FILMO ME STESSO, QUINDI ESISTO! - ARRIVA NELLE SALE "WAX", IL PRIMO SELFIE-MOVIE GIRATO CON UNO SMARTPHONE - TRA I PROTAGONISTI ANCHE RUTGER HAUER (IL REPLICANTE DI 'BLADE RUNNER') E ANDREA SARTORETTI ("ER BUFALO" IN 'ROMANZO CRIMINALE'-LA SERIE) -

Nell'epoca dei selfie anche il cinema si trasforma: "Wax: we are the X" segna il debutto del regista Lorenzo Corvino e di altri 12 esordienti under 40: “Ormai la Generazione X è uno stato dell'anima” - In arrivo anche "Starvecrow", film inglese in cui c'è un massiccio uso di video estrapolati da smartphone e telecamere a circuito chiuso.. -

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Maurizio Di Fazio per “www.repubblica.it”

 

Prima o poi doveva succedere, e a bruciare tutti sul tempo è una pellicola indipendente italiana in uscita giovedì 31 marzo: arriva il primo selfie-movie, il primo film realizzato col passatempo preferito dalle nuove e vecchie generazioni, dai turisti e purtroppo spesso anche dagli automobilisti. Irrompe in sala la moda del selfie, l'autoscatto sorridente con o senza sfondo o effetto drone.

 

Si intitola Wax: we are the X e segna il debutto del regista Lorenzo Corvino (che firma anche la sceneggiatura) e di altri dodici esordienti under 40, giustapposti a celebrità come l'attore olandese Rutger Hauer (il replicante di Blade Runner), il nostro Andrea Sartoretti (diventato famoso per il suo ruolo di "Er Bufalo" in Romanzo Criminale - La serie) e la star francese trapiantata a Hollywood Jean-Marc Barr: "Tutti hanno accettato di prendere parte al progetto trascinati dall’entusiasmo dei giovani attori italiani e francesi coinvolti", racconta Covino.

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Wax è un "instant road movie", un ménage à trois che centrifuga avventura, romanticismo e thriller per fissare la condizione cronicamente precaria e sfuggente dei trenta-quarantenni d'oggi, la Generazione X secondo la fortunata definizione di Douglas Coupland. Una generazione saltata. "Ormai la Generazione X è uno stato dell'anima" ci dice Corvino, classe 1979, un predestinato: nel 2011 produsse e diresse il primo videoclip italiano girato con uno smartphone.

Alimentato da materiale video eterogeneo come possono essere i filmati dei telefonini e delle telecamere di sorveglianza, We are the X inaugura la stagione dei film concepiti con la tecnica del selfie, e se vogliamo una sorta di Nouvelle Vague dello smartphone. Il lungometraggio è girato, infatti, tutto in soggettiva e col supporto fondamentale dei cellulari di recente tecnologia. "Ho cercato di rendere espressivo e narrativo quello che un tempo si definiva comunemente 'autoscatto'. Parafrasando Cartesio, 'Filmo me stesso, quindi esisto'.

 

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Un videoblog eletto a mezzo di racconto, nel quale clip dopo clip va costruendosi, secondo la grammatica del linguaggio cinematografico, una storia, una narrazione per accumulo di elementi e informazioni: senza mai dimenticare la centralità della figura narrante, sempre presente in qualche modo in scena, allo stesso modo in cui il soggetto che si autoritrae in un selfie è il punto di riferimento costante del contenuto fotografico" spiega Lorenzo Corvino.

 

Nel film il soggetto che riprende guarda costantemente in macchina, palesando la presenza del proprio smartphone nella storia. Lo smartphone come risposta: lo strumento che chiunque maneggia e in cui tutti si riconoscono messo al servizio di una comunicazione non telefonica, ma cinematografica. Carichiamo incessantemente filmati sui social network e su YouTube, "ma nessuno l'aveva trasformato in uno strumento esteticamente maturo per raccontare emozioni sul grande schermo".

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Con una differenza sostanziale rispetto al passato: "nel capostipite dell'era digitale, The Blair Witch Project (1999), così come nei successiviRec e Cloverfield, la soggettiva serviva ad ampliare le potenzialità della tensione di ciò che è nel fuori campo, provocandoci un sussulto; nel mio film è totalmente a favore dello spettatore, i personaggi che si auto-riprendono si investono del doppio ruolo di attori e registi di se stessi, a beneficio del racconto" aggiunge Corvino.

 

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E qui torniamo alla potenza inespressa di fuoco artistico degli smartphone: "Le loro dimensioni ridotte permettono di mostrare qualsiasi cosa da punti di vista inediti e soprattutto condivisibili, perché chiunque può replicarli. L'esperienza è immersiva, crea identificazione". Le stupefacenti doti illusionistiche del cinema, grazie alla sua facoltà di rigenerarsi in perpetuo attraverso l'evoluzione tecnologica.

Wax: we are the X anticipa l'uscita dell'inglese Starvecrow (regia di James Carver), un'angosciosa storia di ossessione, narcisismo e relazioni sociali complicatissime, che dovrebbe approdare sul mercato quest'anno: si preannunciava a mo' di primo selfie-film della storia, evidentemente ignorando quanto stava già avvenendo nel Bel Paese. Anche qui c'è un massiccio uso di video estrapolati da smartphone e telecamere a circuito chiuso; anche qui la soggettiva gioca un ruolo predominante.

 

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Trama: Ben è un freak controllato, un incantatore dell'evo digitale, e filma tutto quello gli si pari davanti. Jess è fresco di riabilitazione da un rehab. I loro mondi sembrano interconnessi: ma Jess ha bisogno di starsene un po' da solo e così accetta l'invito in una casa nel bosco, presumibilmente priva di segnale wi-fi, posseduta da alcuni amici...

In precedenza la mania del selfie aveva contagiato il cinema solo a livello contenutistico, o di titolo. Selfie è il titolo di una commedia americana del 2014, diretta da Julie Anne Robinson: Dooley ha 263 mila followers che pendono da ogni suo post, tweet e autoscatto.

 

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Un bel giorno, la rivelazione: gli amici sui social sono cosa ben diversa dagli amici reali. Ed è in preparazione L'amore al tempo del selfie(regia di Michele Alberico, Francesca Staasch e Stefano Tummolino): Margaux e Daniele erano una coppia felix. La love-story spezzata viene rievocata con flashbackmultitasking: tutt'a un tratto si riaccende, tra i due, una nuova complicità. Ma non può durare, in questi narcisistici anni dieci.

Intanto si è scoperto quand'è stato adoperato per la prima volta un bastone per il selfie sul grande schermo. È accaduto in un'epoca in cui per selfie si intendevano al massimo gli autoscatti istantanei di una Polaroid e non c'erano ancora i cordless, figurarsi gli smartphone. In un fotogramma di un'oscura e bislacca commedia sci-fi cecoslovacca del 1970, Zabil jsem Einsteina, pánové (I killed Einstein, Gentlemen), si vede una donna intenta a fotografarsi con una piccola macchinetta collegata a un'asta allungabile. La cui parte inferiore stampa immediatamente la foto. Lei sfodera un sorriso artefatto. Più selfie di così.

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