I NOSTRI PRIMI 40 ANNI - IL 25 SETTEMBRE 1976 BONO (CHE NON SAPEVA SUONARE LA CHITARRA), THE EDGE E ADAM CLAYTON SI STRINGONO ATTORNO ALLA BATTERIA DI LARRY MULLEN E NASCONO GLI U2 - BONO: “FAR PARTE DELLA NOSTRA BAND È UN PO’ COME FARSI PRETE. UNA VOLTA CHE LO SEI, C’È SOLTANTO UN MODO PER USCIRNE: IN UNA CASSA DA MORTO” - VIDEO - -

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Testo di Brian Boyd pubblicato da “la Repubblica”

 

Le prime prove degli U2, quaranta anni fa, durarono poco meno di una quarantina di minuti. Bono, The Edge e Adam Clayton si erano stretti attorno alla batteria di Larry Mullen e si misero subito a litigare su chi dovesse suonare un dato strumento e su come si sarebbe dovuta chiamare la nuova band.

U2 U2

 

Alcune settimane prima Larry aveva appeso un foglietto sulla bacheca della scuola di Dublino. E si erano presentati tutti e quattro i membri degli U2. Era necessario provare in vista dell’esibizione della Larry Mullen Band, prevista nella casa di famiglia di Larry il 25 settembre 1976.

 

Il primo ad arrivare fu The Edge. Non parlò granché e rimase a guardarsi fisso le scarpe. Adam Clayton entrò più tardi, facendo svolazzare il suo cappotto afgano lungo fino a terra. Subito si autonominò batterista e manager della band. L’ultimo ad arrivare fu Bono, un concentrato di energia sfrenata: aveva un’audizione con la band per diventarne il chitarrista.

 

Nel giro di pochi minuti Larry Mullen si rese conto che quella non sarebbe più stata la Larry Mullen Band, tanta e tale era l’energia prorompente che scaturiva dall’aspirante chitarrista. L’unico vero problema era che Bono non sapeva suonarla la chitarra: avrebbe dovuto essere accompagnato alla porta e congedato, ma prevalse la sensazione che la sua presenza scenica fosse eccezionale e unica per lasciarla semplicemente andare via. Larry gli suggerì di provare a cantare. Gli U2 erano nati.

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All’inizio si fecero chiamare The Hype ed erano terrificanti: non avevano idea di come si scrivesse una canzone. Per non parlare di come si fa a inciderla e venderla. A complicare le cose, ci si mise il fatto che tre membri della band (Bono, Edge e Larry) erano profondamente impegnati in un gruppo cristiano evangelico. E questo faceva un po’ a pugni col fatto di suonare rock’n’roll.

 

A distanza di quarant’anni da quelle prime tragiche prove, gli U2 restano saldamente ai vertici della musica mondiale. Hanno venduto oltre 170 milioni di dischi, hanno vinto più Grammy di qualsiasi altra band della storia e hanno portato a termine la tournée live mondiale più redditizia di tutti i tempi.

 

Ora che hanno un nuovo album e una nuova tournée all’orizzonte, Bono spiega come sono riusciti ad arrivare fin qui. «In verità, non c’erano grosse speranze di successo per gli U2 e in effetti era tutta colpa mia» dice.

 

«Quando la band si formò, io avevo 16-17 anni e sapevo che non ce l’avrei mai fatta a diventare un cantante rock punk — o anche solo rock — perché quando cantavo mi veniva fuori una vocina da ragazza. Ma una sera, a Dublino, ho trovato la mia vera voce. Eravamo andati a sentire i Ramones. Era il 1977 e grazie a Joey Ramone scoprii finalmente la mia voce: rimasi lì ad ascoltarlo cantare, senza poter fare a meno di notare che anche lui aveva un po’ una voce femminile, la stessa che veniva fuori a me quando cantavo. Così ho pensato: andrà bene, dopo tutto. E a quel punto mi lanciai ».

 

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Poche settimane dopo arrivarono in città i Clash. «Io avevo trovato la mia voce ascoltando Joey Ramone, ma gli U2 divennero gli U2 la sera in cui sentimmo suonare i Clash a Dublino. Quella sera per noi cambiò tutto. Ricordo ancora distintamente che la mattina dopo, nella mia camera di Cedarwood Road, quasi un bugigattolo, rimasi a lungo a guardare fuori dalla finestra. In quel preciso momento tutto divenne più chiaro: il mondo è molto più duttile di quel che si crede».

 

Ovviamente, però, c’era ancora tanto lavoro da fare. «A quei tempi a Dublino c’erano band migliori della nostra, ma noi avevamo imparato dai Ramones e dai Clash che potevamo afferrare un microfono e dire qualcosa attraverso la nostra musica » dice Bono. «Ancora oggi vorrei che gli U2 fossero un gruppo migliore. Vorrei che fossimo una band di maggiore talento. E adesso, quando mi preparo a scrivere una canzone, per me diventa una lancinante prova di umiltà».

