Angela Majoli per l’Ansa
Quell'"uso criminoso" della televisione pubblica di cui l'allora premier Silvio Berlusconi accusò nel 2002, da Sofia, Biagi, Santoro e Luttazzi, ha lasciato il segno nella storia della Rai, consegnando l''editto bulgaro' anche all'analisi della Treccani e riecheggiando a più riprese nel dibattito politico e mediatico.
Ma in vent'anni di relazioni pericolose e di polemiche, dai tempi in cui l'intraprendenza del Cavaliere spezzò il monopolio di Viale Mazzini, un altro capitolo centrale del berlusconismo resta l'approvazione, nel 2004, della controversa legge Gasparri, destinata e ridisegnare gli equilibri del mercato tv 14 anni dopo la Mammì.
E' il 18 aprile 2002 quando Berlusconi indica come "preciso dovere della nuova dirigenza" Rai il "non permettere più" l'"uso criminoso" della tv pubblica fatto da Biagi, Santoro e Luttazzi. Nel mirino del capo del governo, in particolare, la puntata in cui Biagi ha intervistato Roberto Benigni (il 10 maggio del 2001, in piena campagna elettorale) che non ha risparmiato critiche all'allora leader dell'opposizione.
Quella sera, in diretta al 'Fatto', Biagi dice: "Questa potrebbe essere l'ultima puntata dopo 814 trasmissioni, ma non tocca a lei, Berlusconi, licenziarmi". Non sarà quella l'ultima puntata, ma il programma concluderà il suo percorso il 31 maggio dello stesso anno. E saranno sospesi anche Sciuscià di Santoro e Satyricon di Luttazzi.
SILVIO BERLUSCONI E ENZO BIAGI jpeg
Il resto è storia: Biagi tornerà sugli schermi Rai con RT - Rotocalco televisivo il 22 aprile del 2007, Santoro a settembre 2006 con Annozero, Luttazzi nell'autunno 2007 porterà - ma sarà solo una parentesi - su La7 il suo Decameron. E sempre su La7 andrà in scena l'ospitata del Cavaliere da Santoro, il 10 gennaio 2013 a Servizio pubblico, finita negli annali: in un ring che a tratti sembra il set di una commedia, tra domande ruvide e scambi ironici, spicca la gag di Berlusconi che spolvera la sedia di Marco Travaglio prima di accomodarsi. Risultato, 8,7 milioni di spettatori e il 33% di share, il record assoluto per la rete.
Accanto alla stagione delle epurazioni, di cui farà le spese anche l'allora direttore di Rai2 Carlo Freccero, tra i passaggi più discussi dell'era Berlusconi c'è la Gasparri: un "parto da elefante", la definisce scherzando il ministro il 29 aprile 2004, giorno dell'approvazione definitiva dopo sei passaggi parlamentari (e lo 'schiaffo' del rinvio alle Camere da parte del Capo dello Stato Ciampi), oltre 14 mila emendamenti e 410 voti a scrutinio segreto.
Per l'opposizione, è una legge pro-Cavaliere, che evita il passaggio di Rete4 sul satellite e soprattutto eleva i tetti Antitrust nelle risorse del settore, consentendo nuovi margini di arricchimento alle aziende del premier. Per la maggioranza, la riforma tv aumenta il pluralismo e apre al futuro e allo sviluppo del digitale terrestre (che sul fronte pay sarà un nuovo mercato per Mediaset, anche se il business si rivelerà meno redditizio del previsto e Premium 'chiuderà' nel 2019).
Tra i punti caldi della Gasparri ci sono però anche le nuove norme per la nomina dei vertici Rai, che finiranno ciclicamente con l'intrecciarsi con le crisi di governo e gli scontri tra gli schieramenti.
Contro l'annunciata "occupazione dell'azienda", pochi giorni dopo l'approvazione della Gasparri, Lucia Annunziata si dimette da presidente di Viale Mazzini. Due anni dopo, il 12 marzo 2006, alla vigilia delle politiche, sarà Berlusconi a sbattere la porta, lasciando in diretta lo studio della giornalista a In 1/2 H. Sarà poi il governo Renzi, nel 2015, a varare la nuova riforma della Rai, ancora in vigore, che introduce la figura dell'amministratore delegato.