messi a disposizione e il bisogno degli inserzionisti di piantonare il web. Il tutto si avvita in un vortice di promozione, partecipazione e consumo con effetti che, almeno per il momento, soddisfanno tutte le parti coinvolte. Potenza dei terabyte e della banda larga sì, ma anche visione postmoderna dell'angusto mercato dei diritti in cui si è giocato a guardie e ladri per decenni.
Due giorni dopo il colpo al cerchio, YouTube assesta il colpo alla botte. Ogni talento musicale della Comunità è invitato a mandare canzoni, videoclip musicali e performance dal vivo, per partecipare a YouTube Underground Contest, una mega selezione, superfestival dei lavori più creativi, con ricchi premi e cotillon, realizzata in collaborazione con Cingular Wireless, una delle società posseduta dalle maggiori compagnie telefoniche d'America (BellSouth e At&T), leader nell'offerta a pagamento di video su telefoni cellulari.
Sono passati solo nove mesi dal debutto ufficiale e Chad gongola. «Non si può dire che siamo stati fermi o che abbiamo perso tempo a comprare mobili lussuosi» dice alla fine di settembre 2006 al New York Times. «Cominciamo a essere finanziariamente stabili e speriamo di estendere il modello di accordo con Warner Music anche a Hollywood e alle altre case discografiche». «Non se ne parla proprio» rispondono quelli della Universal Music. «YouTube viola il copyright e ci deve decine di milioni di dollari». Altri scalpitano: «È come Napster! È peggio di Napster!»
Chad ogni volta nega, decisamente, qualsiasi eventuale paragone: «Napster era il mercato nero della musica. Noi non siamo così». Alla Warner Music coerentemente sostengono l'accordo: «Vogliamo vedere dove porta il loro modello di business» dicono i vertici della società.
Tra quelli che soffrono per altri motivi, ci sono poi i boss di MySpace di Murdoch, i quali si sono visti portar via da YouTube il 20% degli utenti, e non solo. Grazie al software di YouTube, che consente di infilare video facilmente nei web sites, MySpace è stata inondata dai logos del loro concorrente. La guerra fredda tra YouTube e MySpace-Murdoch è decisamente in atto e costituisce, agli occhi di qualche analista, uno dei motivi per cui l'industria dell'intrattenimento, preoccupata dallo strapotere murdochiano-repubblicano-bushista, chiude un occhio o anzi, comincia a sostenere apertamente i Ragazzi di San Bruno che stanno sfidando Golia.
CHAD HURLEY E STEVE CHENIl governo federale, e in particolare il Dipartimento che si occupa dell'uso di sostanze stupefacenti, ritengono comunque che YouTube è uno dei migliori veicoli, se non il migliore, per una nuova campagna contro la droga. E quindi, sul sito, cominciano a circolare spot che invitano i giovani a stare alla larga da marijuana, cocaina, eroina, crack eccetera. Le risposte degli youtuber, come al solito, non si fanno aspettare, e molti video si tramutano in parodie, alcune decisamente deliranti.
13/Continua...
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