“NON AVEVO UN PIANO B: O MI ANDAVA BENE CON IL CINEMA O SAREI DIVENTATO UN ARCHITETTO FALLITO DI PRATO!” - GIOVANNI VERONESI SPIEGA COME E’ RIUSCITO A CONVINCERE BOWIE E KEITEL A RECITARE NEL FILM “IL MIO WEST - “HARVEY ERA GELOSO DI BOWIE. C'ERA PURE PIERACCIONI. È IL MIO ERRORE, MA ANCHE LA MIA DROGA, UNIRE IL SACRO AL PROFANO" – IL RAPPORTO CON NUTI, AURELIO DE LAURENTIIS, BOB DE NIRO E L'ULTIMO FILM DI VERDONE. "NEL MIO SOGGETTO INIZIALE…" - VIDEO

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Luca Pallanch per “La Verità”

 

valeria solarino giovanni veronesi foto di bacco (2) valeria solarino giovanni veronesi foto di bacco (2)

Da trentacinque anni fa ridere gli italiani con le sue brillanti commedie, scritte per sé o per i suoi amici Francesco Nuti, Leonardo Pieraccioni e Massimo Ceccherini. Nel segno della comicità toscana, che rimane uno dei filoni aurei della nostra cinematografia. Più che un Manuale d'amore, il film che lo ha reso celebre al grande pubblico, Giovanni Veronesi potrebbe scrivere un Manuale della comicità per raccontare le sue avventure e disavventure. Da Prato a Roma, senza ritorno.

 

Ha esordito nel 1987 con un film adolescenziale, Maramao. Com' era nata l'idea?

«È un'idea che mi porto dietro da tanto tempo perché anche nell'ultimo film sui moschettieri, Tutti per 1 - 1 per tutti, dopo morti si diventa animali. Sono passati trentacinque anni ma non ho cambiato idea: la nostra vita terrena serve per scegliere che animale saremo dopo la morte, dalle lucertole alle formiche».

 

Lei cosa pensa di diventare?

nuti veronesi nuti veronesi

«Un cavallo perché ho una passione per loro. Dei due cavalli che possiedo, uno credo fosse un commercialista perché è un calcolatore clamoroso, l'altro uno zingaro!».

 

Com' era arrivato a Roma? Aveva un appoggio?

«L'appoggio era Francesco Nuti, che era venuto a vedermi al Teatro Cicognini di Prato, dove avevo portato in scena Diario di un pazzo di Gogol'. Mi ero cimentato in tutto: avevo scritto la riduzione con mio fratello Sandro, facevo la regia e recitavo. Alla fine Nuti mi ha detto: «Io non ci ho capito un ca, però secondo me te sei bravo!».

 

Era il 1981, lui stava pensando a Madonna che silenzio c'è stasera e io sono andato a trovarlo a Roma. Ho dormito sei mesi su una poltrona senza sapere che si poteva aprire e diventava un letto! Un giorno la governante mi ha detto: "Certo lei è proprio ordinato: si fa il letto tutte le mattine". "Non mi rifaccio il letto non ce l'ho!". "Come no! Trovo sempre la poltrona rifatta". "Quale, scusa?". Mi sono accorto che bastava tirarla in avanti e diventava un letto!».

 

Era andato lì per restare qualche giorno?

«No, no, ero deciso, non è che avessi delle titubanze. Non avevo un piano B: o mi andava bene il piano A o sarei diventato un architetto fallito di Prato!».

de niro verdone veronesi de niro verdone veronesi

 

In quei sei mesi a Roma cosa ha fatto?

«Sono stato a rimorchio di Francesco. Abbiamo lavorato assieme a Madonna che silenzio c'è stasera, io gli davo delle idee, alcune le prendeva, altre no, però intanto mi testava... mi ha testato per tre anni: ho scritto tutti gli avant trailer e i trailer dei suoi film e ho fatto il "negro", collaborando alle sceneggiature senza firmarle».

 

Qual è stato il primo film che ha firmato con Nuti?

«Tutta colpa del paradiso. Anche il soggetto è mio. Francesco mi aveva detto che voleva un figlio e io ho pensato: "Mah! Secondo me, un figlio non lo vuole davvero. Lo vuole in un film".

 

Sono andato a casa, ho scritto su un foglio quattro paginette e la mattina dopo gliele ho portate. Lui le ha lette e mi ha detto: "Senti, a me piacciono molto, ma se le hai rubate, si va in galera!". Pensava che le avessi copiate».

giovanni veronesi gabriele muccino foto di bacco (2) giovanni veronesi gabriele muccino foto di bacco (2)

 

Nei film di Nuti si ritagliava anche piccole parti da attore.

