Rodolfo di Giammarco per “la Repubblica”
Quali erano gli ambienti culturali più frequentati, e gli usi e costumi amichevoli più condivisi da Monica Vitti? Ne parliamo con Masolino d’Amico, un critico che la conosceva, a contatto con le sue abitudini.
«Pur mettendo sempre più piede a teatro, Monica rimaneva timida e vulnerabile, e la mia amica Bice Valori scoprì che in un diario aveva giudicato Bice stessa, Bonucci e Tedeschi "colleghi cattivi ma diabolicamente spiritosi". Poi Antonioni s'innamorò di lei, e mise in luce la sua faccia in quattro film sull'incomunicabilità, facendone una creatura di successo per l'élite.
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Ma Monica in privato non somigliava a quell'icona, il suo temperamento era diverso, fragile. Voleva restare libera d'essere se stessa, un po' preda delle paure, sempre col timore di impegnarsi, disposta solo ad appoggiarsi a uomini pigmalioni come appunto Michelangelo, poi Di Palma e infine Roberto Russo».
Provvista ovunque e sempre di una doppia personalità, in arte e nella vita quotidiana. «Esattamente. Sul lavoro era maniacale, rompiscatole, preoccupata dalla carriera, capace di bruciare le foto sgradite, forzata a un'aura intellettuale, ma nell'esistenza di tutti i giorni non si dava mai arie, aveva l'umore di una liceale, le piaceva scappare a cinema, teatri e mostre, rannicchiarsi nei sedili di piccole macchine, si mescolava nella folla o con pochi intimi, campava in una casa normalissima. E però era curiosa, voleva conoscere, leggere libri giusti, imparare dalle persone».
Monica Vitti organizzava anche raid a sorpresa. «Nei primi anni '70 mi telefonò per coinvolgermi in una trasferta verso il frusinate, per andare a trovare il santone dei Beatles, Maharishi Mahesh Yogi, che conduceva seminari di meditazione in campagna. Guidava Sergio Amidei, c'era Di Palma. Fummo ammessi, il guru era a gambe accoccolate. 'Che volete da me?' Imbarazzo.
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Andammo via, a caccia di trote. Passavamo i capodanni in una tenuta di Franco Cristaldi vicino Volterra. C'erano Age e Scarpelli, Risi, Rosi e signora, passavano Tognazzi e Gassman. Monica di divertiva molto, era spiritosissima, e Monicelli, che la prendeva in giro stupendamente, scherzava con Antonioni dicendogli che con "Blow Up" era stato in anticipo di dieci anni e tra un po' sarebbe stato in ritardo.
Poi non ci si vide più la domenica. Finì la storia tra Cristaldi, stressato da "Amarcord" di Fellini, e la Cardinale sedotta da Squitieri». In mezzo a tanti film, il ritorno di Monica al teatro costò a d'Amico anche una notte in bianco. «Nel 1964 arrivò a Zeffirelli il copione di "Dopo la caduta" di Miller, e lui, dovendolo far leggere a Monica prima d'una sua partenza l'indomani, mi chiese di tradurglielo entro l'alba. Lo feci. Lei lesse e accettò».
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