IL PRIMO BRIVIDO DELLA MOSTRA SCHIZZA DALLO SCAZZO FUKSAS VS. CITTO MASELLI - AUTORE DI UN FILM CHE PRENDE PER IL CULO L'IMPEGNO RADICAL-CHIC DELL'ARCHI-STAR - VOLANO I MATTONI DI FUKSAS: " è considerato il regista che, per motivi para-politici, ha più incassato in contributi dal Ministero Cultura per i film che differentemente dai finanziamenti cospicui, hanno avuto un pubblico quasi nullo" - NON SOLO: "E MI HA CHIESTO PURE DI RESTAURARE LA CASA DI LUCHINO VISCONTI A GRATIS!"

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1 - SI TRASMETTE IL SEGUENTE COMUNICATO STAMPA DI MASSIMILIANO FUKSAS:
Alcuni mesi fa, Citto Maselli venne nel mio studio romano in qualità di Presidente di una delle tante Associazioni che lo hanno visto partecipe. Con l'occasione mi chiese di progettare il restauro (a titolo gratuito naturalmente!) della villa di Luchino Visconti ad Ischia, ridotta in pessime condizioni.

Come mia abitudine ho accettato. Ora, con stupore e amarezza, noto che Maselli ha dato vita nell'ultimo dei suoi film a un personaggio che rimanda (per tutta la stampa) al sottoscritto. Personaggio non propriamente edificante.

CITTO MASELLI - copyright PizziCITTO MASELLI - copyright Pizzi

Certamente Maselli è considerato il regista che, per motivi para-politici, ha più incassato in contributi dal Ministero della Cultura per i suoi film che differentemente dai finanziamenti cospicui, hanno avuto un pubblico quasi nullo.

Purtroppo quest'episodio, mi porta mio malgrado a rifiutare quanto avevo accettato, ovvero il restauro della villa di Luchino Visconti, grandissimo regista che a differenza di molti ha mostrato grandi qualità senza nascondere il fatto che era sinceramente comunista e senza mai usare la politica come sostituto alla mancanza di talento.
Mi dispiace per Luchino Visconti e per quanto di meraviglioso ci ha lasciato.

Massimiliano Fuksas

2 - MASELLI: LE SUE "OMBRE ROSSE" CAMPIONARIO DI IDEALISMO E UTOPIE...
Stenio Solinas per "Il Giornale"

L'ispirazione per un film sui centri sociali a Francesco Maselli è venuta mentre stava pranzando al Bolognese, il ristorante romano di piazza del Popolo dove va la gente in vista e la gente che si vuol far vedere. Maselli ha quasi ottant'anni, fa cinema da quando ne aveva diciotto, ha presieduto un po' tutte le associazioni sindacali del settore, ha al suo attivo alcuni film interessanti, è sempre stato comunista, non ha ceduto alle lusinghe dei democristiani e dei socialisti: essendo di ottima famiglia borghese era già ricco di suo.

Massimiliano Fuksas - Copyright PizziMassimiliano Fuksas - Copyright Pizzi

Come tutti gli intellettuali populisti, Maselli ama il popolo, ma non lo frequenta. Il suo è il pedagogismo tipico di chi predilige le astrazioni e disprezza la realtà. "Le ombre rosse", fuori concorso, presenta un centro sociale, .Cambiare il mondo», che è una via di mezzo fra una casa-accoglienza e un laboratorio teatrale: tutti sono idealisti, nessuno viene respinto, non si capisce chi paga. Gli viene contrapposta l'immagine di un potente intellettuale mediatico di sinistra, una via di mezzo fra Claudio Magris e Umberto Eco, che vorrebbe trasformare quell'energia «rivoluzionaria» in una casa della cultura: chiede aiuto a una superstar dell'architettura, anch'essa di sinistra, un simil-Fuksas coinvolge anche un vecchio e glorioso sindacalista, un simil-Foa, e un'algida eurodeputata, una simil-Rossanda.

Il contrasto fra le idealità e il potere, fra il sogno e la realtà, porterà alla fine del centro sociale, ma le idee non muoiono: a giudizio del regista "la crisi della sinistra è complessa e non c'è un colpevole". Ambientato ai tempi dell'ultimo governo Prodi, il film si chiude con la destra che strombazzando nelle strade festeggia la vittoria elettorale. «Quelli di sinistra non suonano il clacson», dice sconsolato l'intellettuale. Un po' tromboni, ma non cafoni.

3 - QUANTO CI COSTANO I POLPETTONI DI CITTO
Alessandra Menzani per "Libero"

Alzi la mano, tra i comuni mortali, chi ha visto un film di Citto Maselli. Se negli anni Sessanta e Settanta il compagno Citto, seppure nella militanza a sinistra più incallita, qualcosa da dire l'aveva e il pubblico sembrava lieto di ascoltarla, dagli anni Ottanta il regista romano è stato costretto a constatare che più nessuno decide di uscire di casa, pagare sette euro (o tredici mila lire) e vedere una sua opera.

Polpettoni degli ultimi decenni come "Frammenti di Novecento", "Firenze, il nostro domani", "Lettere dalla Palestina", "Un mondo diverso è possibile", "Codice Privato" sono titoli su cui giace un mistero insondabile. Chi li ha visti?

