Giorgio Gandola per “la Verità”
MAURIZIO MOLINARI E MARIO CALABRESI
Un siluro in piena regola.
Cambia tutto a La Repubblica, dove il direttore Carlo Verdelli viene sostituito dopo poco più di un anno con Maurizio Molinari, numero uno de La Stampa. È il primo, rumoroso gesto di John Elkann, che evidentemente non vedeva l' ora.
Neanche un giorno dopo aver perfezionato il passaggio azionario della maggioranza dalla cassaforte della famiglia De Benedetti, il nuovo presidente del gruppo Gedi ha licenziato il direttore.
Nel farlo, ha sottolineato nello stesso comunicato «la piena solidarietà per le intimidazioni che sono state rivolte contro la sua persona».
Il passaggio è importante perché dimostra la vicinanza dell' editore al giornalista, recentemente fatto segno di minacce da parte di imbecilli web e messo sotto scorta. Ma è anche involontariamente beffardo perché la nuova Gedi, due righe prima di solidarizzare, lo aveva pur sempre mandato via. Tra l' altro nel mezzo del tweet-storm organizzato da Articolo 21, un grande abbraccio social di solidarietà per le intimidazioni. Difficile mescolare i due livelli.
Resta una rivoluzione che scuote il quotidiano cardine della sinistra italiana proprio nel momento in cui stava producendo uno sforzo evidente per tornare ad essere quel giornale-partito di memoria scalfariana (e anche un po' mauriana, nella fase delle dieci domande a Silvio Berlusconi), collante del variegato e pittoresco mondo da Capalbio ai centri sociali. Ed è proprio ciò che più confligge con lo stile compassato, da progressismo british, dei nuovi padroni di Repubblica, sempre poco inclini alla bagarre di piazza e ai toni tribunizi.
SALVINI CON UNA COPIA DI REPUBBLICA CHE TITOLA CANCELLARE SALVINI
Sostiene un certo demi monde che Elkann sia rimasto esterrefatto per quel titolo «Cancellare Salvini» che ha sancito lo spartiacque di Verdelli fra una dialettica politica anche feroce e l' annientamento dell' avversario. E poiché i risultati in edicola non sono confortanti (meno di 150.000 copie vendute), il direttore non ha potuto contare sull' ombrello protettivo del mercato, sempre più asfittico per le cosiddette corazzate dell' informazione.
Il ribaltone di ieri ha un' altra conseguenza dentro il gruppo: la nomina di Massimo Giannini (numero uno di Radio Capital e conduttore televisivo) a direttore de La Stampa e delle testate locali.
Nell' assetto generale, in sostituzione di Lucia Annunziata in uscita da gennaio, Mattia Feltri è stato nominato direttore di Huffington Post Italia. Molinari, moderato e riflessivo, è un timoniere con un pedigree fuori target per la tolda di Repubblica: esperto di esteri, amante del riformismo, ex corrispondente da Gerusalemme con solidi agganci nell' establishment, rappresenta una sterzata al centro e somiglia nel profilo più a Mario Calabresi che ad altri conducadores barricaderi.
francesco merlo eugenio scalfari antonio gnoli foto di bacco (2)
Insomma, un fioretto dopo la sciabola, quando non la clava. Un avvicendamento visto in chiave positiva (per le quote di mercato editoriale) dai rivali d' area del Fatto Quotidiano.
Il terremoto apre una crepa importante attraverso la quale si intravede un orizzonte inedito.
Lo spostamento, almeno apparente, di Repubblica verso il centrosinistra dialettico nell' approccio politico potrebbe consolidare la pazza idea di Carlo De Benedetti di favorire una scissione e realizzare il sogno di battezzare un' impresa editoriale alla veneranda età di 85 anni. Se n' era parlato qualche mese fa, dopo la resa dei figli nella partita per il controllo di Gedi e la cessione delle quote. Gli eredi di Eugenio Scalfari, a cominciare da Ezio Mauro, sarebbero pronti a rispondere alla chiamata.
Alcune firme storiche come Gad Lerner, Michele Serra, lo stesso Francesco Merlo (particolarmente legato a Verdelli che lo aveva voluto anche nell' avventura in Rai) potrebbero salire sul vascello corsaro. Un' avventura che a Indro Montanelli 46 anni fa portò fortuna. Ma era un altro mondo.