1. L’ULTIMA TENTAZIONE DI SCORSESE - “ANCHE CON I GANGSTER HO CERCATO LA FEDE”
Arianna Finos per la Repubblica
Ventotto anni dopo L’ultima tentazione di Cristo (nelle intenzioni una preghiera che fu invece rigettata come atto blasfemo) Martin Scorsese è partito dal Vaticano per presentare al mondo Silence, un film di cui papa Francesco (pur non avendolo visto) ha detto «di sperare porti aiuto e sia di aiuto a chi soffre per la fede».
In sala il 22 dicembre in Usa, da noi il 12 gennaio, è tratto da Silenzio, di Shusaku Endo, racconto delle persecuzioni dei cristiani nel Giappone del Seicento attraverso la storia di due gesuiti portoghesi in cerca del loro mentore, Padre Ferreira che si dice si sia fatto apostata.
«Iniziai a leggerlo in treno in Giappone nell’89, andavo a fare l’attore sul set di Akira Kurosawa. Me lo aveva fatto avere, un anno prima, l’arcivescovo Paul Moore, uno dei pochi prelati a non detestareL’ultima tentazione, dopo la proiezione a New York: “Dice cose importanti sulla fede”. Capii che lo avrei portato al cinema».
Ci sono voluti 27 anni.
«Sì. Continuavo a leggerlo, lo mettevo da parte, lo riprendevo. È stato difficile avere diritti e finanziamenti. Negli anni, l’approfondire la lettura e l’evolversi della vita sono andati avanti in parallelo, completandosi a vicenda».
Nel film il gesuita Andrew Garfield incontra il silenzio, ma anche le parole di Gesù.
«Ho cercato il silenzio per tutta la vita. Sono cresciuto in un quartiere, che è riflesso nei miei film, affollato e rumoroso. Gente che discuteva, rideva, litigava a voce alta: i suoni di New York (il regista mima un’espressione esasperata, seduto nella stanza dell’hotel in piazza del Popolo, ndr). Ho sempre cercato la quiete di notte, quando la mia famiglia dormiva. Poi c’erano anche i suoni penetranti del rock. Ma il silenzio valeva di più. Mi rifugiavo nella chiesa dietro l’angolo, la Old San Patrick. Anche il mondo del cinema è eccitante e rumoroso. Avrei voluto rifugiarmi in campagna, ma soffro di asma e sono allergico alle bellezze che la natura può offrire».
Il suo dialogo con Cristo?
«Costante. Ci sono stati momenti in cui ero sicuro della sua presenza al mio fianco. Poi dubitavo e cercavo nuove strade per trovarla. Il mio luogo ideale è il deserto del Marocco, quella luce, quel silenzio. Sì, la mia vita è stata una lunga ricerca del silenzio».
“L’ultima tentazione di Cristo” fu dichiarato blasfemo per la scena in cui Gesù sognava di fare l’amore con Maria Maddalena. “Silence” è stato applaudito in Vaticano. Eppure non sono così lontani.
silence andrew garfield martin scorsese
«È vero. Là si parlava della sfida tra le due nature: l’umana e la divina. Qui del calpestare l’immagine di Dio come atto di fede. L’abiura di un gesuita per salvare vite umane. Un atto che è il completo rifiuto della fede, che cancella le regole della Chiesa, diventa l’atto attraverso cui si accede a un livello di fede superiore».
Ci sono modi diversi di portare la fede al cinema. C’è “La passione” di Gibson.
«Il suo film che preferisco è Apocalypto, straordinario. The passion di Mel mi ricorda la potenza degli affreschi nelle cattedrali, che lasciavano sgomenti i contadini che vi si trovavano dinnanzi ».
“Silence” affronta anche il tema dell’attivismo dei missionari come forma di “imperialismo”. E quello del modo in cui i contenuti della fede perdono senso quando li traduci per adattarli a un’altra cultura.
«Dopo la proiezione in Vaticano è stato sollevato il tema dell’arroganza degli occidentali che pretendevano di portare la verità universale agli orientali, cosa che veniva ritenuta offensiva. Nel film si racconta come viene spezzata l’arroganza dei missionari che pretendevano di possedere la verità. La questione allora è: come si possono influenzare gli altri? Presentando se stessi in modo che gli altri vogliano essere come te e condividere i tuoi valori? In quel periodo non è successo, è un fatto».
Cosa rende attuale questo film?
«Doveva uscire dieci anni fa, è una coincidenza che arrivi negli Stati Uniti proprio nelle ultime settimane dell’amministrazione Obama, Nel pieno di un periodo che non mi aspettavo si sarebbe mai concretizzato. Spero faccia pensare e discutere i giovani. Affronta in modo profondo il tema dei valori, racconta che c’è un altro modo di guardare alle cose che contano nella vita. È importante dirlo nell’America di oggi, in cui la gente arrogante che ho ritratto in The wolf of Wall Street ha assunto il controllo del Paese. Sono un democratico dichiarato, so che in America abbiamo le risorse per riprenderci. Mi spiace che siamo stati un esempio negativo per l’Europa e il mondo».
Nella sua filmografia c’è un filo rosso spirituale.
«Mi appartiene dall’infanzia. A cinque anni vidi con la mia famiglia Roma città aperta, il sacerdote Aldo Fabrizi fucilato nel campo. La strada di Fellini per me è un film sulla possibilità della santità. Sono cresciuto con il vostro cinema, lo amo ancora: Sorrentino, Garrone, Bellocchio. Sono felice che Marco sia ancora attivo e creativo…».