QUATTRINI AL VENTO
Eppure c'è chi ha elargito quattrini a Maselli per dirigere pellicole che hanno guardato i parenti stretti di Citto. E forse neppure quelli. L'Italia non è un Paese per vecchi, ma per il cineasta ottantenne è disposta a aprire il portafoglio. Anzi, a spalancarlo. Guardacaso l'ha aperto (non solo per lui, s'intende) Walter Veltroni, che tra l'altro lo riempie di elogi nel suo ultimo libro, "Noi", da quando negli anni Novanta pensò che la soluzione della crisi del cinema italiano fosse il contributo pubblico.

Così, da ministro dei Beni Culturali, aprì i rubinetti dei finanziamenti statali. Il governo attuale ha deciso di chiuderli. Scatenando l'ira di attori e registi. E chi stava in prima fila il mese scorso a Roma nella manifestazione contro i tagli al Fus? Maselli, ci mancherebbe altro.

Come avrebbe fatto Citto a fare tanti film senza i soldi dei contribuenti? Non sarebbe riuscito, ad esempio, a mettersi dietro la macchina da presa dell'ignoto "Cronache del terzo millennio", anno 1995, un film che ha ricevuto dalle casse statali un milione e 321 mila euro, guadagnandone, due anni più tardi, solo cinque mila al botteghino.

D'altra parte Maselli, «nato borghese con ideali marxisti», come si è autodefinito in un'intervista a Barbara Palombelli, non avrebbe nemmeno potuto realizzare il film a episodi (insieme ad altri registi) dal titolo "Gli ultimi della classe", 1998, che - non si sa come - ha fatto peggio dell'illustre precedente: 432 mila euro di sovvenzione, zero incassi. Il film infatti non è mai uscito. Nessuno l'ha visto.

Erano gli anni delle finanziamenti selvaggi. I dati sulle sovvenzioni pubbliche (fonte, Beni Culturali), incrociati con gli incassi Cinetel pubblicati dalla rivista specializzata "Box Office" (quindicinale edito da Duesse), mostrano una Sprecopoli cinematografica tragicomica.

Nel 2005, con coraggio, il governo decide di sborsare un gruzzolo di 464.000 euro per realizzare "Civico zero", film-denuncia di Maselli sul mondo dei senzatetto. Il regista raggruppa un cast notevole (da Ornella Muti a Valeria Golino), ma niente, non ce la fa proprio ad andare in pari. La pellicola esce due anni dopo, nel novembre del 2007, e il sadico box office decreta che gli incassi sono di appena 25 mila euro.

Dopo imprese simili, le finanze pubbliche dovrebbero quantomeno pensarci cinque minuti prima di firmare un assegno a Maselli. Invece no. Nel 2008 viene riconosciuto di interesse culturale "La Scossa", documentario sul terremoto firmato anche da Carlo Lizzani, Andrea Frezza, Ugo Gregoretti e Nino Russo. Contributo: 200 mila euro versati alla società Paco Cinematografica + Cinesicilia. L'opera non è mai uscita.

Infine, sempre nel 2008, ecco "Le ombre rosse", pamphlet politico sulla crisi della sinistra che sarà accolto con tutti gli onori, fuori concorso, all'imminente 66esima Mostra di Venezia. Il film ha avuto una nascita travagliata. Prima si chiamava "Il fuoco e la cenere", poi ha cambiato nome in "Gli anni luce", infine hanno spento quella luce e sono comparse le ombre. Rosse.

La pellicola, prodotta da Dodici Dicembre, è la continuazione ideale di "Lettera aperta a un giornale della sera". E qui il buon Citto ha fatto il colpo da maestro, ottenendo dallo Stato la somma record di un milione di euro. Per incassarne quanti? Accettiamo scommesse. Maselli è sempre stato coccolato dai Beni Culturali anche perché, per lungo tempo, è stato presidente dell'Anac (l'associazione degli autori oggi guidata da Ugo Gregoretti), un centro di potere che da sempre rappresenta il top della commistione tra cinema e politica.

PAGA MAMMA RAI
Non si può trascurare un altro fatto. I soldi pubblici di cui ha goduto Citto non arrivano solo dai finanziamenti per «l' interesse culturale» riconosciuto alle sue opere. La maggior parte dei lavori maselliani sono stati prodotti da enti statali o semi statali. Parliamo di Rai Cinema, Istituto Luce e di quell'Italnoleggio, ex compagnia di Stato nata per finanziare film difficili per il mercato, dietro la quale ci sono due opere famose di Citto: "Il Sospetto", con Gian Maria Volontè comunista inviato in missione nell'Italia fascista, e "Lettera aperta...", nelle intenzioni del regista una satira sul velleitarismo di sinistra.

Dobbiamo ringraziare la Rai, invece, per "Tre operai" (1980), "Apologo Tiberino" (‘87), "Codice privato" (‘88) e il "Compagno" (‘99), mentre "Civico Zero" è dell'Istituto Luce.

Ma le imprese del magnifico Citto non si fermano qui. Andiamo al 1955. "Gli Sbandati" (tipico film sulla militanza, stroncato persino dall'Unità) viene prodotto di tasca propria da Nicola Caracciolo con i soldi derivanti da una sua eredità. Bene, la pellicola va talmente male in sala pubblica che Caracciolo, fratello di Carlo, perde tutto il denaro e decide di cambiare mestiere.

Il primissimo Citto, dunque, i suoi film comunisti se li faceva pagare dai miliardari blasonati. Meglio allora di oggi, che glieli paghiamo noi. In totale, dal 1994, quasi tre milioni e mezzo di euro.

E attenzione: dalla sua villa di Fregene l'inossidabile rifondarolo è ancora al lavoro. Sta scrivendo un film sulle lotte operaie e uno su Vittorio De Sica. Prepariamo i portafogli.

 

 

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