LA PRECISAZIONE DI FREMANTLE ITALIA
Caro Dago
Come è noto Fremantle Italia è solo il produttore esecutivo di Non è l’arena e non gestisce la raccolta pubblicitaria del programma che è, invece, di competenza della rete. Eventuali retroscena su questo argomento sono dunque fantasiose ricostruzioni dei fatti.
Ufficio stampa Fremantle Italia
IL NON MISTERO DI GILETTI
Estratto dell'articolo di Salvatore Merlo per “Il Foglio”
Chissà perché viene raccontato come un mistero. Urbano Cairo ha chiuso il programma di Massimo Giletti su La7, quello grazie al quale l’Onu è stata sul punto di inserire l’Italia nell’elenco dei paesi sottosviluppati, perché ormai Giletti gli faceva perdere una barca di soldi. E nell’ultimo mese la situazione si era fatta addirittura insostenibile: circa centocinquantamila euro di passivo ogni puntata.
Insomma ogni santo giorno in cui “Non è l’Arena” andava in onda, Cairo, uno che a La7 riesce a tagliare i costi persino delle colazioni al mattino, che rinegozia al ribasso pure i contratti già chiusi verbalmente, era costretto alla più spaventosa (per lui) delle ginnastiche: quella di svuotare il portafogli. Circa duecentomila euro di spesa a puntata per tenere in piedi la trasmissione di Giletti, quando un talk-show, pure il più lussuoso, costa al massimo – volendo esagerare – centocinquantamila euro a puntata. Con una raccolta pubblicitaria compresa tra i cinquanta e i sessantamila euro. Dunque in passivo. Assai in passivo.
[…] il programma più redditizio di La7 è “Otto e mezzo” di Lilli Gruber, che non ha servizi giornalistici, non ha inviati in esterna, non ha impianto scenico di studio e i cui unici costi sono all’incirca il compenso della conduttrice e quello di alcuni ospiti fissi. I denari si fanno così: spendendo il minimo e raccogliendo il massimo di pubblicità. Un equilibrio delicato. Se salta, perché calano gli ascolti, si va in perdita. E Cairo in perdita non ci vuole andare mai. Il verbo che preferisce è ovviamente “guadagnare”, mentre “pagare” gli piace un po’ meno. […]
LA MAFIA UCCIDE A LA7 - VIGNETTA BY MACONDO
Cairo non è un finanziere come Caltagirone, che possiede il Messaggero. Non costruisce automobili come Elkann, che possiede Repubblica. Vive di tivù e giornali. Che devono andare bene. O perlomeno benino. Inoltre, ha una ben nota fissazione, si direbbe quasi patologica, per le marginalità. Anche quelle minime. C’è chi racconta di avere contrattato con lui per ore su cifre intorno ai ventimila euro. Altri per quella somma acquistano un’automobile semi utilitaria. Lui, per risparmiarli, ci perde una giornata.
[…] Partito nella stagione 2017-2018 con 1.403.813 spettatori, Giletti nei successivi cinque anni quegli spettatori li ha dimezzati arrivando oggi a una media di 779.979. E anche se in questa stagione si stava forse riprendendo, la pubblicità non entrava comunque.
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URBANO CAIRO E MASSIMO GILETTI
D’altra parte persino Giletti era consapevole del calo degli introiti pubblicitari. E se ne lamentava. Però più andava male, più lui si spingeva su temi controversi, per così dire. Compresa la mafia e la stagione delle stragi. Spesso infatti l’insuccesso costringe questi conduttori di talk-show ad acrobazie nel ramo dell’informazione a fumetti. Addirittura pare che a un certo punto il famoso Salvatore Baiardo, il mezzo mafioso che lui ospitava a pagamento, quello della presunta foto di Berlusconi con lo stragista Graviano, si sarebbe offerto di dare una mano per trovare lui aziende interessate a investire nella pubblicità di “Non è l’Arena”. Roba tipo “Catania arancino express”.
