1 - ANZALDI: VA FERMATA LA CASTA DEI CONDUTTORI
Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
fabio fazio luciana littizzetto
La politica rispedisce al mittente (cioè a Fabio Fazio, che ieri ne ha parlato in un' intervista a Repubblica) l' accusa di aver esercitato una inaudita ingerenza nelle cose della Rai. Il conduttore di Che tempo che fa ha contestato i partiti che danno i voti ai tg, che chiedono le dimissioni dell' ad Campo Dall' Orto e che hanno imposto un tetto ai compensi di manager e artisti, invadendo un territorio regolato dal «diritto privato».
I politici non ci stanno. A Repubblica. it, il deputato Michele Anzaldi (Pd) replica che «non è intrusione costringere gli italiani a pagare il canone tv come non è un' ingerenza imporre un limite alle retribuzioni » delle star.
Il segretario del Psi, Riccardo Nencini, aggiunge: «In tempi di emergenza stringere la cinghia non fa male a nessuno». Nello stesso tempo, Nencini comprende le ragioni di Fazio: «Se le qualità di un artista sono tali da raccogliere pubblicità, calmierare per contratto è una pratica da valutare con attenzione». Dai 5Stelle, nessuna comprensione per il conduttore. Ecco Roberto Fico, presidente della Commissione che vigila sulla Rai (via Twitter): «Il cachet di Fazio è un ottimo motivo per i tetti di stipendio #faziofatteneunaragione».
Il senatore Airola (anche lui grillino) pone la questione dei produttori privati che lavorano per Viale Mazzini: «Fazio parla di un rapporto di fiducia tra Rai e gli uomini e le donne che ci lavorano, e che si sarebbe rotto. Ma di quale rapporto di fiducia parla? Lui, come tanti altri, realizza il suo programma con una società di produzione esterna».
Loredana De Pretis, capogruppo di Sinistra Italiana al Senato, se la prende con il governo che potrebbe dare via libera a compensi liberi per le star della Rai. Considera «scandaloso se Palazzo Chigi cedesse a questi ricatti ». Invece Renato Brunetta (Forza Italia) invita Fazio ad andarsene (ma il presentatore è già in uscita, visto che diventerà produttore indipendente): «Se vogliono il mercato, che vadano sul mercato. La Rai è una struttura pubblica che riscuote il canone e che ha anche della pubblicità. Per questa ragione il Parlamento ha il diritto-dovere di regolarne le remunerazioni».
Dal Consiglio della tv di Stato, Franco Siddi avverte che il tetto dei 240 mila euro lordi annui potrà anche sparire in futuro, ma non cadrà il tema della moderazione salariale cui anche gli artisti del piccolo schermo dovranno rassegnarsi. Su un punto sono d' accordo invece i consiglieri Guelfo Guelfi (di area maggioranza) e il collega Arturo Diaconale (di centrodestra): il semplice parere dell' Avvocatura, che contesta l' applicazione del tetto agli showman, non basta. A loro dire, il governo dovrà fare un atto specifico per sdoganare i liberi compensi. Infine Paolo Messa: «Mi pare sproporzionato il tempo che il Consiglio dedica agli stipendi degli artisti quando manca ancora un piano dell' informazione. Nell' era delle fake news, delle notizie false e interessate, noi siamo ancora fermi e distratti da altro».
3 - LO TOCCANO SUI SOLDI: FAZIO SCOPRE CHE POLITICA CHE FA IN RAI
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Un grido di dolore è stato lanciato ieri dalle colonne di Repubblica. Con un eloquente richiamo in prima pagina, dal titolo «Intrusione senza precedenti, la Rai non è proprietà della politica», ieri Fabio Fazio accusava alcuni onorevoli di aver colpito al cuore la tv di Stato. In pratica, per il conduttore di Che tempo che fa, l' azienda, che svolge un servizio pubblico per cui gli italiani sono chiamati ogni anno a pagare il canone, sarebbe stata vittima di un «vulnus forse insuperabile».
E che mai sarà successo, ci siamo chiesti saltando sulla sedia, per spingere il tenero Fabio, uomo vellutato come le sue trasmissioni, a simili dirompenti dichiarazioni? La risposta è semplice: più che il cuore della televisione pubblica è stato colpito il portafoglio privato dell' intrepido uomo di spettacolo.
