IL DIVANO DEI GIUSTI/1 - IL TEMA GENERALE DEI PRIMI CINQUE EPISODI DELLA SESTA STAGIONE DI “BLACK MIRROR”, DA IERI SU NETFLIX, SEMBRA ESSERE UNA SORTA DI CRITICA ALLA SOCIETÀ COSTRUITA DA PIATTAFORME COME NETFLIX, CHE CON UNA FIRMA DIGITALE POSSONO ENTRARE NELLA TUA VITA, RIPROPORLA COME SERIE TV - PIÙ CHE UNA SORTA DI “AI CONFINI DELLA REALTÀ”, MI SEMBRA CHE “BLACK MIRROR” GIOCHI SUI CAMBIAMENTI CHE CI HANNO SEGNATO DAGLI ANNI DEL VHS IN POI… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Stavo cercando di scrivere qualcosa sui cinque nuovi episodi di “Black Mirror”, che sono da ieri su Netflix, che ribadiscono l’ossessione dello showrunner Charlie Brooker e di tutto il cinema attuale per i multiversi, le vite parallele, la mancanza di ogni privacy rispetto alle stesse piattaforme che ti succhiano la vita e la risputano come vogliono, la dipendenza dalle narrazioni costruite dagli algoritmi e dalle intelligenze artificiali, la ricerca di una qualsiasi anomalia rispetto a una vita fatta di ripetizioni controllate chissà da chi, che mi imbatto prima in una articolessa di Veltroni sul Corriere, dove ci invita tutti a liberarsi un attimo del terzo braccio, il cellulare, e a capire dove stiamo andando (ma dove stiamo andando?) e poi nelle anticipazioni del fondamentale libro di Buttafuoco su Berlusconi.

 

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Altro che 5 maggio di Manzoni. Qua si vola più alti. «La patria del melodramma ha trovato in Berlusconi, che è amico di tutti nemico di nessuno, il primo dei suoi amanti». Aiuto! Anche se Buttafuoco è divertente. «Come il duca Valentino, come Cagliostro e come Giuseppe Garibaldi - tutti uomini totali e arcitaliani, sepolti tutti sotto montagne di bibliografie e leggende - egli è persona che diventa personaggio e però solo lui s'impone ai posteri con un sovrappiù di fantasia».

 

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Ecco. Lo sapevo che ci voleva un poeta per descrivere Berlusconi. Anche se, confesso, il giorno che è morto, esattamente quando l’ho saputo, mentre guidavo dalle parti dell’Abetone per andare a trovare ilò mio amico Massimo Ceccherini è spuntato nel cielo, altro che “Stranger Things”, “Black Mirror”, “Nope”, una gigantesca nuvola a forma di (ceppa di) cazzo eretto che forse Buttafuoco, da arcitaliano, dovrebbe inserire nel suo dotto poema.

 

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Una sorta di sogno di Costantino, “in hoc signo vinces”, che da piccolo mi tormentava e c ercavo anch’io nel cielo. E non era stato proprio Ceccherini, in un film che diresse per Cecchi Gori e che venne nascosto per anni e mai uscì in sala, “La brutta copia”, a presentare Berlusconi come una forza aliena sconosciuta che avrebbe potuto compiere miracoli.

 

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Film scomparso, dopo una piccolissima apparizione su Sky, come leggo che è scomparso da ogni piattaforma (ma perché?) anche “Loro” di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo – Berlusconi, che ci saremmo rivisti tutti volentieri in questi giorni, dopo aver assistito all’incredibile funerale di Berlusconi nel Duomo di Milano, puro Almodovar, o puro “Black Mirror”, una sorta di buco nero arcitaliano dove possono convivere il Gabibbo e Mattarella, il governo omofobo della Meloni con aggiunta di Renzi e tutto il lelemorismo del gruppo e della famiglia Berlusconi.

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Marta Fascina e Marina Berlusconi che si danno la mano davanti a Maria De Filippi, mentre Francesca Pascale chissà dov’è e nessuno inquadrava Elly Schlein vestita tutta di nero, venuta, come cantava Jannacci nella celebre Prete Liprando, (da Como) per niente.

 

Ma torno a “Black Mirror”, sesta stagione, con episodi diretti da giovani e bravi registi, Jophn Crowley, Sam Miller, Ally Pankiw, Uta Briesewitz, Toby Haines. Il tema generale sembra essere una sorta di critica alla società costruita da piattaforme come Netflix, qui ribattezzata Streamberry, che con una firma digitale possono entrare nella tua vita, riproporla come serie tv , come nel primo episodio “Joan Is Awful” con Annie Murphy e Salma Hayek, e farne cosa vogliono.

 

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Salvo pensare che la tua stessa vita è una imitazione alla Netflix della vita di un altro, secondo un modello infinito di ricostruzione narrativa a sua volta ripetibile di quel che gli algoritmi ci indichino quale sia la vita da seguire da spettatori e possibili protagonisti. Nel secondo episodio vediamo una giovane coppia di registi cerca di costruire un docu-drama storico per Streamberry-Netflix (racconto nel racconto) nella cittadina inglese dove si sono svolti anni prima terribili delitti seriali con torture e sevizie.

 

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 In questo caso la ricostruzione stessa degli avvenimenti, costruita con metodi di riproduzione d’epoca e vecchi vhs casalinghi, porterà a una nuova terribile verità. Ci si spinge oltre nel terzo episodio, molto originale, dove due astronauti in orbita nello spazio hanno una vita da alias sulla terra con dei loro cloni. Più che una sorta di “Ai confini della realtà”, mi sembra che “Black Mirror” giochi sui cambiamenti che ci hanno segnato dagli anni del vhs in poi, che per noi sono grandemente anni berlusconiani o post debordiani (“la morte di berlsuconi è la morte degli anni 80” ha detto giustamente Carlo Freccero), e che arrivano facilmente alle nuove logiche della tv delle piattaforme invadenti, dello spettacolo che ti prende la vita proprio mentre la vivi.

 

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Rientrano in questo discorso anche i primi due episodi di “The Idol”, Sky, odiati da tutta la critica, che sembrano capovolgere la logica femminista della regista, la Amy Seimetz di “The Girlfriend’s Ecperience”, che il produttore Sam Levinson ha rimosso, con l’aiuto di “The Weeknd”, per imporre uno sguardo maschile sull’intera storia. Anche se, oltre a non sapere come la storia si svilupperà, e quindi parliamo tutti un po’ a cazzo, su, pure in questo caso mi sembra di leggere nelle prime due puntate che tutti abbiamo visto una pur facile critica alla manipolazione della vita delle star in chiave di ripetizione narrativa dove una cantante vale l’altra indifferentemente.

 

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E quel che si costruisce può ancor più facilmente che ai tempi di Judy Garland o Janis Joplin essere distrutto da una fotografia sbagliata sui social. Ma, e qui chiudo, tutto questo si lega benissimo alla morte da padre di un impero mediatico come Berlusconi, che potete benissimo vedere come Mozart alla Buttafuoco o come Logan Roy in Succession o come J.R. in Dallas, con feretro da bruciare su una montagna di vhs polverosi che tutti abbiamo avuto o come qualche personaggio immorale e divertente di Game of Thrones.

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 Perché Berlusconi, più che persona che diventa personaggio, come un Nonno Ugo Rossetti qualsiasi, è parte fondamentale dell’immaginario televisivo che in Italia ha dominato la scena dagli anni ’80 a oggi in un arco che va dal pupazzo Five alle ragazze di Colpo Grosso al Signorini del Grande Fratello.

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