«Le scrivevo e le facevo. Mi piaceva interpretare o un prete o un demente. Anche le poche apparizioni che ho fatto con Ceccherini e Pieraccioni erano così».

 

Si è creato tra lei e Nuti un rapporto straordinario

«Un rapporto di fraterna amicizia, infatti penso di essere l'ultimo amico che lo va a trovare. Quando ho diretto Per amore, solo per amore da regista, c'è stato un piccolo distacco tra di noi.

 

Quando uno si rende autonomo, queste amicizie così indissolubili piano piano si smontano perché ognuno ha la sua carriera, però siamo rimasti sempre legati».

 

Il suo secondo film da regista, Per amore, solo per amore, è un altro film particolare.

«Era tratto da un romanzo di Pasquale Festa Campanile, che non era un grande libro dal punto di vista letterario, pur avendo vinto il Premio Campiello, ma era una grande idea dal punto di vista cinematografico.

giovanni veronesi foto di bacco giovanni veronesi foto di bacco

 

Io e Ugo Chiti lo abbiamo cambiato molto. De Laurentiis mi ha detto: "Facciamo questo film", non è stata un'idea mia, è stata un'idea di Aurelio di farlo dirigere a me. Gli ho risposto: "Ma sei sicuro? Io non sono credente" e lui: "Deve farlo un laico così non gli mette addosso un manto di sacralità che magari gli metterebbe un credente". Infatti gli oltranzisti cattolici di Verona mi hanno fatto il picchettaggio davanti al cinema! Però così hanno fatto pubblicità al film».

 

Le ha cambiato la prospettiva dirigere questo film?

«Sono un ateo totale, però ho studiato la figura di Gesù e sono molto vicino alla spiritualità delle cose. Mio fratello ha riscritto Il Vangelo secondo Marco, che è un Vangelo bellissimo, mi sono documentato, ho letto...».

 

È in cerca

«Ma neanche, diciamo che sono rassegnato!».

 

Anche Silenzio si nasce è un film coraggioso.

«È il film più pazzo che ho fatto nella mia vita. Ho osato, forse troppo perché in Italia quando si tocca un evento sacro come la maternità vieni quasi sempre punito. Infatti è andata poca gente a vederlo, però mi ricordo che a una rassegna a New York il regista di Palookaville Alan Taylor, che era il presidente di giuria, mi ha presentato così: «Io sono strano e ho fatto un film abbastanza strano, ma non pensavo nella mia vita di conoscere una persona più strana di me che ha fatto un film molto più strano del mio!».

 

giovanni veronesi francesco nuti giovanni veronesi francesco nuti

Abbiamo ricostruito con la vetroresina il ventre materno insieme all'artista concettuale Giovanni Albanese, che era lo scenografo. Devo dire che ho sempre fatto i film che volevo nella mia vita».Poi si è specializzato nelle commedie...

«Sì, però ho fatto un western, Il mio West, con David Bowie e Harvey Keitel, un film folle come Streghe verso nord e due film sui moschettieri, Moschettieri del re - La penultima missione e Tutti per 1 - 1 per tutti, che adesso sembrano normali, ma quattro anni fa quando li ho proposti mi hanno guardato come se fossi pazzo».

 

Le piace spaziare nel tempo e nei generi?

«Sì, mi piace. Adesso ho in programma di fare un film con la macchina del tempo, in cui gli scienziati vogliono andare in un punto preciso della storia per cambiarla».

 

Come ha fatto a convincere David Bowie e Harvey Keitel?

«Ho fatto il gioco delle tre carte perché naturalmente pensavo che nessuno mi avrebbe detto di sì, perciò ho detto a Keitel che c'era Bowie e a Bowie che c'era Keitel e tutti e due hanno accettato. Nessuno dei due ha saputo che avevo mentito».

 

Com' erano caratterialmente Bowie e Keitel?

giovanni veronesi giovanni veronesi

«Erano molto diversi naturalmente. David Bowie voleva parlare solo di morte. Infatti ha accettato - l'ho saputo dopo - perché in tutti i film che aveva interpretato in precedenza moriva. Ho avuto fortuna perché fatalmente il suo personaggio moriva, per cui l'ha preso in considerazione, poi non aveva mai fatto western, gli piaceva giocare con la pistola, fare il pistolero cattivo. Dopo la lettera che gli ho scritto, anche quella molto strana, mi ha risposto che ero abbastanza folle per venire a vedere, come a poker».

