SELVAGGIA LUCARELLI SCRIVE A DAGOSPIA DOPO UN ARTICOLO DI GUIA SONCINI IN CUI ERA PRESENTE UN VELATO MA CHIARO RIFERIMENTO A LEI ("OSSERVAVO L’INDIGNAZIONE SOCIAL VERSO FACCI D’UNA SIGNORA, UNA CHE STIGMATIZZAVA LA DESTRA CHE DÀ SPAZIO A COLORO CHE COMPIONO REATI CONTRO LE DONNE, LO STALKER FACCI E LO STALKER MORGAN, E PENSAVO: SÌ CARA, MA TU TE LI SEI SCOPATI ENTRAMBI, COSA CI DICE QUESTO DI TE?"): "HO AVUTO UN BREVE RAPPORTO SENTIMENTALE CON IL CANTANTE MORGAN MA NON HO MAI AVUTO UNA RELAZIONE CON IL GIORNALISTA FILIPPO FACCI"

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La lettera dell’avvocato di Selvaggia Lucarelli a Dagospia

 

Egregio Direttore,

 

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scrivo la presente in nome e per conto della signora Selvaggia Lucarelli che mi ha conferito mandato in relazione all’articolo di cui all’oggetto pubblicato in data odierna sul Vostro sito (https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/pronti-catfight-ndash-guia-soncini-accende- ldquo-micia-rdquo-contro-360155.htm).

 

Il vostro articolo non si limita a riportare nel corpo del testo (come viene indicato) l’estratto dell’articolo originale scritto dalla giornalista Guia Soncini e pubblicato oggi sul sito “Linkiesta”: la vostra pubblicazione riporta nel titolo a caratteri cubitali (e con scritta in rosso, così da aumentane la visibilità) la parte dell’articolo originario gravemente falsa e diffamatoria per la parte che rappresento:

 

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“Osservavo, nei giorni di questo scandale du jour, l’indignazione social verso Facci d’una signora, una che stigmatizzava la destra che dà spazio a coloro che compiono reati contro le donne, lo stalker Facci e lo stalker Morgan, e pensavo: sì cara, ma tu te li sei scopati entrambi, cosa ci dice questo di te?”

 

Mi preme evidenziare e segnalare la portata gravemente diffamatoria (e falsa) dell’articolo integralmente ripubblicato sulla vostra testata: Selvaggia Lucarelli viene con spregio indicata con l’epiteto “la signora” che (riferito a Filippo Facci e Morgan) “se li è scopati entrambi”.

 

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Tutto questo non è alcun modo accettabile per modi, toni e contenuto dell’affermazione che non solo è assolutamente scurrile e misogina ma, altresì, completamente falsa. Se è pur vero (noto alle cronache) che Selvaggia Lucarelli ha avuto una breve relazione sentimentale con il cantante Morgan è assolutamente falsa l’affermazione circa una relazione con il giornalista Filippo Facci.

 

Ma ancora, e di più: l’articolo originario de Linkiesta non riportava affatto l’identità (seppur malcelata) di Selvaggia Lucarelli mentre il Vostro articolo pubblicamente indica “Guia Soncini ha acceso la micia contro Selvaggia Lucarelli”: il tutto con ulteriore aggravio del danno che la mia assistita sta subendo a seguito del gratuito attacco ricevuto come donna e come professionista.

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Per quanto sopra, atteso che l’articolo pubblicato dalla giornalista Guia Soncini e da Voi integralmente riportato è non solo falso ma gravemente diffamatorio (ho già provveduto ad inviare diffida in tal senso a “Linkiesta”) e il titolo da Voi proposto non fa che aggravare i danni all’onore e al decoro della parte che assisto, Vi intimo di rimuovere immediatamente l’articolo in parola e, in ogni modo, di rettificare quanto falsamente indicato.

 

La presente richiesta vale anche con riferimento al diritto di rettifica di cui al GDPR (art. 16) i sensi del quale l'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano senza ingiustificato ritardo: atteso il fatto che i fatti riportati nel vostro articolo sono contrari a verità, stante l’oggettiva difformità dell’informazione diffusa rispetto al vero, si chiede l’immediata rettifica e la comunicazione dell’avvenuta correzione.