E questo è veramente insopportabile. Passino gli sprechi e gli scandali e perfino le mazzette che sotto il naso di viale Mazzini venivano assegnate, come il nostro Carlo Piano ha raccontato, ma giù le mani dal compenso del conduttore unico.
Eh già, perché distratti dalle loro trasmissioni, i signori della Rai non si sono accorti che la normativa fatta ad hoc per incassare il canone ha di fatto assoggettato gli stipendi della società a quelli della pubblica amministrazione e dunque ha posto un tetto che non può superare i quattrini annualmente incassati dal presidente della Repubblica, ovvero 240.000 euro lordi. La misura contieni stipendi, per la verità, era già stata introdotta da Luigi Gubitosi, il direttore generale della Rai imposto da Mario Monti, ma fino a ieri tutti se n' erano infischiati.
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Nel frattempo la regola ha fatto il suo corso e ora risulta difficilmente aggirabile, pena sanzioni da parte di Bruxelles. Perché se l'azienda è privata può fare ciò che vuole, anche strapagare le star, ma se è pubblica e riceve quattrini dallo Stato deve adeguarsi alle norme che valgono per il resto dell'amministrazione statale.
Come detto, nessuno ci aveva riflettuto prima, ma ora che la frittata è fatta bisogna rispettare la legge. E i signori conduttori, dunque, sono stati avvisati che dovranno assoggettarsi a un taglio di stipendio. Apriti cielo: al grido di «toccateci tutto, ma non i soldi» è partita la rivolta, di cui Fabiolo prima si è fatto interprete con un tweet e poi con l' accorato grido di dolore lanciato dalle pagine della Repubblica. Un' intervista che è d' antologia. Già, perché dopo aver lavorato in viale Mazzini per oltre tre decenni, Fazio ha scoperto nei giorni scorsi che la politica si intromette nelle scelte della tv di Stato.
«Uno chiede le dimissioni dell' amministratore delegato, un altro dà i voti ai telegiornali». Cose mai viste. Ma come si permettono questi parlamentari? «Per la prima volta», ha spiegato l' amareggiatissimo conduttore, «si è rotto un patto di fiducia tra viale Mazzini e gli uomini e le donne che ci lavorano». E da che cosa è data questa rottura? Ovvio: «Dalla storia del tetto agli stipendi: così si mortifica chi rappresenta un patrimonio».
Per la verità al massimo si sono mortificate un centinaio di persone che godono di compensi stellari pagati dai contribuenti, mentre tutti gli altri lavoratori della Rai percepiscono buste paga nella norma, ma questo si può definire un dettaglio. Invece, a non essere una minuzia, è la presenza della politica a viale Mazzini, la quale non risulta esservi entrata con la norma sugli stipendi, ma essere coeva alla fondazione della stessa Rai.
Il conduttore di Che ovvio che fa bazzica gli studi della televisione pubblica da 34 anni: possibile che non si sia mai accorto che a dettar legge, più che i telespettatori, sono le segreterie dei partiti? E dire che in questi anni Fazio non è vissuto sotto una campana di vetro. Anzi. Nel 1996, alla vigilia delle elezioni che decretarono la vittoria di Romano Prodi, presentò i candidati Patrizia Toia e Nando Dalla Chiesa durante l' evento Quelli che l'Ulivo (con un richiamo evidente a Quelli che il calcio).
Nel 2001, invece, optò per Massimo D' Alema, chiudendo insieme con lui, sul palco di Gallipoli, la campagna elettorale. Per non farsi mancare nulla, però, nel curriculum ci ha messo anche un endorsement per Uolter Veltroni. Poi, una volta arrivato Matteo Renzi, non ha rinunciato a qualche intervista in prima serata con il Rottamatore. Sul sito della Rai ne abbiamo contate otto, l' ultima il 26 febbraio scorso, ma potrebbe essercene sfuggita qualcuna.
Di sicuro non ci sfugge il ricordo della sua fugace apparizione a La7 quando, dopo aver lasciato in polemica la Rai, fu ingaggiato a suon di miliardi. L' esperienza finì con il numero zero di una puntata mai andata in onda: Fabio se ne andò con la coda tra le gambe e una buonuscita di 28 miliardi dell' epoca. Si consolò presto tornando in Rai con Che tempo che fa, trasmissione per cui riceve 2 milioni l' anno. Ma adesso, con questa storia del tetto agli stipendi, è di nuovo inconsolabile. Aiutiamolo.