Mattia Marzi per “il Messaggero”
Ambiguità, contraddizioni, maschere. Teatro e cinema, come cantava in una canzone prima del successo. Ma anche vita, dunque verità.
Achille Lauro è l' una e l' altra cosa. Distinguere la persona dal personaggio non è semplice. Elusivo ed enigmatico, il cantante si diverte a disorientare: «Questo è il mio ultimo album», dice, parlando del nuovo Lauro, che esce oggi. «Però non escludo il ritorno, come Califano», aggiunge subito dopo.
Ecletticità e horror vacui: tra Festival di Sanremo (presenza fissa negli ultimi tre anni), dischi (questo è il quarto in meno di un anno) e libri (Sono io Amleto e 16 marzo), dal 2019 non si è mai fermato.
Imprenditore, discografico, manager, modello, scrittore. Dimentichiamo qualcosa?
«Contadino, operaio».
Scusi?
«Sono il primo a svegliarsi e l' ultimo ad andare a dormire. Lavoro ai progetti come un ossesso».
Non è proprio come andare in fabbrica. Non si sente un privilegiato?
«Sì. Ma per arrivare dove sono ho lavorato sodo: quando firmai il primo contratto dormivo in una macchina».
Da Barabba a maharaja, come canta in Lauro, una delle nuove canzoni. È vero che dà da mangiare a trenta famiglie?
«È un' espressione che non mi piace. Nel mio ufficio non ci sono porte: le persone non lavorano per me, ma con me».
Nella scalata al successo è mai stato ingannato?
«Spesso. Il mondo dello spettacolo è il paese dei balocchi. Ai giovani dico di leggere bene prima di firmare».
L' adolescenza tra droghe e rapine, le difficoltà economiche. Ne parla nei libri. Ma scrive anche che alcuni episodi sono frutto di fantasia. Cosa c' è di vero in quello che racconta?
«Lascio ai lettori la libertà di scegliere a cosa credere e cosa no».
È vero che ha fatto uso di droghe per la prima volta a 15 anni?
«Forse».
Suo padre, magistrato, ha smentito parte dei suoi racconti: Mio figlio non è un drogato, non ha avuto esperienze devastanti.
«Bisognerebbe parlare con chi è davvero cresciuto con me. Come gli amici del Quarto Blocco. Rapper, writers: vivevamo in una comune al Nuovo Salario. Ho conosciuto delinquenti, vissuto da vicino situazioni estreme in periferia. Un giorno mi sono detto: Io non voglio finire così. Devo tutto alla musica».
Latte+, una delle canzoni dell' album, era anche il nome della bevanda di Arancia meccanica, rinforzata con droghe. Allude per caso proprio agli stupefacenti?
«No. È una metafora dei mali della mia generazione: non si accontenta di niente».
E Non ricordo? Dice il dottore stai facendo progressi''... Parla di analisi?
«Le canzoni non vanno spiegate».
Certo che non dev' essere semplice evitare crisi di identità: samba trap, pop punk, elettronica, swing. Come fa?
«Faccio dischi in base a come mi sento sul momento: vivo di innamoramenti».
Mina l' ha cercata, dopo l' omaggio a Sanremo?
«No. In fin dei conti è inarrivabile. Proverò comunque a mandarle una canzone, se vorrà».
Che credibilità potrebbe avere una realtà musicale fatta di travestimenti?: lo ha detto Morgan, parlando di lei. Come risponde?
«Marilù è un pezzo chitarra e voce: non devo mettermi i pantaloni di pelle o la gonna per attirare attenzione».
E perché lo fa?
«Ho una visione totale della performance. Quando entro sul palco voglio che la gente dica: Ma dove va conciato così?».
Anche a costo di sembrare un clown, per citare Renato Zero?
«È un modello di Gucci, un prodotto marketing: sul mio conto tante stronzate. Zero ha commesso un errore di valutazione. Forse conosce solo gli ultimi successi. Anche io, come lui, nei dischi ho parlato di periferie. Basti ascoltare Ragazzi madre del 2016».
Oggi?
«Sulle panchine non mi ci siedo più, ma per quel mondo faccio tanto a livello sociale: sono un esempio».
Zero, travestendosi e cantando Mi vendo, sconvolgeva l' Italia cattolica e comunista degli Anni 70. E lei?
«Critico l' omologazione che trionfa oggi: nel mare del nulla io mi distinguo».
Il suo posizionamento è politico?
«Sì. Ma non voglio spiegare nulla».
Così è facile essere fraintesi.
«Dicano pure ciò che vogliono».
renato zero e il vaccino contro il coronavirus
Cosa ne pensa della legge Zan contro l' omotransfobia?
«Al di là della diversità di genere, si parla di diritti umani. Va approvata».
Una curiosità, Lauro. Ma non è che lei è un grande attore?
«Se lo fossi, sarei il migliore».
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