 

Quello di Bono non è autolesionismo. «Ho un sussulto ogni volta che alla radio ascolto una nostra canzone. Vuole sapere qual è stato il momento più umiliante per gli U2 secondo me? È la canzone Where the streets have no name. Ho scritto quei versi in tenda nel nord dell’Etiopia (nel 1985) e non ho fatto altro che scribacchiare alcuni pensieri che mi passavano per la testa: “Voglio correre, voglio nascondermi, voglio abbattere i muri che mi tengono rinchiuso”.

 

Pensai che fossero abbastanza insensati, ma quando poi registrammo il brano in studio quelle parole si adattarono perfettamente alla musica. E a quel punto non mi restava altro che cantarle per il resto della mia vita. Senza contare che sarebbe diventato il brano di maggior successo nei live degli U2...».

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Nella carriera del gruppo ci sono stati due momenti fatidici in cui la band si è trovata a scegliere tra un salto di qualità e lo scioglimento. Il primo fu all’inizio degli anni Novanta quando cercavano «di tornare a sognare in grande». «Fu un momento terribile per gli U2 quando entrammo la prima volta in studio di registrazione a Berlino per Achtung Baby. 

 

Le cose tra noi andavano male. Malissimo. Direi che su una scala da uno a dieci, eravamo a nove, molto vicini a scioglierci», ricorda Bono. Il secondo momento nero fu immediatamente dopo l’album del 2009 No line on the horizon, quando il cantante disse: «Se non ci viene in mente nessun buon motivo per fare un nuovo album, dovremmo semplicemente andare tutti affanculo».

 

Il “buon motivo” per lui fu scrivere degli sconvolgenti eventi della sua gioventù, che pervadono l’album Songs of innocence. «Tornammo a Dublino, dove tutto era cominciato. E lì ci chiedemmo: “Cosa ci ha spinto a suonare, all’inizio? Oggi cosa significa per noi suonare?”. Non era nostalgia. Ritornando con la mente a quei primi anni, mi sono reso conto che erano successe un sacco di brutte cose. Ed eravamo passati attraverso tante vicende di merda ».

 

Raised by wolves (in quell’album) parla di un orribile attentato avvenuto a Dublino nel 1973 (quando Bono aveva appena 14 anni). «Ogni venerdì da ragazzino uscivo da scuola, prendevo l’autobus e andavo in centro a gironzolare in un negozio di dischi. Un venerdì però sono andato a scuola in bicicletta e quindi al ritorno non ho preso l’autobus per andare al negozio di dischi.

U2 THE EDGE U2 THE EDGE

 

Alle 17.30, proprio la stessa ora alla quale tutti i venerdì di solito mi trovavo lì, dietro l’angolo ci fu la peggiore atrocità che si possa immaginare e 33 persone persero la vita per un attentato con un’autobomba ». Appena quattro mesi dopo quell’evento traumatico, la madre di Bono, Iris, morì all’improvviso di aneurisma cerebrale. «Ho pochi ricordi di mia madre, ma sono tutti racchiusi nella canzone Iris. 

 

La mamma è importante, importantissima nella musica rock. Dimmi i nomi di grandi cantanti e io ti mostrerò chi di loro ha perso la madre da piccolo. Paul McCartney, John Lennon... Ascolta Lennon quando canta di sua madre. E ascolta Eminem quando canta della sua. Io provai rabbia e dolore per la perdita di mia madre e convogliai tutte quelle emozioni nella mia musica. Continuo a farlo ancora adesso».

 

Bono riconosce al padre (morto nel 2001) il merito di averlo saputo comprendere meglio di chiunque altro. «La frase più bella che mi sia mai stata detta, e anche la più acuta, è quella di mio padre che un giorno mi disse: “Bono, tu sei un baritono che si crede un tenore”. E questa è la storia della mia vita».

U2 U2

 

Per ciò che concerne la sua concezione di mortalità, resta provocatorio: «La mortalità? Se l’esperienza mi ha insegnato qualcosa è che la gioia è un atto provocatorio nei confronti del mondo. Il divertimento, l’allegria spavalda, il sentirsi vivi fino in fondo, il fatto di esserci. Morte e mortalità? La mia risposta è la gioia. Gli U2 sono nati per riempire un vuoto, un buco nel mio cuore che si stava allargando». 

 

U2 ADAM CLAYTON U2 ADAM CLAYTON

A distanza di quarant’anni da allora, gli U2 assolvono ancora a quella funzione per Bono. Ci sono state lodi e ci sono state critiche, ovviamente. Il cantante pensa che la gente non si renda ancora conto di quale fosse il significato della sua dichiarata missione originaria: «Il punto è che gli U2 non sono una band da circuito d’essai. Il nostro lavoro, per come lo vediamo noi, è portare il circuito d’essai nel mainstream, pungolandolo». E quanto a lungo intende cantare questa canzone? «Far parte degli U2 è un po’ come farsi prete. Una volta che lo sei, c’è soltanto un modo per uscirne: in una cassa da morto».

U2 U2 la band irlandese pronta al tour mondiale la band irlandese pronta al tour mondiale

( © IFA/ la Repubblica traduzione di anna bissanti)

te edge e bono sotto la metro te edge e bono sotto la metro

 

 

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