Distinti saluti.

 

IL PESCE PICCOLO - QUANT’È FACILE PRENDERSELA CON FILIPPO FACCI, UNICA TESTA OTTENIBILE DALL’OPPOSIZIONE

Estratto dell’articolo di Guia Soncini per www.linkiesta.it

 

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Apro il file che Pages chiama «Untitled 222» e che a un certo punto salverò chiamandolo «Filippo Facci» dopo due giorni in cui ripasso le due liste: quelli che mi toglieranno il saluto, quelli che mi quereleranno; dopo due giorni in cui mi chiedo come mi venga in mente di scrivere della ridicola vicenda che parte dal figlio di La Russa che forse stupra una, passa da Filippo Facci che sicuramente ci scrive uno dei suoi articoli, e arriva a: il problema dell’Italia è un programma televisivo che neppure ancora esiste.

 

Come tutti, conosco Filippo Facci da una vita. Quella frase che non si sa bene chi abbia detto per primo, quella sulla rivoluzione che in Italia non si può fare perché ci conosciamo tutti, non è mai stata così vera.

 

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Osservavo, nei giorni di questo scandale du jour, l’indignazione social verso Facci d’una signora, una che stigmatizzava la destra che dà spazio a coloro che compiono reati contro le donne, lo stalker Facci e lo stalker Morgan, e pensavo: sì cara, ma tu te li sei scopati entrambi, cosa ci dice questo di te? (Che volgarità, sembro un articolo di Facci).

 

Quando […] è stata annunciata una striscia di Facci all’ora di pranzo, quelli più pratici d’indignazione hanno pensato a Enzo Biagi, quelli più pratici di televisione hanno pensato a Vittorio Sgarbi, e io ho pensato: questa destra è proprio alla frutta, poverini.

 

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Non perché pensi che Facci non sia in grado di commentare qualcosa in tv […]; perché, se fossi una persona di potere, a uno come Facci – sciamannato, discontinuo, infantile, inaffidabile – non assegnerei mai una delle caselle disponibili. A meno che non fossi una persona di potere della destra di oggi, così priva di personale potabile che se trovate una chiamata non risposta probabilmente è qualcuno che vuole affidarvi una prima serata, e pazienza se non di tv vi occupate ma d’idraulica o di cucina molecolare.

 

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Ma non vorrei tardare a far cancellare il mio numero da alcuni telefoni e a farmi dire «come hai osato accostarmi a quello, ti querelo», e quindi devo qui dire che non esiste un «caso Facci». Esiste un caso «cinquantenni narcisi che tengono in ostaggio la comunicazione italiana», una grande chiesa che va da Diego Bianchi a Giuseppe Cruciani, da Andrea Scanzi a Roberto Saviano, da Corrado Formigli a Filippo Facci. Sono fintamente divisi tra sinistra e destra, ma davvero accomunati da ciò per cui li riconosci.

 

Certo: li riconosci perché per la battuta si farebbero ammazzare; certo: li riconosci perché si piacciono moltissimo; ma soprattutto: li riconosci perché hanno gli anelli d’argento. Hanno madri e mogli che, smaniose di percepirsi moderne, non dicono loro «tu conciato così non esci», ed eccoci qui. Ai sedicenni senili con gli anelli da Sandokan, alcuni addirittura con gli anelli al pollice, e senza neanche avere la scusa di dovere nell’anello tenere il veleno se mai li catturasse il nemico.

 

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Se non avete seguito i fatti (beati voi), ve li riassumo brevemente per arrivare a dire la cosa per cui Facci mi querelerà. Accade […] che Facci scriva un articolo sul caso La Russa, sul presunto stupro perpetrato da Leonardo Apache […]. E in quell’articolo scrive il mezzo rigo «fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache», che è la frase per cui da due giorni i giornali sono pieni di questo scandalo.

 

Ora. Chiunque sappia leggere pensa, di fronte a quella frase, solo una cosa: i danni che ha fatto Marco Travaglio alla prosa degli elzeviristi italiani, non c’è risarcimento che basti, ci vorrebbe una class action.

