“LIZ TAYLOR NON VOLEVA CHE FOSSI PIU’ ALTA DI LEI E MI OBBLIGÒ A TOGLIERMI I TACCHI" – BEDY MORATTI, ATTRICE E SORELLA DELL'EX PRESIDENTE DELL'INTER, SI RACCONTA: “LO SCUDETTO PERSO IL 5 MAGGIO? UN SUICIDIO DI MASSA. MAI CAPITO I MOTIVI DI QUELLA SCONFITTA - HO AMATO MOLTISSIMO MOURINHO. MASSIMO HA FATTO BENE A VENDERE LA SOCIETA'" - MANCINI, SUAREZ, IBRA E QUELLA VOLTA AL TEATRO DELL’ANGELO CON GASSMAN CHE ATTACCAVA I FILI... - VIDEO

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Luca Pallanch per “la Verità”

 

bedy moratti bedy moratti

Il nome di Bedy Moratti è tornato sui giornali nelle ultime settimane per due notizie che l' hanno scossa profondamente: la morte della celebre modella Isa Stoppi, un' icona degli anni Sessanta, e la chiusura, a Roma, del Teatro dell' Angelo (per far posto a un supermercato!), intitolato al padre, l' industriale Angelo Moratti, fondatore della società petrolifera Saras e presidente della grande Inter di Mazzola. Gli affetti personali e la passione per il palcoscenico si intrecciano, offrendo lo spunto per ripercorrere alcuni momenti della sua vita, mai banale.

 

Mentre tutti hanno rimarcato la bellezza di Isa Stoppi, lei ha voluto ricordare la sua bontà.

«Riconosco le persone buone perché, purtroppo, non sono estranea al dolore. Mi rendo conto immediatamente se la persona che ho di fronte è buona. Isa lo era: non l' ho mai sentita dire una parola meno che gentile nei confronti degli altri. Era sempre disponibile. Aveva sposato il mio primo marito, Gian Germano Giuliani, e ci siamo conosciuti nel suo periodo magico.

isa stoppi 16 isa stoppi 16

 

Era una donna di una bellezza straordinaria, strana, originale, autentica, ma faceva una vita tranquillissima, senza eccessi. L' ho chiamata un po' di tempo fa, non stava bene e le ho detto che doveva riprendersi perché, essendo la donna più bella del mondo, era necessaria al mondo. La sua bellezza era luminosa: faceva piacere vederla».

 

Altra brutta notizia: ha chiuso il Teatro dell' Angelo.

«Il mio teatro! L' ho fatto materialmente io. Cercavo una sala per le prove, ho pensato: "Poi l' affitto e faccio un po' di soldi", pur essendo incapace per queste cose, e ho trovato questo spazio incredibile.

 

massimo bedy moratti massimo bedy moratti

Era una sala da ballo degli anni Trenta, un po' sottoterra, con due scalinate bellissime, abbandonata da cinquant' anni, però meravigliosa. L' ho presa in affitto, l' ho rifatta completamente ed è diventata il più bel teatro di Roma. Modernissimo, con una cupola di vetro che si chiudeva, aveva solo 100 posti perché non si poteva fare di più. Poi mi sono lasciata con il marito di Roma (Enrico Piacentini, ndr), sono tornata a Milano e l' ho dovuto lasciare».

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È vero che l' ha inaugurato Vittorio Gassman?

«L' ha inaugurato in questo senso: il teatro non era ancora pronto e abbiamo organizzato una conferenza stampa per presentarlo e per promuovere lo spettacolo Moby Dick, che Gassman avrebbe poi portato a Genova, nel quale c' ero anche io. Eravamo sette-otto attori su un palco improvvisato. Mi ricordo che Gassman, un amico, è salito in alto su una scaletta per attaccare i fili!».

 

A Milano come aveva cominciato a fare teatro?

bedy moratti facchetti bedy moratti facchetti

«Ho fatto la scuola del Piccolo. Quando mi sono separata dal mio primo marito, mi sono iscritta perché un professore del Piccolo mi ha detto: "Tu hai una bellissima voce. Dovresti recitare". Ho avuto come compagne Ivana Monti e Andreé Ruth Shammah. Il primo spettacolo che ho fatto è stato al Teatro San Babila con Ernesto Calindri.

