Estratto dell’articolo di Carmine Saviano per www.repubblica.it
“Portami alla luce”. Nel caso di Lou Reed, la tentazione di leggere una vita intera di rock e poesia a partire dalle sue ultime parole è molto alta. Perché in quella richiesta, affidata all’alba del 27 ottobre di dieci anni fa alla sua Laurie Anderson, c’è l’indicazione di tutto un percorso estetico: dal buio alla luce appunto, la ricerca di qualcosa come la redenzione - ma il buddista Lou Reed avrebbe forse preferito il termine “illuminazione” - di qualcosa come la salvezza da estrarre scavando nell’oscurità della vita metropolitana che Reed aveva cantato in mezzo secolo di carriera e in decine di capolavori che dai suoi Velvet Underground ai dischi da solista compongono la dotazione genetica più efficace per far sì che il rock sopravviva anche in tempi oscuri. E li descriva, cambiandoli.
Gli ultimi giorni e le ultime ore di Lou Reed sono raccontati da Will Hermes nel suo Il re di New York, biografia disponibile anche in Italia grazie a Minimum Fax. Ultimi mesi, quelli di un trapianto di fegato problematico, che arrivano a sublimare una vita che il critico musicale del New York Times e di Pitchfork racconta in modo preciso e appassionato allo stesso tempo, consapevole che ogni dettaglio può svelare quanto sfaccettata e densa sia stata l’ispirazione di Lou Reed. […]
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E nel racconto di quelle ultime ore c’è anche qualcosa che dice di una comunità artistica accomunata da una intenzione, quella, appunto, di cantare i margini. Tornato a casa dopo l’ultimo ricovero in ospedale - straziante il resoconto di un’alba osservata dall’autore di Perfect Day steso in camice da paziente sul tetto di catrame dell’ospedale in cui era ricoverato - Reed chiede di ascoltare musica.
E quella playlist è un condensato delle altezze che la musica popolare può raggiungere quando pensa se stessa come cura. Dentro ci sono Lonely Woman di Ornette Coleman e Sweet Life di Frank Ocean, When I was a young girl di Nina Simone e All I Need dei Radiohead. E in quella canzone della band di Thom York c’è un verso che, ripensando a quelle ultime ore, resta impresso: “Sono una farfalla notturna che vuole solo condividere la tua luce, sono solo un insetto che tenta di venir fuori dalla notte”. […]
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