Estratto dell’articolo di Clarissa Domenicucci per “Specchio - La Stampa”
Sabrina Salerno ci accoglie nella sua casa in provincia di Treviso. Una villa ottocentesca immersa nel verde, arredata con gusto e rispetto dei tempi. Dentro calore, allegria e un po' di confusione, merito dell'albero di Natale pronto a tornare protagonista; fuori un parco sconfinato, la chiesetta privata e il cane dei vicini che si aggira pigro. «Proprio l'altro giorno a mio marito dicevo: me la sono dovuta conquistare la stima degli uomini con cui lavoro. Non è stata una passeggiata».
Ancora non lo è per molte donne. Non crede?
«Noi donne dobbiamo dimostrare sempre un po' di più rispetto ai maschi: che siamo belle, brave, performanti e seducenti, multitasking tra famiglia e lavoro ma disposte a guadagnare sempre un po' meno di loro. È più faticoso per noi posizionarci. Poi, per carità, se dimostri di avere cervello ti prendono in considerazione, ma prima devi convincerli.
sabrina salerno e joe squillo a sanremo
La parità dei diritti? Mi costa tantissimo ammetterlo ma siamo ancora lontani. Nel 1991 quando mi proposero "siamo donne oltre alle gambe c'è di più" pensai: ma cos'è questa roba? Ero sinceramente stupita e schifata dalla banalità del messaggio. Ero entusiasta, convinta che avrei potuto fare tutto quello che volevo, mi sembrava stupido rimarcare certe ovvietà e invece mai dare nulla per scontato. Chi avrebbe mai detto che quella frase sarebbe diventata uno slogan». […]
Siamo donne, "oltre alle gambe c'è di più". Partiamo da qui, da quello che ancora non va. E che ci fa paura.
«Ho amato il film di Paola Cortellesi, mi ha toccato le corde. Gli anni che racconta lei, in cui le nostre nonne iniziavano a reagire, è davvero l'altro ieri e sembra ieri il '91, quando cantare in minigonna "oltre alle gambe c'è di più" ancora turbava. La corsa verso l'uguaglianza dei diritti sembra essere cominciata da poco, è tutto lentissimo, scollegato alla velocità con cui si muove il resto. Guardi cosa succede ogni giorno».
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Le è mai capitato di chiedere aiuto e di ricevere risposte timide?
«Dal 2021 sono vittima di una stalker, una donna francese con gravi problemi psicologici. Ho sporto denuncia per stalking in Italia e in Francia, sto aspettando il codice rosso, ovvero il procedimento che prevede un intervento immediato. Me la sono ritrovata ovunque, anche nei pressi di casa e la sottoposero a Tso. Nonostante la denuncia nessuno mi dice niente: non so chi è, se è pericolosa. Convivo con la paura di trovarmela davanti, temo la reazione che potrei avere e anche le conseguenze, visto che se qualcuno entra in casa tua armato e ti difendi qui finisci anche in galera».
Il citofono spezza la gravità della conversazione. In casa fa il suo ingresso Luca Maria, il figlio diciannovenne. È un ragazzo educato e sorridente, la sacca sulle spalle e il viso arrossato dall'allenamento di boxe. Bacia la madre con dolcezza e lei si illumina, rivolgendogli la più materna delle domande: «hai mangiato?»
«Questa cosa della boxe l'ho dovuta digerire, non è tanto bello quando tuo figlio ti torna a casa con l'occhio nero o le costole rotte. Pensare che all'inizio gliel'ho suggerito io. Mai avrei pensato che sarebbe diventata la sua passione. Si allena con determinazione, fa incontri. Ma io che posso fare? La vita è la sua, io posso stargli accanto».
L'educazione di suo figlio parte da qui?
«Senza dubbio, dal dialogo e dal dargli fiducia facendogli sentire che ci siamo. Quello che è mancato a me. Per questo mi piace esaltare le sue qualità, che sono molte, dirgli bravo, non fargli mancare un incoraggiamento».
A lei sono mancati?
«Eccome, mi sono sempre dovuta convincere da sola delle cose! Ero una ragazza sola, senza riferimenti. In terza liceo venni via da Sanremo dove vivevo con i miei nonni, un anno da mia madre prima di andarmene per sempre. Il provino per l'allora Fininvest, il debutto a Premiatissima, prima con Amanda Lear e poi con due mostri sacri dello spettacolo, Johnny Dorelli e Nino Manfredi, Gino Landi alla regia, Brian & Garrison alle coreografie. Una squadra di big e in mezzo io che bluffavo fingendo di saper fare qualcosa. Ostentavo sicurezza ma in camerino tremavo: "che ci faccio qui?". È stato impegnativo, mi sono sentita tremendamente sola, ma non ho mai amato perdere e sono riuscita a reggere. Non era un ambiente di pecorelle e sono diventata io un lupo».
Se avesse avuto alle spalle la sicurezza di una famiglia, avrebbe fatto di più?