Ne ho fatti due-tre con lui e poi sono andata a Roma».

 

Come hanno preso in famiglia questa sua scelta?

«In casa mia c' era l' assoluta libertà, bastava comportarsi bene. I miei genitori erano persone straordinarie. Poi ero già separata, avevo una figlia piccolina».

 

A Roma è venuta per fare teatro o per tentare la carriera cinematografica?

bedy moratti enrico piacentini bedy moratti enrico piacentini

«Per fare teatro. A me il cinema non interessava molto. Ho fatto una quindicina di film, qualcuno anche bello, però la mia passione era il teatro. Un film bello era Pianeta venere di Elda Tattoli, presentato alla Mostra di Venezia. Posso fare solo un appunto: la mancanza di senso dell' umorismo. In un film sulle donne, il primo sul femminismo, un po' di ironia ci sarebbe stata bene».

 

Il suo primo film è stato Revenge di Pino Tosini.

«Non ci credo che ci sia ancora qualcuno che si ricordi di questo film. Non ne ho mai saputo più nulla. Mi ricordo solo che dovevo fare una scena vestita dentro l' acqua e io, che obbedivo ciecamente agli ordini, mi sono buttata in piscina: avevo un vestito bellissimo che poi ho dovuto buttare via... non credo che avessero i soldi loro per darmi un vestito. Eravamo sul lago di Garda. È stato il mio primo contatto con il cinema».

bedy moratti corso bedy moratti corso

 

Quali altri film ricorda negli anni Settanta?

«La città del sole di Gianni Amelio, con il quale ho fatto una particina anche ne L' intrepido. Era bellissimo: l' abbiamo girato a Matera, quando ancora c' erano le grotte abbandonate e io interpretavo una maga che viveva in una di esse. Il protagonista era il bravissimo Giulio Brogi.

 

bedy moratti zanetti bedy moratti zanetti

 

 

Poi Identikit di Giuseppe Patroni Griffi, nel quale ho girato una scena con Elizabeth Taylor: dovevamo stare una di fronte all' altra e ha preteso che mi levassi i tacchi perché sennò sarei stata più alta di lei! Poi ricordo Una storia d' amore di Michele Lupo per una scena pericolosissima in cui scendevo di corsa dalle scale con i tacchi, ma soprattutto perché durante le pause Anna Moffo, la soprana protagonista del film, faceva gli acuti e tremavano le finestre!».

 

Un altro bel film è ...a tutte le auto della polizia... di Mario Caiano.

«Interpretavo la mamma di una ragazzina che era stata uccisa, dovevo piangere... cosa che detesto fare in un film. Mio marito era Gabriele Ferzetti, grande attore di teatro».

vittorio gassman l'arcangelo vittorio gassman l'arcangelo

 

Dopo questo film del 1975, per una quindicina d' anni non ha più lavorato nel cinema.

«Ho fatto teatro e anche televisione, per esempio qualche puntata di Un posto al sole, proprio agli inizi della soap opera. Poi ho smesso per un po' e ho ripreso con il teatro».

 

Senza rimpianti per il cinema?

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«Avrei potuto fare molto di più, se avessi avuto qualcuno che mi sapesse dirigere bene, che mi spiegasse bene cos' è il cinema, ben diverso da quello che pensavo io. In teatro ho imparato perché Giancarlo Cobelli era eccezionale nell' insegnare quelle piccole cose dalle quali capivi di poter intraprendere la carriera di attrice.

 

Ti spiegava una cosa e tu dicevi: "Accidenti! Ha perfettamente ragione. Da questo momento ho capito tutto". È il più grande regista con il quale ho lavorato. Ho avuto altri compagni di lavoro bravissimi, come Giampiero Cicciò e Paila Pavese. Avevo una vera passione per il teatro: ho studiato in continuazione. Quando sono andata a Roma, di giorno lavoravo, la notte studiavo. Mi piaceva veramente».

