Silvia Fumarola per “la Repubblica”
«Io ero, sono e sarò sempre la figlia di Wanna Marchi, perché lei è un genio» dice Stefania Nobile. «Facevamo anche 12, 15 miliardi al mese. Io sono Wanna Marchi e voi chi siete? Non vi conosco».
Stessa voce, stesso tono aggressivo, sfidante: i capelli sono argentati, non più rossi. Wanna, la nuova docuserie dal 21 settembre su Netflix, racconta il Paese attraverso le televendite, l'illusione di creme scioglipancia e antirughe.
La bancarotta non ferma madre e figlia che iniziano a commercializzare la fortuna, amuleti e numeri col Mago Do Nascimento. Striscia la notizia fa una grande inchiesta, la giustizia fa il suo corso. Ideata e scritta da Alessandro Garramone, diretta da Nicola Prosatore e prodotta da Gabriele Immirzi per Fremantle Italia, la docuserie - in quattro puntate - ricostruisce una truffa clamorosa spiegando, attraverso le voci delle protagoniste, come fu creato un impero di illusioni.
Negli anni 80 le tv private proliferano, ore di televendite di tappeti, pellicce, gioielli. Wanna sa che «sono le casalinghe a tenere i cordoni della borsa» e si rivolge a loro. «Sono la classica persona che si è fatta dal niente, meno di niente» dice. «Mio marito soldi a casa non ne ha portati mai, io ho truccato anche i morti a Bologna. Truccai una ragazzina morta in un incidente, con tutto l'amore. La mamma mi mette una busta nella tasca del grembiule: un milione e mezzo delle vecchie lire. Ho comprato una 500 nuova di zecca, 550 mila lire: blu, bella nuova luccicante. Andavo nei negozi dei parrucchieri, guadagnavo benino».
Apre un negozio a Ozzano dell'Emilia, poi le tv private. Va a Telecento, la crema dimagrante non vende ma usa la mozione degli affetti: chiede scusa al pubblico, si mette a piangere. «Non ho soldi e devo dar da vivere ai miei figli. Arrivano 2200 telefonate, volevano tutti comprare».
WANNA MARCHI MAGO DO NASCIMENTO
Wanna non incoraggia le clienti, le insulta: «Fate schifo. I mariti dicono: "Ho sposato una donna piacente, mi trovo in casa un baule informe"». Si rivolge a Primo Tortini, chimico e imprenditore a Parma. «Un giorno in Autogrill Stefania mi fa: ma ti sei guardata un po' in giro? Il barista aveva la pancia, ovunque mi girassi c'era qualcuno con la pancia. Vendiamo lo "scioglipancia", così iniziamo a parlare di un prodotto che non c'è».
«Ho speso 2 o 3 miliardi di lire in orologi» dice Stefania «ero una persona a cui i soldi avevano fatto male, malissimo». Wanna Marchi va da Costanzo, Catherine Spaak, Giampiero Mughini, Enzo Biagi. Il crac, i processi, il carcere. Il giornalista Stefano Zurlo spiega il contesto, le ex collaboratrici Milva Magliano e Monica D'Angelo il percorso. I ragazzi che ignorano chi sia la scopriranno ma perché raccontarla oggi?
«Cerco storie» spiega Garramone.
«Dall'età dell'oro delle tv private sono usciti i televenditori. La tv parte con la creatività ma arrivano i soldi, penso a Marchi, ero bambino negli anni 80. Studio l'archivio dell'Ansa: si è sempre parlato di lei, si sa come sia andata a finire ma la vicenda non era mai stata raccontata per intero.
L'importante era coinvolgerla come testimone. Contatto Gabriele Parpiglia, che l'aveva intervistata». Le signore appaiono piuttosto arroganti.
«Il contatto non è amichevole e si vede, ma è un lavoro documentaristico, non giudichiamo. È centrale il rapporto madre-figlia. Ci sono sentenze passate in giudicato, hanno pagato. Hanno accettato senza prendere soldi e senza nessun tipo di potere. In qualche modo sono persone di spettacolo, il ragionamento è: dopo che ho scontato la pena perché dovrei nascondermi? Sono attive sui social, Wanna Marchi ha 79 anni e ancora tiene la scena, a me interessava che non fosse il suo show».
È comunque il suo show e sarà visto in 190 paesi: Giovanni Bossetti, manager per i contenuti non fiction di Netflix, spiega: «Questa storia ce l'abbiamo nella memoria. Non è pura ricostruzione, quando mi è stato chiaro che era il ritratto di un grande villain, ho capito che era interessante. Anche per il confronto con i colleghi, le reazioni contrastanti suscitate: il campione rappresenta il paese. È materiale vivo, come SanPa , si deve indagare la complessità. Oggi non ci sono le televendite ma abbiamo una telecamera nello smartphone, il potere della persuasione esiste. La collezione dei personaggi è variegata, molti sono larger than life , difficili dimenticarli ».
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