Dicono che questa ipotesi, nei giorni scorsi, avesse mandato nel panico i dirigenti di Fremantle, la casa di produzione che confezionava il programma di Giletti. La settimana scorsa un dipendente di Fremantle avrebbe infatti ricevuto questo incarico noiosissimo: andare a rivedere tutti i passaggi pubblicitari di “Non è l’Arena” in questa stagione e verificare che non ci fossero cose tipo aziende di Corleone operanti nell’export di olio d’oliva. Erano terrorizzati che qualche azienda non precisamente specchiata potesse avere acquistato sul serio gli spazi pubblicitari. Sarebbe imbarazzante. Ma sarà stata certamente solo una spacconata, una delle tante, di Baiardo.
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[…] Il narcisismo di Giletti lo spinge a pensarsi vittima di un’epurazione, perché è per natura incapace di accettare un fallimento professionale. Se lo prenderà la Rai? Chissà. E’ già iniziata una battaglia tra Matteo Salvini e Fratelli d’Italia. Fino a luglio Giletti non dirà praticamente nulla di questa faccenda, in quanto è ancora sotto contratto con La7. Ma il racconto giornalistico che se ne fa, fitto di suggestioni e inafferrabili collusioni che fluttuano come gas sulle pagine dei quotidiani più sbrigliati, prepara forse il terreno per una sua mega intervista di denuncia.
Essere epurati, in Italia, equivale al Nobel. Dunque Massimo Giletti non solo riceve ancora il suo compenso da La7, ma deve anche rispettare delle clausole di correttezza e di riservatezza. Insomma deve stare zitto. E infatti domenica è improbabile persino che vada da Enrico Mentana che ha annunciato di volergli dedicare uno speciale. […]
[…] Dopo l’estate, una volta libero dal contratto che lo costringe al silenzio, che ne sarà di lui? Andrà alla Rai? Matteo Salvini, negli ultimi tempi ospite frequentissimo di “Non è l’Arena”, è stato l’unico leader politico a intervenire pubblicamente a sua difesa. Sentendosi forse in colpa per aver contribuito al flop degli ascolti di Giletti (basta guardare le curve auditel per constatare che Salvini è stato un diserbante sugli ascolti già non rigogliosi di Giletti: dove passa il leghista ormai non cresce più l’erba), gli ha espresso solidarietà.
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Con un tweet. Questo: “Il mio abbraccio a Massimo e alla sua squadra. L’ho sempre stimato e spero di rivederlo in video al più presto”. Salvini lo voleva già candidare sindaco prima a Torino, e poi a Roma. Adesso dicono tutti che voglia officiarne il ritorno in Rai. Bisogna però probabilmente aspettare che nell’azienda cambi la governance e venga mandato via l’attuale amministratore delegato. Si vedrà.
Tuttavia gli uomini di Giorgia Meloni non sono inclini all’idea di prendere Giletti. Almeno così sembra. Giampaolo Rossi, che è il direttore generale in pectore, ha escluso che ci siano stati contatti con Giletti. Roberto Sergio, invece, che è l’amministratore delegato in pectore ed è un interno Rai, ha ammesso riservatamente di aver incontrato Giletti. Ma richiesto di dare spiegazioni ha precisato: “Era soltanto per un caffè”.
Trattandosi di una trasmissione che in Rai rientrerebbe nell’incongrua definizione di “approfondimento”, il ritorno di Giletti dovrà coinvolgere anche il direttore dell’approfondimento. Che, nel futuribile organigramma della Rai meloniana, dovrebbe essere Paolo Corsini. Giornalista di destra, sì, ma non leghista. Sicché ieri sera girava una leggenda talmente fantastica e inverosimile da essere certamente vera: “Finirà che non potendolo riportare in Rai, Salvini candiderà Giletti capolista alle europee”.
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