Aldo Grasso per corriere.it
Ogni tanto mi capita di seguire le intemerate di Nicola Porro, giusto per soppesare un’eventuale giordanizzazione. In Zuppa di Porro (sul suo sito) urla, si abbandona a una collera furiosa, rovente, devastatrice, proprio come il sodale Mario Giordano. Ne è passato di tempo, da quando Carlo Freccero lo accusava di non essere tracotante e determinato, di non avere fame di successo, di fare le vacanze a Saint Tropez, come se la Costa Azzurra lo deprivasse di una pulsione animalesca indispensabile per condurre un talk pop.
Tornato a dirigere Quarta repubblica, dopo aver sconfitto il Coronavirus, Porro ha ripreso il suo aplomb moderato, quanto meno nei modi (Rete 4, lunedì). Ha intervistato Giorgia Meloni e, da signore, si è guardato bene dal contraddirla, così come più tardi ha tollerato che Alessandro Sallusti desse della cretina a Claudia Fusani.
Il comportamento onorevole di Porro, unito a quella forza ed efficacia di parola che gli sono così peculiari, avrebbe convinto qualsiasi persona ragionevole a moderare i toni; ma per sfortuna, in quel preciso momento, la mente di Porro era tutt’altro che disposta a frenare il suo direttore. Così si è passato a parlare d’altro: la criminalizzazione della movida, gli ausiliari del Covid (una trovata degna di un Toninelli), il caso Palamara e, in particolare, la tensione tra il leader della Lega Matteo Salvini e la magistratura, dopo le ultime intercettazioni emerse dall’inchiesta di Perugia.
Ovviamente, fra gli ospiti in studio, c’era Mario Giordano e un osservatore occasionale avrebbe subito colto a quale vertice di soddisfazione e di comprensione reciproca i due — Nicola e Mario — fossero pervenuti. Forse Porro è davvero quella «mirabile difformità» che è il «liberale per Salvini» che contempla la pretesa di dirsi liberali e il contestuale sostegno al salvinismo inteso come approccio di governo. O forse no, gli piace solo fare di tutto una zuppa.
nicola porro nicola porro porro selvaggia lucarelli vs aldo grasso 6 nicola porro