“Silence” è anche il racconto di un’amicizia. Cosa rende la sua con De Niro — girerete “The irishman” — così longeva?
«Bob è l’unico a conoscere i luoghi da cui provengo, sono anche i suoi. Sa chi ero, come sono cresciuto. Spesso quando siamo insieme, non abbiamo neanche bisogno di parlare, ci basta restare seduti l’uno di fianco all’altro. In silenzio».
2. I MISSIONARI DI SCORSESE
Stefania Ulivi per il Corriere della Sera
«Una lunga battaglia».
Martin Scorsese sintetizza così, sorridendo, il suo ultimo film, Silence, con Andrew Garfield e Adam Driver, giovani gesuiti nel Giappone del Seicento sulle tracce del loro padre spirituale, Liam Neeson.
Una battaglia vinta. Di più.
Un' ossessione che gli è maturata dentro per quasi trent' anni, da quando, all' epoca de L' ultima tentazione di Cristo , l' arcivescovo di New York gli regalò il romanzo di Shusaku Endo sul martirio dei missionari gesuiti che si scontrarono contro la repressione giapponese: torture, crocifissioni, roghi contro chi si rifiutava di abiurare la fede cattolica. Iniziò a leggerlo proprio in Giappone, chiamato dall' amato Akira Kurosawa nel 1990 a recitare la parte di Vincent van Gogh in Dreams .
«Ne rimasi affascinato. Ma non ne avevo capito il senso fino in fondo, soprattutto le ultime pagine, dove emerge il rapporto tra condizione umana e spiritualità». Pagine che descrivono l' abiura della fede di uno dei protagonisti («Senza dubbio i suoi fratelli avrebbero condannato il suo atto come un sacrilegio: ma anche se stava tradendo loro, non stava tradendo il Signore»). A quel soggetto ha lavorato a lungo.
«Avevo iniziato a scrivere la sceneggiatura nel 1991, ho continuato a leggere il libro negli anni per trovare il modo giusto per tradurlo in immagini e parole. Appunti che poi mettevo da parte. Una lunga battaglia, appunto». Anche legale e finanziaria. Nel 2013 andò di persona a Cannes a cercare fondi. Le riprese sono durate otto mesi, 750 le persone coinvolte, tra cui, ancora una volta, l' amico Dante Ferretti.
silence andrew garfield martin scorsese
È sollevato, il regista italoamericano. La tappa romana è stata essenziale: ha incassato, letteralmente, la benedizione del Vaticano dove Silence è stato mostrato in anteprima mondiale (uscirà in Usa il 23 dicembre, da noi il 12 gennaio per 01 Distribution). «Un Oscar - ha scritto L' Osservatore romano - sarebbe meritatissimo».
Le foto del suo incontro con papa Francesco il 27 novembre scorso hanno fatto il giro del mondo. Il primo pontefice gesuita, da sempre molto toccato dalla vicenda dei suoi confratelli in Giappone. Scorsese, assicura, non poteva prevederlo. Né che Silence sarebbe uscito negli ultimi giorni della presidenza Obama, con Donald Trump pronto a insediarsi alla Casa Bianca.
Neppure che le persecuzioni dei cristiani sarebbero state una notizia di cronaca. «Coincidenze che colpiscono. Spero, però, che il film aiuti a riflettere sui valori e sulla vita soprattutto nell' America di oggi in cui è emersa l' arroganza di persone come quelle raccontate in Wolf of Wall Street . Che oggi hanno preso il controllo». Sì, non aveva previsto nulla. «Ma, soprattutto - sottolinea con amarezza - non mi aspettavo che un momento così sarebbe mai arrivato».
Quello che non è cambiato, dice, è l' attrazione verso la spiritualità. «È stata una costante della mia vita, fin da quando ero bambino. Temi e idee che mi hanno accompagnato, con toni diversi, nel corso del tempo e dei film, da Mean Streets, Taxi driver, Toro scatenato».
Cresciuto a Little Italy, il regista pensò anche che da grande avrebbe fatto il missionario.
Per questo la storia narrata da Endo gli è suonata familiare.
«Ho 74 anni, la mia vita è cambiata e il libro mi è cresciuto dentro». A cominciare dal titolo. «Il silenzio fa rumore, è uno stato mentale, non bisogna combatterlo ma provare a scivolarci dentro».
Lo ha chiesto anche ai suoi attori. In passato sono stati fatti tanti nomi, da Daniel Day-Lewis a Gael Garcia Bernal.
silence adam driver e la perdita di peso
Trovare quelli giusti non è stato facile. «Alcuni sono invecchiati, altri erano troppo lontani dalla storia e hanno preferito non farlo». L' adesione di Garfield è stata totale: ha perso chili, tanti, come Driver e Neeson. E ha fatto gli esercizi spirituali di Sant' Ignazio di Loyola. «Ha dimostrato una profondità in cui ho potuto scavare».
E mentre a Hollywood si scommette sulle candidature agli Oscar (si fa anche il nome dello straordinario attore Issei Ogata che interpreta l' inquisitore giapponese), Scorsese si appresta a ritrovare sul set il vecchio amico, Robert De Niro. «Gireremo Irishman in primavera. Ora, però, ho bisogno di riposo». E silenzio.