 

Keitel, invece?

«Harvey era molto divertente, però attore consumato, quindi bizzoso, aveva tutte le sue manie, in più era geloso di David Bowie. Bowie era un mito, lui no, quindi faceva tutte le piccole ritorsioni del caso, però io ho saputo gestire la situazione anche se ero abbastanza giovane, avevo trentasei anni».

 

C'era pure Leonardo Pieraccioni.

giovanni veronesi giovanni veronesi

«È il mio errore, ma anche la mia droga, unire il sacro al profano. Anche quando organizzo le cene a casa mia ci deve essere un pubblico eterogeneo, amici di tutte le razze, di tutti i tipi. Non posso fare un film solo sacro o un film solo profano.

 

L'ho fatto anche con Robert De Niro ne Il manuale d'amore 3. Penélope Cruz e Diego Abatantuono sembrano due persone molto lontane, invece hanno interpretato san Giuseppe e la Madonna in Per amore, solo per amore».

 

De Niro era simile a Keitel?

asia argento giovanni veronesi asia argento giovanni veronesi

«No, Keitel è molto Actors studio, De Niro no. Robert è una persona delicata, raffinata, gentile, premurosa, è un amico vero. Lavorerei con lui tutti i giorni, se fosse possibile».

 

Ne Il mio West c'era come produttore esecutivo un personaggio leggendario del cinema come Mario Cotone che portò gli indiani veri...

«Ha portato cento Piedi neri sulle Alpi! Loro, venendo dal Canada, erano interdetti: "Scusate, ci prendete dalle montagne innevate, ci fate fare dodici ore di viaggio e poi ci rimettete su delle montagne innevate, ma vi è convenuto? Non facevate prima a venir voi?!". E Cotone: "Sì, avete ragione, però là non c'è Venezia!". "Che c'entra Venezia?".

"MIO WEST" di Giovanni Veronesi con Bowie "MIO WEST" di Giovanni Veronesi con Bowie

 

"Io adesso vi prendo un pullman e vi faccio fare un bel giro a Venezia", per giustificare il fatto di averli fatti venire in Italia! Veramente una persona straordinaria, Mario Cotone, di quelli che sapevano che il cinema ha tempi e misure particolari: bisogna avere una mentalità e una prontezza di lucidità diversa rispetto a organizzare qualsiasi altro tipo di evento, anche artistico. Lui non si spaventava di niente. Quando gli ho detto: "Qui ci vogliono indiani veri", ha continuato a bere il caffè come se niente fosse. Se lo dici a un produttore di ora, gli viene la tosse!».

"MIO WEST" di Giovanni Veronesi con Keitel e Bowie "MIO WEST" di Giovanni Veronesi con Keitel e Bowie

 

Negli ultimi anni ha collaborato spesso con Carlo Verdone.

«La cosa bella nel nostro rapporto è che da collaboratori siamo diventati molto amici, Ci sentiamo tutti i giorni e quando capita facciamo un film assieme. Si dice: "In questo ambiente non si possono avere amici", beh, io ne ho tre-quattro e uno è Carlo».

 

BOWIE KEITEL PIERACCIONI BOWIE KEITEL PIERACCIONI

La vostra collaborazione era iniziata con C'era un cinese in coma.

«Era da un po' di tempo che ci vedevamo e ci dicevamo di fare un film su quel rapporto così viscerale, però anche di grande gerarchia, che c'è tra l'artista e il manager che lo accompagna. Ne avevamo conosciuti tanti. Novello Novelli, che era stato l'agente dei Giancattivi e di Pippo Santonastaso, faceva dei racconti di una crudeltà infinita».

 

La crudeltà che ritorna anche in Si vive una volta sola, l'ultimo film di Verdone.

«Nel mio soggetto iniziale il personaggio interpretato da Rocco Papaleo faceva lo scherzo, ma alla fine ce l'aveva davvero il cancro. Era proprio il massimo della cattiveria».

giovanni veronesi con la figlia di nuti giovanni veronesi con la figlia di nuti giovanni veronesi con la figlia e il fratello di nuti giovanni veronesi con la figlia e il fratello di nuti a ruota libera con pieraccioni a ruota libera con pieraccioni ciak-cover David Bowie Pieraccioni Keitel ciak-cover David Bowie Pieraccioni Keitel David Bowie Pieraccioni Keitel David Bowie Pieraccioni Keitel giovanni veronesi giovanni veronesi maledetti amici miei maledetti amici miei maledetti amici miei maledetti amici miei GIOVANNI VERONESI GIOVANNI VERONESI

 

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