«Avrei ottenuto il triplo perché le insicurezze mi hanno sempre paralizzata. Convincersi da sola del proprio potenziale non è sempre scontato e poi ci sono gli incontri della vita, quelli positivi e quelli negativi, che arrivano a complicartela».
Ce li racconti questi incontri, il peggiore e il migliore.
«A 17 anni conosco un personaggio orribile di Genova da tutti definito un genio del male: diventa il mio manager, è lui a posizionarmi sulla via della dance music e a portarmi da Claudio Cecchetto, il grande incontro».
Cecchetto la notò subito?
«Diciamo che rimase sconvolto più dall'esuberanza che dalla voce, ricordo ancora la sua faccia. Al provino portai The Wild Boys dei Duran Duran, brano prodotto dal più grande del mondo, Nile Rodgers. Cecchetto rimase turbato dalla presenza impattante e dalla mia sfacciataggine, da lì iniziò il viaggio».
Da dove nasceva la sua sfacciataggine?
«Si chiama "prendi il treno al volo che non ne passano tanti". Avevo un passato complicato, ho saputo riconoscere le occasioni e sfruttarle».
Giocando sul sex appeal?
«Certo, la mia forza è sempre stata quella di non prendermi troppo sul serio. Non sentivo il sacro fuoco dell'artista, in fondo non eccedevo in nulla e non scrivevo pezzi alla David Bowie; ero consapevole, ho dovuto arrangiarmi. Essere sexy era un modo di fare marketing, dovevo vendere dischi e cavalcavo la leggerezza dell'età».
Così spicca il volo mentre nel privato vive un incubo: il rapporto col suo agente finirà con una lunga causa legale.
«Perché il manipolatore vuole schiacciarti, tenerti in pugno. Raccontava bugie, mi controllava e ridicolizzava, allontanava quei pochi che avevo vicino. Mi buttò addosso cose talmente brutte che mia madre arrivò a chiedermi di mostrarle le braccia, fu il punto più basso. Ho avuto a che fare col male, ho dovuto tirare fuori la forza di dieci donne per andargli contro. Me ne sono liberata a 24 anni, ho vinto la causa ma è servito a poco visto che i miei soldi se li era già spesi».
angela cavagna sabrina salerno
Torniamo al maschilismo e sessismo. Ricorda episodi?
«Uh! Di maschilismo il nostro ambiente è pregno. Oggi è molto più facile gestirlo perché sono una donna non dico arrivata, ma posizionata. Gestisco col sorriso certe situazioni, ti dico di sì poi faccio quello che voglio. Un tempo era diverso, la maleducazione e l'allusione le ho sfiorate spesso ma non la violenza: episodi in cui mi sia trovata davvero in difficoltà non ce ne sono mai stati. Forse per merito del mio carattere. Non sono una che si intimorisce: sono diretta, una mina vagante, si vede che posso reagire stampandoti una pizza in faccia. Devono aver pensato questa meglio lasciarla perdere, ma col senno di poi le dico che sono stata anche tanto fortunata».
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Sta bene nel suo corpo di cinquantacinquenne?
«Molto, mi piaccio più ora che venti anni fa. Sto meglio a livello mentale e muscolare. Quando ho compiuto 30 anni mi sentivo già vecchia, finita: c'era Britney Spears prima in classifica. Io ero discograficamente morta. Non è stato facile; ho dovuto fare un percorso, risanare, schiarirmi la mente. Oggi mi piaccio, accetto il tempo che passa con dolcezza e sono una fan della medicina estetica che benedico».
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A che età si è innamorata?
«Fino ai 24 anni non ho avuto una vita sentimentale, non capitava nessuno di quelli che piacevano a me. Non sono una donna morbida che invita al corteggiamento, il mio carattere non è farina da fare ostie. Sono stata fidanzata con un ragazzo olandese, poi mi sono messa col mio attuale marito».
Suo marito Enrico Monti è un imprenditore, quando vi conoscete lui è appena sposato, lei fidanzata: scoppia il colpo di fulmine e nel 2004 diventate genitori di Luca Maria. Il matrimonio nel 2006. Una coppia equilibrata.
«Equilibrata è una parola che mi fa orrore. I rapporti sono fatti di percorsi e dentro ai percorsi c'è di tutto. Noi stiamo insieme da più di 30 anni: tante cose cambiano, altre subentrano. Le idee non sempre combaciano, ci si confronta, quando col dialogo quando alzando un po' la voce. Insomma si prosegue insieme nel percorso, ma parlare di rapporti sereni ed equilibrati no. Abbiamo vissuto insieme tanti momenti incredibili ma sono consapevole che nella vita non ci sia mai nulla di scontato. Le cose possono sempre cambiare all'improvviso».
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Con lei si parla spesso del trentennio trascorso e mai di quello in arrivo. Pensa mai a quando la Salerno diventerà nonna?
«Lo sono già! Il primo figlio di mio marito, Andrea, lo ha fatto diventare nonno di una bambina bellissima e di conseguenza sono stata inclusa anch'io! Sono pronta; preparata. È una cosa bellissima, fa parte della vita».
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