 

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Il teatro dà più soddisfazione a un attore rispetto al cinema...

«È un' altra cosa. Percepisci le reazioni del pubblico, senti tutto dalla sala, capisci se vai bene o se vai male. Ho visto attori molto bravi intimoriti dal pubblico, una paura giustificata e giusta. Non so perché, ma io non ho mai avuto paura».

 

Nemmeno i grandi attori con cui ha calcato il palcoscenico le incutevano timore?

«No, la gente con me era carina».

 

I suoi fratelli venivano a vederla a teatro?

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«Spesso. In uno dei primi spettacoli, mio fratello Gian Marco, con sua moglie Letizia, era venuto a vedere le prove. Evidentemente il regista era un attimo alterato e ha cominciato a picchiarmi per farmi capire quello che avrei dovuto subire in quella scena, ma andava giù pesante, per cui vedevo in platea mio fratello con gli occhi di fuori! Io facevo finta di niente: "È una scena, dopo si cambia!"».

 

La passione per l' Inter ha accompagnato la sua vita...

«Avevo una decina di anni quando mio padre prese l' Inter. Io stavo in collegio, a Montreux. Quando sono tornata a casa, avevo 14 anni e ho cominciato a seguire la squadra. Sono andata ovunque e sono stata presente a tutte le vittorie dell' Inter. Poi, nel periodo in cui ho vissuto a Roma, l' Inter non era più di mio padre».

 

mostra di massimo gatti bedy e maria sole moratti mostra di massimo gatti bedy e maria sole moratti

Era il periodo di Ivanoe Fraizzoli e poi di Ernesto Pellegrini.

«Finché, mentre ero a Trieste per uno spettacolo, ho visto in televisione che mio fratello Massimo aveva acquistato l' Inter. Sapevo delle sue intenzioni, ma il caso ha voluto che lo sapessi in un teatro. Ero tutta contenta!».

 

Il giocatore che ha amato di più?

bedy massimo moratti bedy massimo moratti

«Del periodo di papà Luis Suárez e Mario Corso erano i miei preferiti, due campioni veri. Della squadra di Massimo tutti avevano qualcosa di speciale. Poi, nonostante oggi sia al Milan, adoro Zlatan Ibrahimovic: è un fenomeno, una forza della natura. Anche se non dovrei dirlo».

 

Che ricordi ha di José Mourinho?

GIOIA MORATTI BEDY MORATTI CHIARA BERIA DI ARGENTINE SERATA CALENDARIO PIRELLI GIOIA MORATTI BEDY MORATTI CHIARA BERIA DI ARGENTINE SERATA CALENDARIO PIRELLI

«Sono sempre andata con la squadra nei vari ritiri, nelle amichevoli, quindi Mourinho l' ho conosciuto bene, lo vedevo spesso. È una persona molto intelligente, un gran lavoratore e un fine psicologo, per cui era amatissimo. Qualche volte abbiamo sentito delle urla dallo spogliatoio: sapevamo che era Mourinho che li stava strigliando e che avremmo vinto di sicuro. Un grande personaggio. Un altro allenatore che ho amato molto era anche Roberto Mancini: anche lui ha vinto tanto con noi».

 

Quando suo fratello ha venduto la società, è stato un dispiacere per tutta la famiglia?

«Era il momento giusto. Lo capisco perfettamente: avevamo vinto tutto ed era molto impegnativo per lui».

 

Tra tantissime vittorie, la più grande delusione?

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«Ai tempi di papà quando abbiamo perso a Lisbona contro il Celtic la finale di Coppa dei campioni, nel 1967. Con Massimo abbiamo vinto tutto. Le delusioni potevano essere perdere con la Juve o con il Milan».

 

C' è stata la beffa del 5 maggio 2002, con la sconfitta all' ultima giornata di campionato contro la Lazio.

«È stato drammatico perché vedevo i nostri giocatori veramente nella disperazione, per non parlare dei tifosi: sembrava un suicidio di massa! È stato veramente pesante. Non abbiamo mai capito il perché di quella sconfitta: i nostri erano carichissimi, ma il calcio, si sa, è imprevedibile».

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