LA VENEZIA DEI GIUSTI - ”LA TEORIA DEL TUTTO” E' UNO STILOSO, MA NOIOSISSIMO MISTERY-METAFISICO CON VIAGGI NEL TEMPO IN BIANCO E NERO. CONFESSO DI NON AVERLO CAPITO E RIMANE IL FILM PIÙ OSCURO DEL CONCORSO - NON CREDO CHE SIA MOLTO PIACIUTO AL PUBBLICO NEMMENO "EVIL DOES NOT EXIST”, ALTRETTANTO OSCURO, MA ESTREMAMENTE MUSICATO FILM GIAPPONESE. DAL REGISTA RYUSUKE HAMAGUCHI, PREMIO OSCAR PER "DRIVE MY CAR", CI SAREMMO ASPETTATI QUALCOSA DI DIVERSO…- VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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 Non è facile come un tempo capire quali film sono davvero piaciuti in questa prima settimana veneziana e quali no. Anche perché i film accolti con maggior interesse dalla stampa internazionale, come “Poor Things” di Yorgos Lanthimos, 100% di gradimento su Rotten Tomatoes, “Maestro” di Bradley Cooper o “La bete” di Bertrand Bonello non hanno ricevuto in sala lo stesso trattamento entusiastico. Per non parlare dei film italiani, come “Comandante” di Edoardo De Angelis, massacrato dalla critica anglofona, ma molto difeso dalla stampa italiana, anche se vanta il record di più frettoloso applauso finale.

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O, viceversa, “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo, decisamente il film italiano meglio accolto dai critici internazionale, ma che ha piuttosto deluso alla visione delle proiezioni per critici in sala. Sala dei critici, vi ricordo, che non è più certo cattiva come un tempo. Sono scomparsi i bei fischiatori e i battutari di un tempo, ahimé, e quasi tutti i film, in fondo, vengono bene accolti, anche lo stiloso, ma per me noiosissimo mistery -metafisico coi viaggi nel tempo “Die Theorie von allem”/”La teoria del tutto”, diretto da Timm Kroger.

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Sorta di simil Hitchcock in bianco e nero con musica alla Bernard Hermann ambientato nel 1962 sulle alpi svizzere con un giovane, Jan Bulow, che si trova intrappolato in una sorta di multiverso durante la riunione di un gruppo di scienziati a convegno. Confesso di non averlo ben capito e rimane il film più oscuro del concorso.

 

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Non credo che sia molto piaciuto al pubblico nemmeno l’altrettanto oscuro, ma estremamente musicato, tanto che il regista pensava di farne una versione muta con orchestra dal vivo e cartelli con didascalie, “Evil Does Not Exist”, attesissima nuova opera del lanciatissimo regista giapponese premio Oscar Ryusuke Hamaguchi, che tanto ha colpito i cinefili di tutto il mondo con “Drive My Car”, che ha comunque un impianto narrativo più solido. Anche qui un paesaggio di neve e alberi per una sorta di mystery ambientalista dove l’equilibrio dell’uomo con la natura è minacciata dall’arrivo di un glamping, una sorta di campeggio chic per ricchi.

 

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Il tutto quando gli abitanti del paesino giapponese sperduto nella foresta innevata hanno una loro vita molto chiusa, ma rispettosa dei codici morali legati all’ambiente. Hamaguchi, leggo, ha costruito il suo racconto direttamente sul posto, senza una vera e propria sceneggiatura, come fosse una sinfonia adattata a quel che regista, attori, troupe stanno vivendo. Da Hamaguchi, dichiarato come l’autore di punta di questi ultimi anni, magari ci saremmo aspettati qualcosa di diverso, ma non è detto che la meritata Palma d’Oro che non ha vinto a Cannes con "Drive My Car" si possa trasferire in un Leone d’Oro a Venezia per un film, insomma, meno riuscito del precedente.

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