Gloria Satta per il Messaggero
gabriele muccino foto di bacco
Gli anni più belli, l'emozionante lavoro di Gabriele Muccino, ai David di Donatello non ha avuto la nomination né come miglior film né per la regia. In finale ai premi, che verranno consegnati l'11 maggio, sono arrivati solo la protagonista femminile Michela Ramazzotti e la canzone di Claudio Baglioni, mentre il film concorre al David Giovani.
E il regista, che nei giorni scorsi aveva manifestato il proprio disappunto su twitter, è nuovamente sbottato: «Sto meditando di uscire dall'Accademia dei David di Donatello come giurato e non presentare mai più in futuro i miei film in gara», ha postato, «non lo si può più considerare, come fu, il premio più prestigioso del cinema italiano nel mondo».
L'AMAREZZA
Ha poi rincarato: «Mi tiro fuori con amarezza, non certo per invidia, per aver adorato il nostro cinema più nobile e vederlo ridotto a una schermaglia tra film minori, ignorati e/o sopravvalutati». È un vero peccato che Gli anni più belli sia stato tagliato fuori dalle statuette principali. Ma le giurie sono inappellabili e quella dei David, composta da 1700 votanti e recentemente riqualificata dalla presidente e direttrice Piera Detassis, ha scelto di mandare in finale Favolacce di Fabio e Damiano D'Innocenzo, Hammamet di Gianni Amelio, Le sorelle Macaluso di Emma Dante, Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, Miss Marx di Susanna Nicchiarelli.
IL PUBBLICO
«Come crediamo di riportare il pubblico a tifare per il nostro cinema se i titoli in gara sono sconosciuti ai molti, e peraltro nemmeno tra i più amati!?», si è chiesto Muccino, pur mandando un «saluto rispettoso a Detassis che sta cercando di risolvere con tutta sé stessa gli enormi problemi ereditati». Non è la prima volta che il regista attacca i David sui social. In passato li definì «una pagliacciata lobbistica der cinema italiano» e nel 2015, commentando la cerimonia, twittò: «Volavano più coltelli che in una macelleria».
ph credit fratelli d'innocenzo