MORTI DI FAMA TRA I MORTI DI FAME - IL REALITY “MISSION” È PORNOGRAFIA DEL DOLORE O L’UNICO MODO PER FARCI INTERESSARE ALLA POVERTÀ?

Prima di cominciare, il programma di Rai1 ha scatenato critiche, interrogazioni e indignazioni varie - Mandare Al Bano, Paola Barale ed Emanuele Filiberto in mezzo ai profughi africani sembra una barzelletta, ma secondo le organizzazioni internazionali serve a far conoscere il loro lavoro a un pubblico più ampio…

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Chiara Maffioletti per il "Corriere della Sera"

Mission Rai Al Bano sara fra i concorrenti del reality show benefico in onda il prossimo autunno xMission Rai Al Bano sara fra i concorrenti del reality show benefico in onda il prossimo autunno x

Vergognoso, finto, pornografia del dolore. «Mission» è il programma che vanta più recensioni arrivate prima di andare in onda. E poche sono simpatiche. Forse è inevitabile suscitare qualche sospetto se accosti due realtà così diverse: da una parte quella dei rifugiati e dall'altra quella di Al Bano e Paola Barale.

Quella dello spettacolo, insomma. Ma con «Mission» si è andati al di là di alcune polemiche preventive (di solito salutate con gioia, quando si parla di tv). Gli attacchi al programma - definito all'inizio «reality», categorizzazione respinta sia dalla Rai che dalle due realtà del mondo sociale (l'Agenzia per i rifugiati dell'Onu e Intersos) coinvolte, che preferiscono parlare di «social tv» - sono stati un crescendo iniziato mesi fa e che in questi giorni di vigilia sta sconfinando verso lo spionaggio. Il 4 dicembre, in prima serata, debutterà «Mission» su Rai1. Due serate (la seconda il 12 dicembre), condotte da Michele Cucuzza (che, con Barbara De Rossi, ha realizzato la puntata pilota, nel Sud Sudan) e Rula Jebreal.

RIFUGIATIRIFUGIATI

Tra i personaggi noti che andranno in quattro missioni impegnate in diverse crisi umanitarie e che vivranno per dieci giorni in un campo rifugiati con gli operatori di Intersos, ci sono Francesco Pannofino e Candida Morvillo (in Mali), Lorena Bianchetti e Cesare Bocci (Ecuador), Al Bano e le figlie Cristel e Romina Jr (Giordania), Emanuele Filiberto e Paola Barale (Repubblica Democratica del Congo). Quest'ultima coppia è stata protagonista della più recente offensiva a «Mission»: in settimana è stato «trafugato» un estratto della loro puntata e pubblicato sul sito African Voices , accompagnato da ipotesi secondo cui le immagini non sarebbero state girate in campi profughi ma in set cinematografici.

RIFUGIATIRIFUGIATI

Tesi avanzata anche da Vita , mensile sul mondo no profit, sul cui sito si è parlato di «reality condito da comparse africane». Accuse arrivate dopo raccolte firme, critiche da diverse ong e petizioni per bloccare il programma depositate anche in Vigilanza Rai (perfino Laura Boldrini, che come portavoce di Unhcr aveva seguito la nascita del progetto, ne ha poi preso le distanze). Nino Sergi, presidente di Intersos, non ci sta: «Ma pensano che siamo impazziti? Come potremmo, noi che lavoriamo sul campo da anni, spettacolarizzare la presenza dei rifugiati? Nel mondo del sociale comincia a esserci qualcosa di molto marcio».

CUCUZZA IN UN CAMPO PROFUGHICUCUZZA IN UN CAMPO PROFUGHI

D'accordo Laura Iucci, funzionario Unhcr: «Siamo sconcertati dalle assurdità su Mission . Le critiche sono ormai inaccettabili, diffamanti». Questo perché, per associazioni che operano nel sociale, «l'immagine conta. È vergognoso che si possa dire che abbiamo allestito dei set». Aver scelto dei personaggi poco noti per la loro conoscenza di temi così delicati non può aver attirato più critiche?

«Il casting l'ha fatto la Rai: l'idea era trovare persone che usassero un linguaggio adatto al pubblico di Rai1. Loro consentono di trasmettere dei documentari che altrimenti mai sarebbero andati in onda su Rai1, a quell'ora. Fanno puntare i riflettori su realtà dimenticate». Ma, in quanto famosi, hanno un cachet. Si parla di 700 euro al giorno. Soldi che farebbero comodo alle missioni, no? «Il personaggio famoso aiuta a diffondere un messaggio il cui ritorno è ben più ampio», assicura lei.

BOLDRINIBOLDRINI

Della stessa opinione il direttore di Rai1 Giancarlo Leone: «Su questo programma abbiamo investito molto e vorrei avere ancora più budget per convincere in futuro altri a partire. Non mi vergogno a offrire soldi per questa causa. E posto che molti hanno poi devoluto i compensi in beneficienza, a me non interessa il mezzo ma il fine». E il fine è «far conoscere questi temi parlando un linguaggio televisivamente interessante così che non sia un programma per pochi».

Paola Barale e Raz DeganPaola Barale e Raz Degan

Ma nemmeno per moltissimi: «L'obiettivo è tra il 10 e il 12% di share; tra i due e i tre milioni di spettatori: ben sotto la media di rete. Ma saremmo felici». E per allontanare l'idea che si possa speculare sul dolore, durante «Mission» non ci sarà pubblicità: «Mi sembrava improprio interrompere un programma del genere con degli spot».

Intervento di Giancarlo LeoneIntervento di Giancarlo Leone

 

 

 

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