Arianna Finos per la Repubblica
Giovanna Mezzogiorno smonta allegramente l’immagine da prima della classe del cinema italiano che l’accompagna da quasi un ventennio. «A scuola ero un disastro. Sono stata bocciata due volte. Dai tredici ai diciassette anni ero un muro di gomma, non entrava nessuna informazione nel mio cervello». L’occasione per rispolverare i ricordi sui banchi di scuola è il film Come diventare grandi nonostante i genitori di Luca Lucini, commedia disneyana in cui l’attrice interpreta la madre di una studentessa.
«Confrontarmi con gli adolescenti di oggi è stato uno choc. Sono avanti anni luce rispetto a ciò che ero io alla loro età». Sguardo magnetico, voce profonda, personalità decisa. Difficile immaginare questa giovane donna in jeans e magliettona a righe, che si racconta nel bar del torinese “Principi di Piemonte”, arrendersi di fronte a un compito in classe. «Eppure era così. I miei mi avevano erroneamente considerata un piccolo genio, alle medie i miei temi venivano letti in classe.
Al liceo entrai nel buco nero. Ore sui dizionari e poi, al momento della versione in classe, gli altri intorno a me andavano spediti e io annaspavo». Il Beccaria di Milano «è un liceo enorme, rigido: se vai bene ok, altrimenti in un attimo finisci all’ultimo banco in mezzo ai “caciaroni”. In più io ero attiva politicamente, anche se non come una leader, erano gli anni del Leoncavallo». La fine del tunnel è arrivata cambiando scuola: «Al liceo linguistico sono tornata il piccolo genio. Ero solo più seguita, era una scuola privata. Ma i miei figli li manderò a una statale».
Nata a Roma, Casal Palocco, Giovanna Mezzogiorno si è trasferita a Parigi («avevo nove anni, non sapevo nemmeno attraversare la strada da sola»), e poi a Milano: «Gli anni milanesi sono stati importanti. La formazione politica, i primi amori e l’idea di una famiglia quasi normale». Vittorio Mezzogiorno, ottimo attore, non è stato un padre facile: «Era duro, quanto mia madre era morbida. Penso che un genitore debba prima di tutto rispettare la personalità del proprio figlio. Spero di dare ai miei bimbi basi forti, fiducia in se stessi e buona educazione, parola ottocentesca che per me è importante».
Diventare madre di due gemelli è un evento che ti stravolge la vita. Giovanna Mezzogiorno ne ha parlato apertamente «con il risultato di finire in melodrammatici titoli di giornale. Ma è la realtà, la gravidanza mi ha distrutto fisicamente. Aspettare due gemelli, ingrassare venti chili, avere i bimbi in terapia intensiva, dare loro il biberon di notte, ogni tre ore. Ho preso il tempo che serviva a loro e quello che serviva a me, per rimettermi in sesto».
Quella della “mammina” è stata solo l’ultima etichetta. Sorride e spiega: «Prima sono stata la figlia di Vittorio, poi ho iniziato a fare film belli, vinto dei premi, finalmente io. Ma è durata poco, perché sono diventata “la fidanzata di Stefano Accorsi”: tre anni dopo che ci eravamo lasciati nelle mie interviste mettevano ancora la sua fotina».
È seguita la fase di La finestra di fronte e i premi, nazionali e internazionali: «Sono diventata “l’impegnata che fa i film tristi” e tutti a chiedere: “Perché non fai le commedie?”. Ora eccomi al “grande ritorno”. Da due anni, perché già nel 2014 ho girato I nostri ragazzi di Ivano de Matteo. Per quanto ancora continuerò a “tornare”?».
Nel frattempo con Gianni Amelio ha girato La tenerezza, «un autore immenso, un film toccante», sarà nella nuova stagione di In treatment, «l’analista dell’analista Sergio Castellitto. Sono felice. Anche perché credo nell’analisi, ne ho fatta molta». Con i registi ha sempre avuto un buon rapporto, «ho bisogno di essere diretta. Nella vita posso essere polemica, sul set no». Giovanna l’autoironica racconta le bocciature artistiche: «In Francia ho fatto centinaia di provini, il cartello in mano con il nome... Nanni Moretti, dopo due provini lunghissimi, non mi ha preso. Bellocchio, con cui poi ho girato Vincere, non mi volle ne La Balia.
Scamarcio e mezzogiorno nel film La prima linea
Quel film lo volevo fare perché c’era Fabrizio Bentivoglio, di cui ero innamorata da quando avevo tredici anni. Lui lo sapeva e quando mi incontrava era imbarazzatissimo». Il futuro è chiaro: «Lavorare bene, come sempre. In questi anni le persone hanno continuato a fermarmi per strada. Credo di aver instaurato con il pubblico un rapporto di fiducia. Sanno che andando a vedere un mio film non si troveranno davanti a una scemenza».
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mezzogiorno lafinestradifronte Giovanna Mezzogiorno e Gilles jacob TIM BURTON GIOVANNA MEZZOGIORNO