 

Io, che vorrei il 41 bis per i giochi di parole, a Facci quella frase l’avrei tagliata non perché sessista ma perché lesiva d’un qualsivoglia gusto delle parole. Poiché nei giornali nessuno passa più niente («passare» è il termine giornalistico per un lavoro estinto: leggere il pezzo che qualcuno ha scritto, e trasformarlo nel pezzo che andrà in pagina), questa travagliata viene pubblicata.

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[…] Filippo Facci ha pensato di poter scrivere nei suoi soliti toni essendo nel frattempo divenuto uno che era indicato sui giornali come conduttore d’una nuova striscia informativa sulla Rai. Ha pensato che scrivere su un impresentabile giornale di destra, ed essere uno di cui si può luogocomunare «è alla Rai, pagato coi nostri soldi», avessero sul mercato dell’indignazione lo stesso impatto.

 

Non ha deciso di fare quella imbarazzante battuta comunque perché è un autore tutto d’un pezzo e non dà una regolata ai propri toni per ragioni d’opportunità, no: stolidamente, non ha pensato fosse cambiato qualcosa. Ha pensato di poter scrivere come venti giorni fa, ma anche come vent’anni fa.

 

È, questo, un dettaglio su cui do testate al muro ogni giorno da anni: c’è gente […]  che non ha capito in che secolo vive. Che pensa davvero di poter scrivere «fatta da» senza che insorgano i cani di Pavlov dell’indignazione. E […] di poter allora davvero pigolare che è una sconfitta che nessuno abbia letto l’articolo per intero e tutti se la prendano per mezza frase. C’è gente che aspetta il luglio 2023, e di venire messa in mezzo personalmente, per rendersi conto di vivere nell’epoca dello screenshot e non delle letture approfondite. Un po’ la invidio, un po’ mi fa pensare che si merita d’inguaiarsi.

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La sconfitta dell’articolo non letto per intero sta in una delle numerose interviste date da Facci in questi giorni, ovviamente tutte sbagliate nonché tutte inutili. […] A un certo punto, in una di queste insensate interviste, fa un elenco di reati dei quali sarebbe stato accusato e dice che lo difende Annamaria Bernardini De Pace. Poco dopo su Repubblica compare un articolo di Alessandro Simeone – ex socio della Bernardini, e avvocato di Ilary Blasi contrapposto a lei avvocato di Francesco Totti – che gli passa tardivamente il pezzo, elencando imprecisioni e precisando che quelli cui si riferisce non sono reati. È tutt’un regolamento di conti sulla sua testa, povero Facci.

 

Poi c’è […] l’unica entità più disperata della destra italiana: la sinistra italiana. Alla quale non è parso vero di potersi gettare sul pesce piccolo e chiedere con vibrante indignazione la testa di Facci […].

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Hanno tirato fuori il loro bravo catalogo di screenshot e ricordato che questo Facci è riprovevole in molti modi, ha irriso una vittima di manata sul culo, ha detto che gli fa schifo l’Islam, il catalogo delle gravità è ampio. Ma non abbastanza ampio e rilevante, il catalogo delle nefandezze, da tirarlo fuori nei giorni prima del gioco di parole.

 

Che ti faccia schifo l’Islam diventa grave solo dopo che hai fatto un gioco di parole che non faceva ridere. Solo quando possiamo tirar fuori persino i tuoi bisticci con l’ex moglie, i tuoi debiti, i tuoi vizi, giacché sei divenuto capro espiatorio e non hai più nulla d’umano; ma ora non è che si possa pensare che i partecipanti a questo gioco di società – da Laura Boldrini a Sandro Ruotolo giù fino a Filippo Facci – conoscano la letteratura e i modi in cui queste dinamiche sono state codificate, che abbiano letto Girard o Agamben o anche solo Soncini.

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Diversamente dagli indignati, leggo spesso i giornali italiani. E quindi vorrei rendermi utile segnalando la pericolosità del precedente. Non è che essi giornali siano zeppi di Michele Serra e Mattia Feltri. Non è che lo standard sia umorismo raffinato, prosa invidiabile, precisione lessicale chirurgica. Se iniziate a chiedere la testa di tutti quelli che fanno battute brutte, non ne rimane praticamente nessuno.

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