Marco Giusti per Dagospia
Se ne va James Garner, 86 anni, protagonista di serie tv di culto come “Rockford Files” o “Maverick”, ma anche di film clamorosi come “La grande fuga” di John Sturges, “Grand Prix” di John Frankheneimer o “Victor Victoria” di Blake Edwards. Per Sturges fu anche un mitico Wyatt Earp in “L’ora delle pistole”, un ruolo che riprese vent’anni dopo in “intrigo a Hollywood” di Blake Edwards dove divide la scena con il Tom Mix di Bruce Willis. Ma fu anche un magnifico Marlowe nel film omonimo di Paul Bogart.
Garner, con il suo aspetto elegante e estremamente cool, mai aggressivo o nervoso, era il partner ideale di star scatenate degli anni ’60 come Doris Day, Kim Novak, Lee Remick, ma anche di Julie Andrews, che incontrò in “The Americanization of Emily” di Arthur Hiller e più tardi in “Victor Victoria”. O di Sally Field, che incontrò negli anni ’80 in “Murphy’s Romance” di Martin Ritt in un ruolo che gli fruttò una nomination agli Oscar, o di Gena Rowlands, con la quale divise il successo di “The Notebook” di Nick Cassavetes.
Fra le tante star di Hollywood è stato quello che ha avuto una carriera meno esplosiva ma più duratura, un volto amico ben riconoscibile che il pubblico ha adorato fino alle sue ultime apparizioni, come in “Space Cowboys” di Clint Eastwood, che chiude la sua grande carriera western. Charles Champlin lo descrive come incarnazione “del personaggio americano più tipico al cinema come David Niven lo è di quello inglese”, un ragazzone dallo sguardo innocente che non prende mai nulla di punta.
Questo gli permette di passare dalla commedia sciocchina hollywoodiana dei primi anni ’60, “Venere in pigiama”, “Quel certo non so che”, a ruoli più solidi e importanti nei primi western inquieti sulla storia e la società americana, come “Duello a El Diablo” di Ralph Nelson, dove si trova a difendere una donna bianca, la svedese Bibi Anderson, incinta di un guerriero indiano, e a dividere la scena con il pistolero nero Sydney Poitier.
La coppia bianco/nero si riproporrà nel curioso “Skin Game”, da noi si chiamava “Il magliaro a cavallo”, diretto da Paul Bogart e terminato da Gordon Douglas. Nato nell’Oklahoma, da una famiglia parte europea e parte Cherokee, James Garner entrò nel mono dello spettacolo dopo aver partecipato con onore, ben due medaglie, alla guerra di Corea. Lo troviamo in un piccolo ruolo a Broadway in “The Bounty Mutiny” diretto da Charles Laughton con Henry Fonda protagonista.
Nel cinema lo troviamo in “Sayonara” di Joshua Logan con Marlon Brando e nel western “La ragazza che ho lasciato” con Natalie Wood. Sarà William Wyler a definirlo come personaggio e a lanciarlo a fianco di Audrey Hepburn e Shirley MacLaine sospette lesbiche in “Quelle due”, tratto dal dramma di Lilian Hellman.
James Garner, day-garner-move-over-darling3
Come americano gentile, onesto, pronto a capire le donne, lo troviamo così nelle commedie di Doris Day e di Kim Novack, mentre John Sturges lo lancerà come star maggiore in “La grande fuga” nel 1963. Troppo poco aggressivo per il mondo del western peckhinpiano anni ’60, trionfa però nel western comedy di Burt Kennedy, “Il dito più veloce del West” ad esempio, mentre in Italia gira il notevole “Sledge” diretto da Vic Morrow per Dino De Laurentiis che non fu certo un successo.
Le serie tv e Blake Edawrds, che lo volle in “Victor Victoria” lo definirono nei decenni successivi come protagonista simpatico, affascinante, gentile, un Cary Grant un po’ più americano, ma perfetto per sostenere l’effervescenza delle sue costar come Julie Andrews e più tardi Sally Field, Gena Rowlands, Ellen Burstyn.
Rifiutò horror e film sexy dove avrebbe dovuto spogliarsi sostenendo “non sono un esibizionista”. Buon marito, si sposò solo una volta, con Lois, in un matrimonio durato 56 anni. Assolutamente da recuperare, tra i suoi film, “L’ora delle pistole” e il rarissimo “Sledge”.