Pierluigi Panza per il Corriere della Sera
Per il sovrintendente del Teatro alla Scala, Dominique Meyer, è l'ora di una maggiore inclusione delle lavoratrici. Dunque, dopo l'annuncio di una Scala paper-free, ovvero più ecologica, e di una Scala più hi-tech, con telecamere fisse per lo streaming e iPad in otto lingue al posto dei libretti-display sulle poltrone, è ora la volta di una Scala più inclusiva: a pensarci bene, non ci sono mai state sovrintendente (plurale femminile).
La Scala avrebbe pertanto deciso di impegnarsi per l'eguaglianza di genere. «Questo momento del Covid serve per mettere diverse cose a posto e penso che sia necessario un lavoro sull'equità uomo/donna, sui salari, sul trattamento professionale» ha spiegato Meyer, annunciando che sarà introdotto un codice di comportamento a tutela della dignità delle lavoratrici: «Vorrei che fosse pronto prima dell'estate».
Meyer intenderebbe muoversi in direzioni che includono la valorizzazione delle componenti femminili dell'organigramma e lo spazio riservato alle artiste. «Dobbiamo far capire alle giovani che se hanno talento, avranno una chance . Dei passi avanti sono stati fatti. Non vedo più resistenza delle orchestre quando sul podio salgono donne».
Guarda caso, proprio a una donna, Susanna Mälkki, è affidato il prossimo concerto in streaming della Scala il 23 aprile. In seguito, arriverà la direttrice Speranza Scappucci, mentre non è in scaletta il più noto direttore (così ha chiesto di essere nominata) Beatrice Venezi, vista a Sanremo. Uno dei prossimi spettacoli sarà un balletto firmato dalla coreografa Natalia Horecna e comunque anche la regia dell'ultima opera diretta da Riccardo Chailly, il Dittico di Kurt Weill, era firmata da una donna: Irina, figlia di Peter Brook. Si sussurra persino il nome di una compositrice della quale potremmo sentire un'opera alla Scala: l'austriaca Olga Neuwirth, che ha dalla sua l'aver conosciuto Luigi Nono quando era bambina. Nonostante ciò, alla Scala c'è ancora molto da fare: «Noi abbiamo solo due donne nel comitato di direzione», afferma Meyer; penso si riferisca alla direttrice generale, Maria Di Freda e alla direttrice del Museo teatrale, Donatella Brunazzi.
Altre, tuttavia, sono nel board di Fondazione e Accademia. «Certo non possiamo mandare via gli uomini che ci sono ora - ha aggiunto Meyer (li ritiene un freno allo sviluppo?) - ma quando ci sarà un posto libero, possibilmente la presenza femminile aumenterà nella gerarchia».
Insomma, sarà attuata una politica di riequilibrio. C'è poi la questione del #MeToo. Tre donne, di diversi settori del teatro, sono state incaricate di fare una prima raccolta di informazioni. «C'è una mancanza di regole in tanti luoghi dello spettacolo e conviene essere organizzati» dice Meyer. In altri teatri si sono verificati problemi, come all'Opera di Zurigo dove il direttore Michael Fichtenholz si è dimesso a gennaio secondo alcuni per una vicenda di molestie a giovani artisti.
Naturalmente, queste politiche rendono ancora più necessario che tutti s' attengano al Codice etico già esistente a tutela dell'immagine del teatro evitando, ad esempio, comportamenti promozionali pubblici in favore di marchi che nulla hanno a che vedere con l'immagine della Scala e della musica.
L'auspicio di tutti è che alle politiche di inclusione non seguano quelle di penalizzazione o di esclusione, come ad esempio quella di Mozart dai programmi dell'università di Oxford in quanto «suprematista».
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